Magazine Racconti

Gravità (I parte)

Da Lerigo Onofrio Ligure @LerigoOLigure
Si svegliò per la quarta o quinta volta quella notte, la bassa gravità di quel settore della stazione aveva un terribile effetto sul suo sonno, con la conseguenza di notti insonni o peggio. La notte prima aveva disturbato Isa chiedendole di farsi raccontare il modo in cui le avevano affidato il primo comando, ma la ragazza era troppo assonnata e così era rimasta sveglia a fissare il vuoto spaziale dalla finestra d’osservazione della loro stanza. Isa ha oscurato il vetro. Pensò tentando di alzarsi dal letto che dividevano. Immediatamente l’assenza di gravità chiarì il motivo per cui era così buio li dentro: qualche sistema della stazione era andato o più probabilmente qualcuno aveva usato una bomba nel settore residenziale dove le autorità europs le avevano sistemate. Che strana coincidenza. Si disse CJ riguadagnando l’equilibrio. Il giramento di testa poteva significare solo… Oh no! Non di nuovo! Si sfiorò la nuca, dove avrebbero dovuto esserci i suoi capelli lunghi, invece c’era solo quel poco di peluria che gli avevano lasciato dopo la visita di controllo per salire a bordo della navetta diretta su Olympus. Dannazione CJ hai sognato ancora quella donna! Imprecò tra se, accendendo la luce per trovarsi riflesso nella superficie delle paratie metalliche della sua stanza. Dannazione! Ripeté galleggiando nella sua cabina in assenza di gravità. Indossò una maglietta uscendo dalla stanza, solo per ritrovarsi nel corridoio tre della sezione alloggi della nave cantiere, ricordando distrattamente che tutta la sezione alloggi non aveva alcun tipo di supporto dal generatore di gravità artificiale, sia perché non c’era energia sufficiente, sia perché il campo di gravità era stato ridotto alle sole parti della nave dove era indispensabile. Come il laboratorio botanico di Junior. Pensò aggrappandosi a uno dei corrimano che correvano sui tubolari di quel corridoio. Vivere dentro una nave spaziale con comparti modulari era qualcosa di spettacolare quanto assurdo: era ancora possibile distinguere il pavimento perché era l’unico lato ad avere una passerella, ma ovunque c’erano corrimano per far spostare la gente in assenza di gravità. Ci vorranno secoli per vedere le navi del tuo sogno. Si disse entrando nel bagno comune. In quel luogo un minuscolo generatore di gravità obbligava al pavimento ogni volta che si apriva la porta, dando il senso di essere tornati per un istante nella parte attiva della nave. Batterie, hai sognato delle dannate batterie capaci di alimentare un cannone da un giga watt, ma non ti viene in mente nulla per mantenere costante l’energia assorbita dai GGA! Si rimproverò sciacquandosi la faccia, con cautela: benché ci fosse gravità, il GGA del bagno non riusciva a creare un campo gravitazionale abbastanza forte da simulare la gravità terrestre. Una batteria piccola quanto una mano, risolverebbe tutti i problemi di efficienza! Uscì dal bagno aggrappandosi al corrimano più vicino. Era stanco, ma complice il continuo cambiamento di gravità, il mal di spazio non lo abbandonava, continuando a provocargli nausee e insonnia. Tutto quello, mentre la sua squadra aveva trovato un’infinità di complicazioni nel lavorare con Angela Miracle e la divisione della Astral a bordo di quella dannata nave cantiere. A peggiorare le cose c’era da aggiungere che l’uomo inviato da Ramon Roya non era affatto collaborativo, continuando a mettere i bastoni tra le ruote a CJ ogni volta che ne aveva la possibilità. Siete qui da tre giorni e non avete concluso nulla! Il superconduttore che dovrebbe risolvere i vostri problemi non fa il suo lavoro e senza una soluzione i GGA di Olympus non funzioneranno mai! Pale avrà la tua testa, quando tornerete sulla Terra! Rientrò nella propria stanza, appoggiandosi alla rete di contenimento per dormire, ma l’idea di tornare a quei sogni pieni di tradimenti e criminali non lo attraeva affatto: la donna del sogno non era esattamente un tipo raccomandabile e da quello che aveva sognato, prima o poi qualcosa di brutto sarebbe capitato alla sua compagna di viaggio. Specie se altri verranno a conoscenza delle batt… S’interruppe, ripensando proprio alle batterie del sogno: se erano tanto piccole da stare in un pugno, allora dovevano anche possedere una qualche tecnologia avanzata in grado di sprigionare tutta la l’energia di cui avevano bisogno in pochissimi istanti. Quell’aspetto poteva non essere tanto scontato: concentrare tutta quella carica non doveva essere facile, per farlo gli ingegneri del clan Jaguar dovevano aver creato un superconduttore molto efficiente. Dunque il clan Jaguar era riuscito a creare un tipo di superconduttore più efficiente di quelli al niobio, miniaturizzando la presunta superlega senza fargli perdere la conduttività naturale. Tutto nello spazio del palmo di una mano, che idiozia! Chiuse gli occhi un solo istante, ritrovandosi a galleggiare per la stanza mentre la sveglia suonava annunciando che erano trascorse tre ore. CJ si rese conto di essere ancora in se e la memoria gli confermò di non aver sognato affatto. Ora sarebbe tornato utile. Pensò vestendosi per la giornata di lavoro che l’attendeva. Di nuovo una giornata piena di discussioni con l’uomo di Roya, cercando di capire perché il superconduttore che ha portato non riesce a mantenere costante l’energia dei maledetti GGA. Quei pensieri lo accompagnarono lungo tutto il corridoio della sezione alloggi, fino allo snodo di accesso a quel settore: una semplice piazzola, anch’essa priva di gravità artificiale, ma abbastanza grande da permettere ai nuovi arrivati di perdere il senso dell’orientamento. CJ si era adeguato quasi immediatamente: a differenza di Junior e degli altri colleghi della Atlantis, i sogni di CJ gli avevano trasmesso una sorta di naturale orientamento al vuoto. Cosa che purtroppo non lo rendeva immune al mal di spazio e alle altre problematiche che potevano causare i frequenti sbalzi di gravità. Aprì la porta che collegava quel settore al resto della nave, sorreggendosi al corrimano più vicino, solo per ritrovarsi a cadere sul pavimento, mantenendo l’equilibrio a stento. Sospirando nel ritrovare di colpo tutto il peso del proprio corpo, s’incamminò verso la sala comune della nave cantiere, poco interessato alla colazione o a tutto quello che riguardava la socializzazione con l’equipaggio: del resto, per quegli spaziali di professione tutti gli scienziati e ingegneri delle varie compagnie impegnate in quel progetto erano solamente degli scocciatori poco capaci. A cementare quella sorta d’inimicizia silenziosa, c’era poi la consapevolezza che il contratto della nave cantiere era subordinato alle altre aree, specie a quella che riguardava CJ e i generatori di gravità artificiale. Senza quelle tecnologie e senza un sistema di riciclo di ossigeno funzionante, la Astral non avrebbe avuto altra scelta che fallire e lasciare senza il becco di un quattrino tutte le aziende che collaboravano al progetto, Atlantis inclusa. Non devi pensare alle conseguenze speculative, questa gente fallirebbe insieme alla Astral, non tutti forse, ma la maggior parte non avrebbe più soldi per garantire un lavoro stabile ai propri dipendenti. Si mise seduto a un piccolo tavolo rotondo, segno che non desiderava compagnia, ma solo consumare qualcosa in fretta e andarsene. Le regole non scritte della sala comune gli arrivavano dalla donna del sogno, eppure CJ aveva notato quegli schemi sin dal primo giorno, quando Junior era stato avvicinato da una squadra di assemblatori, più interessati a capire cosa stava facendo con una pianta, piuttosto che a socializzare. Essere in quell’inferno non era bello quanto si era immaginato, soprattutto erano bastate poche ore a CJ per capire che non avrebbe mai vissuto nello spazio come un cittadino di una qualsiasi stazione spaziale, a prescindere dall’eventuale dipendenza dalla Terra. Pensare che prima d’imbarcarmi in quest’impresa ero pronto a fare il passo decisivo con Ariane, ora non credo che lei vorrebbe più una cosa simile: è troppo pericoloso per le nostre rispettive carriere e nessuno dei due accetterebbe di rinunciare a quello che abbiamo raggiunto. Si disse, alzandosi, diretto al distributore automatico.

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog