Chiunque sia stato almeno una volta nella vita a Parigi non può non aver visto, esposte un po’ ovunque fra le cartoline offerte ai turisti, le riproduzioni dell’immagine in bianco e nero di due innamorati, abbigliati secondo la moda del secondo dopoguerra, che si baciano appassionatamente sullo sfondo del Municipio parigino.
Questa fotografia, scattata nel 1950 e intitolata appunto “Le baiser de l’Hotel de Ville”, ha reso celebre in tutto il mondo Robert Doisneau, fotografo francese (Gentilly, 1912 – Montrogue, 1994) nato e vissuto nei sobborghi della capitale, di cui ci ha lasciato immagini indimenticabili.
Dopo aver lavorato per alcuni anni come litografo, Doisneau inizia a occuparsi di fotografia a partire del 1939, quando viene assunto come fotografo industriale presso le officine della Renault.
Viene però presto richiamato alle armi dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, a cui segue la sua partecipazione alla Resistenza: nell’estate del 1944 è tra coloro che documentano con l’inseparabile macchina fotografica la liberazione di Parigi ad opera degli Alleati, due mesi dopo lo sbarco in Normandia.
Terminata la guerra, Doisneau lavora per qualche anno come fotografo di moda per Vogue, attività che lo porta anche a frequentare l’alta società cittadina, ma che tuttavia non sembra interessarlo in modo particolare.
Preferisce quindi collaborare come freelance con l’agenzia Rapho, alla quale resterà legato fino all’ultimo, e diventa amico di artisti come Prévert, Kertesz e Picasso, da lui immortalato in un famoso ritratto, poi riprodotto in centinaia di libri e riviste per illustrare testi riguardanti il grande pittore.
Nello stesso periodo Doisneau inizia a esporre le sue opere in importanti mostre collettive, sia in Francia, sia all’estero, ricevendo numerosi riconoscimenti, come il Premio Kodak nel 1947 e il Premio Niepce nel 1956.Ciò che lo caratterizza come artista, e ne fa il capostipite di quello che viene spesso definito “romanticismo fotografico”, è la cosiddetta “fotografia di strada”, rigorosamente in bianco e nero: nessuno come lui ha saputo raccontare gli aspetti più interessanti della vita parigina, attraverso scene quotidiane colte al volo in angoli sperduti delle periferie, tra giochi infantili caduti in disuso e malinconiche esibizioni di musicisti ambulanti.
Le sue immagini oggi sono in grado di rievocare per noi atmosfere e situazioni che i mutamenti avvenuti nei costumi e nella società negli ultimi decenni hanno cancellato ormai da tempo dalla metropoli.
“Gli innamorati dell’Hotel de Ville”, divenuto emblema universale e molto imitato del “romanticismo fotografico”, ha dato luogo nel 1993 a una curiosa controversia, quando una coppia parigina, Denise e Jean-Luis Lavergne, ha denunciato il fotografo sostenendo di essere stata ritratta in quello scatto contro la propria volontà. Doisneau ha allora rivelato che in realtà l’immagine non era frutto del caso, perché i soggetti ritratti erano due attori e modelli suoi amici, Françoise Bornet e Jacques Cartaud, a cui aveva scattato numerose istantanee vagabondando con loro per il centro cittadino.
La Bornetera stata allora parzialmente ricompensata con una stampa originale, firmata da Doisneau, che nel 2005 ha messo all’asta, vendendola per la notevole cifra di centottantacinquemila euro.
Se la sua romantica Parigi in bianco e nero è diventata tanto celebre, pochi sono invece a conoscenza dell’esperienza “americana” di Doisneau.
Nel 1960 la rivista “Fortune” gli commissiona un reportage su Palm Spring, al tempo tra i più rinomati luoghi di villeggiatura statunitensi, dove Doisneau fissa curiose immagini di ricche signore cariche di gioielli, auto di lusso guidate da veri o presunti miliardari e scenografiche piscine, un mondo decisamente agli antipodi del suo abituale ambiente parigino, ma soprattutto fotografato a colori, scelta del tutto insolita nel quadro globale della sua produzione.Nel 2010 questa serie di foto “americane” è stata presentata a Parigi in una mostra di grande successo, ed è stata poi raccolta in un volume pubblicato a cura del giornalista Jean-Paul Dubois.
Anche Doisneau ci ha quindi lasciato delle fotografie che oggi leggiamo come testimonianze di un’epoca ormai tramontata, perché ha saputo fermare per noi sulla pellicola personaggi e situazioni che solo chi ha vissuto a Parigi nella seconda metà del ventesimo secolo può ancora riconoscere come familiari.