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Grant Morrison: Supergods, fra autopromozione e riflessioni sul supereroico

Creato il 21 gennaio 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

Grant Morrison: Supergods, fra autopromozione e riflessioni sul supereroico In Evidenza Grant Morrison Bao Publishing In Supergods, propone un racconto della storia del fumetto supereroico, intrecciato con la propria biografia e incardinato su due esperienze d’illuminazione. Più che una ricostruzione storica, è l’illustrazione della propria visione sul genere e la definizione della propria poetica. Scorrendo le varie epoche, l’autore scozzese indica le tematiche e gli autori che sono stati importanti per lo sviluppo del suo approccio alla scrittura, in una narrazione prospettica dove il punto di fuga è (l’opera di) Morrison stesso.

Leggere Supergods significa quindi innanzitutto confrontarsi con il personaggio Morrison e la sua visione, che nel testo l’autore promuove tanto accuratamente quanto le proprie opere. Ciò che evita che Supergods si esaurisca nell’autoreferenzialità e che quindi rende stimolante la sua lettura, è il fatto che al suo centro pone domande di senso.
Che senso hanno i supereroi e il fumetto supereroico?
Che senso ha scriverne?

Per Morrison, le risposte, o almeno gli spunti per affrontare le domande, nascono dal proprio modello di realtà, dalla considerazione/scoperta di che cosa sono i supereroi e i loro universi e delle relazioni che intercorrono fra quelli, il nostro mondo e noi in esso.

Grant Morrison: Supergods, fra autopromozione e riflessioni sul supereroico In Evidenza Grant Morrison Bao Publishing
Come già Philip K. Dick per le sue ultime opere, Morrison dichiara di fondare la propria ricerca e il proprio approccio su esperienze personali di epifanie che gli hanno rivelato la vera natura della realtà (1)
Se lo scrittore statunitense scoprì che ciò che percepiamo come realtà è una “prigione di ferro” che nasconde il mondo reale, fermo al II sec. D.C. e in attesa della Parusia incombente, l’autore scozzese scopre, nel 1994 a Kathmandu, che il nostro universo è una sorta di proiezione olografica di un universo multidimensionale, abitato da entità intelligenti, e al quale è possibile connettersi. Spazio e tempo sono dimensioni minori che sperimentiamo al nostro livello di percezione.

Come conseguenza di questa illuminazione, Morrison acquista la capacità di avere una visione sincronica delle linee temporali delle cose: dato un oggetto o una persona, ne percepisce l’intera storia come un tutto unico. In questa vertigine dimensionale, rientra anche la precedente visione, avvenuta nel 1988, durante la quale l’autore comprese che anche le storie hanno un proprio livello di realtà, come se fossero costituite da “materiali inerti innescati da artisti e attivati da lettori” (2), secondo un processo olografico. Oltre all’aspetto di rivelazione, questa visione rispecchia pienamente l’approccio seguito, ad esempio, nella costruzione delle storie della Doom Patrol, caratterizzate proprio dall’intrusione, collisione e interferenza di piani di realtà diversi.

Grant Morrison: Supergods, fra autopromozione e riflessioni sul supereroico In Evidenza Grant Morrison Bao Publishing
Stabilire/scoprire il livello di realtà degli universi narrativi porta l’autore ad affrontarli con un approccio da antropologo e non da missionario: cercare di capire che cosa i personaggi e le loro relazioni significano e possono offrirci, piuttosto che piegarle a incarnare specifici messaggi e deformarle per farle aderire alla propria visione.
Questa poetica dichiarata rischia evidentemente di essere risucchiata in un circolo vizioso, quando si cerchi di stabilire che cosa è deformazione e che cosa è rispetto dei personaggi e dello spirito supereroici, ma il punto concettualmente importante è che Grant Morrison definisce uno specifico realismo supereroico, di cui è caso esemplare l’episodio della sua run su Animal Man in cui il protagonista interagisce con lo scrittore.

Nel paradigma di Morrison, quello che generalmente andrebbe considerato un esempio di meta-narrazione, diventa assoluto realismo (3), mentre operazioni come la razionalizzazione editoriale di Crisis on Infinite Earth o il tentativo di dare verosimiglianza ai superpoteri sono clamorosi fraintendimenti, perché pretendono di far aderire la verosimiglianza supereroica alla nostra, di proiettare cioè il livello di realtà dell’universo supereroico sul nostro.
I due universi sono da considerarsi comunicanti e interagenti ma irriducibili: qualsiasi proiezione dell’uno sull’altro finisce per perdere alcune caratteristiche fondamentali. Sicuramente e soprattutto ne smarrisce quell’alterità, quella distanza che è proprio ciò che rende fertile il confronto: ridurre l’universo supereroico a provincia del nostro mondo ne annulla il senso; trasformare il supereroico in un sub genere della hard science fiction significa devitalizzarlo e focalizzare l’attenzione su qualcosa di rassicurante e marginale.

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Per evitare il circolo vizioso logico (chi stabilisce il senso “vero” del supereroico?), Morrison cerca una base per la propria visione nella storia del genere. E proprio in questa prospettiva deve leggersi il suo racconto dell’evoluzione del supereroico: un racconto che, più che alla esaustività, mira a far emergere proprio quelle specifiche caratteristiche e approcci, quelle poetiche, a cui Morrison aderisce.
Ecco quindi una vera e propria genealogia, una sorta di linea araldica degli autori che, attraverso le varie ere, hanno, con varia fortuna, proposto, promosso, inseguito quel cuore del genere che Morrison evoca lungo tutto il volume con la sua prosa enfatica. Ecco, soprattutto fino alla visione di Kathmandu, la ricorrenza dei termini “allucinogeno”, “psichedelico” e derivati, come a marcare un dominio immaginifico, fondato sull’abbandono dei vincoli realistici, sull’esplorazione dei cascami onirici, del meraviglioso. Il rapporto fra umano e supereroico è un movimento verso l’alto del primo termine, e non del secondo verso il basso; i supereroi affrontano per noi prove che noi non saremmo in grado di sostenere, non sono semplici amplificatori del nostro essere.

In accordo a questa visione, i supereroi sono la Doom Patrol, The Authority, Marvelman, ma non certo Watchmen, cerebrale sillogismo sull’insensatezza del genere dal punto di vista razionale/narrativo (realistico ingenuo?), dove l’unico supereroe effettivo (Dr. Manhattan) decide di abbandonare il nostro mondo.
Il messaggio di Watchmen è, di fatto, che il nostro non è un mondo per supereroi. La poetica di Morrison, al contrario, vuole che il mondo dei supereroi sia inestricabilmente intrecciato al nostro, che i due mondi si riflettano e si trasmettano senso l’un l’altro; che in qualche modo si nutrano l’uno dell’altro. Il ritorno del Cavaliere Oscuro rientra in questa linea evolutiva, sebbene abbia poi figliato grandi quantità di cinismo conformista, che finisce per giustificare la deresponsabilizzazione etica, caratteristica della gran parte della produzione Image fino ai lavori di Mark Millar: prodotti a bassa densità narrativa e colmi di violenza e isterismi, specchi deformanti al ribasso, buoni per promuovere mediocrità e soddisfare lo spirito di rivalsa di individui immaturi, che cercano soddisfazione e non comprensione di sé.

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Struttura ciclica

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Altro modello, usato per il racconto della storia del genere supereroico e per il suo approccio alla scrittura, è quello che vede cicli undecennali, definiti dal modello di Iain Spence (4) durante i quali il mood dominante passa dal materialistico/punk al visionario/hippy.
Il fatto che poi l’autore aggiunga loro una sorta di caratteristica frattale, per cui entro ciascun ciclo si sviluppano cicli similari al principale, sfuma notevolmente il valore euristico del modello, ma resta l’affermazione di una tattica autoriale nel gestire testate da rilanciare: identificarne gli aspetti logorati e quelli rimossi rispetto al passato e recuperare quelli capaci di offrire il maggior contrasto rispetto alla gestione corrente.
Se serie come Zenith, The Invisibles e Flex Mentallo restano quelle dove Morrison afferma di aver riversato la propria visione e le proprie tematiche in sostanziale libertà, nella scrittura di testate storiche lo scrittore ha comunque applicato tutto il proprio mestiere, consapevole dei vincoli determinati dalla storia dei personaggi e dal patrimonio di lettori da salvaguardare e a cui indirizzarsi. Salvo poi, come nel caso della run sugli X-Men, raggiungere un punto di attrito insuperabile, che sfocia nel disimpegno e nella frettolosa chiusura.
D’altra parte, in cambio di quest’attenzione al prodotto, le case editrici maggiori offrono il benessere economico, dettaglio di cui l’autore scozzese sottolinea più volte l’importanza non solo nella propria vita, ma anche nell’evoluzione delle relazioni fra i membri della filiera produttiva, che ha portato da rapporti di sostanziale sfruttamento alla nascita di un vero e proprio stardom autoriale.

Ritratto dell’artista come personaggio

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Gli autori di fumetto supereroico non sono più semplicemente apprezzati dai fan, oggetti di culto in un ambiente ristretto, ma hanno nel tempo guadagnato la possibilità di arricchirsi e di essere personaggi.
Grant Morrison ha inseguito e colto entrambi questi obiettivi e, in particolare, questo volume mira a fissare il suo status di personaggio
.

Lo scrittore scozzese mette in luce tutti gli aspetti della propria personalità che lo qualificano come individuo speciale. La produzione artistica è solo una proiezione della sua personalità, una sorta d’intersezione fra il suo essere e uno specifico piano di realtà. Eventi e pensieri snocciolati lungo le pagine vanno a rafforzare e confermare la vasta aneddotica che circonda il suo nome (5). Quello che viene proposto/promosso è un profilo sopra le righe, un individuo sempre alla ricerca di esperienze estreme e rivelatrici (su se stesso, sul mondo tutto) e anticonformista, se non provocatorio, ma al tempo stesso pragmatico, capace di muoversi con abilità nel mondo professionale, di cogliere tendenze, di consigliare approcci (magari poi disattesi dall’altrui minore sagacia, vedi l’esempio di Mark Millar con The Authority).
Un vero e proprio eroe da fumetto.

Almeno fino al matrimonio, Morrison si racconta come un personaggio delle proprie storie e sfuma il confine fra se stesso e le sue creazioni, forte della propria visione del mondo, che, come scritto, vede i due universi come manifestazioni di uno stesso multiverso olografico.

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Dopo il matrimonio, dopo la saturazione epifanica di Kathmandu, si descrive pacificato, maturo, sereno. Lo stile stesso di scrittura della propria biografia si appiana, diminuisce l’enfasi, scompaiono le visioni e le allusioni a stati alterati della coscienza. Conquistata la propria posizione, il personaggio Morrison mira a rafforzarla, passando dal binario della trasgressione a quello della serenità, che permette di vedere tutto con chiarezza (6).
Soddisfatto di sé e consapevole del proprio ruolo.
Un saggio, insomma.

Altro punto interessante del personaggio Morrison è la visione dei lettori, che distingue nettamente fra un mondo di nerd, cui pure attribuisce il merito della sopravvivenza e di molti successi del genere supereroico, e un mondo di persone semplicemente appassionate di storie. Con molta decisione, lo scrittore ascrive a questo secondo mondo la maggior parte dei propri lettori: individui per i quali il fumetto è solo una passione fra le tante, che evitano di fare le code per gli autografi, travestiti da personaggi dei fumetti e incapaci di vivere nel mondo. Se molti dei personaggi di Morrison sono freak disadattati, per i lettori delle sue storie vale l’opposto.
Quella che Morrison, compiaciuto, dà come constatazione potremmo semplicemente catalogarla come suo desiderio di legare il proprio successo a una tipologia di persone il cui gradimento conferma la sua capacità di riuscire a scrivere storie efficaci in sé e non perché costruite su un immaginario esclusivo, come quello supereroico.

Il messaggio è: le mie storie sono buone e sono lette da qualunque tipo di lettore. Osservazione che potremmo ribaltare, restando ben all’interno del Morrison-pensiero affermando che la scrittura di qualità consente anche al genere supereroico (al fumetto mainstream) di andare oltre al bacino dei fan.

Abbiamo parlato di:
Supergods
Grant Morrison
Traduzione di S. Mozzi
Bao Publishing, 2013
463 pagine, cartonato, bianco e nero – 19,00 €
ISBN: 9788865430163

Note

  1. Cfr. pagg. 247-248 e 286-298. Morrison stesso afferma che la prima epifania si manifestò dopo l’assunzione di funghi allucinogeni; la seconda in una situazione di estrema spossatezza congiunta all’assunzione di hashish. Da parte sua, Dick aveva assunto per lunghi periodi sostanze psicotrope. [↩]
  2. Cfr. pag. 248. [↩]
  3. Su questo punto, un confronto interessante potrebbe essere fatto con l’episodio Planet Fiction del Planetary di Warren Ellis. [↩]
  4. Iain Spence: Sekmeth Hypothesis: The Signals of the Beginning of a New Identity, 1995 [↩]
  5. Cfr. ad esempio Bryan Talbot: Il Fumetto a Nudo, Comma 22, 2011. [↩]
  6. In quest’ottica, potrebbe essere interessante leggere lavori come We3 e Joe the Barbarian. [↩]

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