Cambiano i vertici delle aziende pubbliche. Ma i “licenziati” non piangono. Anzi, a breve potranno godere di una buonuscita milionaria. Mentre i presidenti delle società pubbliche confermati e i nuovi arrivati dovranno “accontentarsi” di uno stipendio lordo annuo di 238 mila euro e gli ad delle società quotate vedranno un taglio del 25% delle proprie retribuzioni, loro, i “trombati” potranno godere di un bonus che supera la loro già esosa retribuzione.
Le ricche buonuscite. Si chiamano Paolo Scaroni (ex ad di Eni) e Fulvio Conti (ex ad di Enel), due dei tre super-manager che hanno guidato due dei tre colossi dell’energia italiano. Se a loro dovesse aggiungersi anche Flavio Cattaneo, attuale ad di Terna, lo Stato italiano, indirettamente, potrebbe sborsare complessivamente 16 milioni di euro per liberarsi dei tre esosi manager. La retribuzione annua di Scaroni in Eni è stata di 6,4 milioni di euro, quella di Conti pari a 4 milioni, quella di Cattaneo di 2,4 milioni. In base al contratto che lega i tre manager alle varie aziende che hanno come azionista di maggioranza il governo italiano, in caso di mancata conferma, Scaroni avrà una buonuscita di 8,4 milioni, Conti di 6,4 milioni, mentre Cattaneo si dovrà accontentare solamente di 2,4 milioni, secondo la ricostruzione de L’Espresso.
Era peggio quando si stava meglio. Numeri folli in un periodo di crisi economica come questo. Eppure, in passato si sono visti bonus con cifre anche più elevate. Il record assoluto lo detiene Elio Catania (nominato da Silvio Berlusconi) con quasi 7 milioni di liquidazione dopo solo tre anni fallimentari alla guida delle Ferrovie. Sempre nell’era berlusconiana, Giancarlo Cimoli in pochi anni riesce ad accumulare 10 milioni di bonus: prima incassa 6 milioni di euro per essere stato sostituito da Catania alla guida delle Ferrovie, poi 4 milioni da Alitalia.
Il trucco. I tre manager potranno godere di un sostanziale bonus di fuoriuscita grazie ad un vecchio trucco. Alla loro carica di amministratori delegati (di designazione governativa), hanno assunto anche l’incarico di direttori generali. Se per gli amministratori delegati esiste un compenso legato al contratto (a termine) più bonus produttività, per i direttori generali esiste la cosiddetta buonuscita che compensa la possibilità per i dirigenti di essere licenziati anche senza giusta causa.
Il caso di Scaroni. Secondo l’Espresso, Scaroni avrà diritto a 3,2 milioni per la risoluzione del lavoro dirigenziale, 2,2 milioni di “non compete agreement” (impegno a non lavorare per alcuni anni per concorrenti dell’Eni), 2,1 milioni di premi produttività e 800 mila euro di Tfr. Ma nel suo caso – come in quello dei suoi altri due colleghi – l’esosa buonuscita non peserà sul bilancio dello Stato ma su quello di ogni singola società. Magra consolazione di fronte al fatto che si parla di bilanci di società in cui il governo (quindi lo Stato e quindi tutti noi) è l’azionista di maggioranza.
Fonte: Diritto di critica