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Ci sono film visti a Venezia 70 che continuano a bussare da dentro. Film che mi ero ripromessa di approfondire proprio per la loro capacità di colpire e far pensare dopo settimane.
Gravity è sicuramente uno di questi, e dato che la sua uscita in tutte le sale è prevista per domani, un doveroso parlarne di più è necessario.
(Per il breve commento scritto dal Lido: QUI)
La prima cosa che va detta del film è come riesca a spiazzarti.
Con un cast che comprende i pur bravi ma non sempre così impegnati nella loro filmografia George Clooney e Sandra Bullock, si può già storcere il naso. Se in più si aggiungono 90 minuti quasi interamente ambientati nello spazio a gravità zero, l'appeal e il rischio ammericanata si fa alto.
Ma alla regia c'è un certo Alfonso Cuaròn, ed è questo a fare la grande differenza.
Il regista de I figli degli uomini, fa un balzo spettacolare nella sua carriera e ci porta fuori dalla nostra atmosfera immergendoci totalmente nella bellezza oscura e spaventosa del vuoto. Le immagini bastano da sole a incantare, con la nostra Terra così meravigliosa vista a quella distanza, con il nero penetrante e riempitivo che circonda gli astronauti dello Shuttle. La loro sembra essere una missione semplice, quasi di routine per alcuni, di certo non una passeggiata per la dottoressa Ryan Stone. All'improvviso, però, tutto cambia: una pioggia di detriti li colpisce, i contatti con Houston vengono persi e ci si ritrova in preda al panico, immedesimati alla perfezione con la Stone, quasi senza fiato e alla deriva. La lunga odissea, fatta di fortune e di continui pericoli, ha qui inizio.
Una trama semplice e quasi lineare, con il desiderio di sopravvivere e di tornare a casa che si fa imperante, sostiene l'intera durata del film grazie a scene spettacolari e cambi di registro che vanno dal drammatico, all'azione, fino a qualche inserimento horror che fa sussultare sulle poltrone.
In tutto questo perfino un'attrice da me sottovalutata come Sandra Bullock si rende credibile e perfetta nel ruolo dell'inesperta ma volitiva dottoressa, con affianco un George sempre e perennemente gigioneggiante, e per questo bravo.
Il risultato è quindi, sia a livello tecnico che artistico, un film che lascia più di qualche segno, un qualcosa che non ci si aspetta, un tuffo nello spazio dove si perde in tutti i modi possibili il fiato.
In molti hanno paragonato Gravity a un possibile parto di Malick, e sì, con scene simboliche altamente poetiche (il "ritorno all'utero" della Bullock, per non parlare del sorprendente e metaforico finale) e una fotografia così curata l'accostamento non è così scomodo. Ma fortunatamente viene evitato il confronto più scomodo, quello con un certo 2001 sempre ambientato anni luce da qui, viste le differenti tematiche coinvolte.
Cuaròn riesce in ogni caso a mantenere integra, solida e curata la sua opera, senza osare né scopiazzare, ma creando un film immersivo e sorprendente in cui perfino il 3D ha il suo senso!
Guarda il Trailer
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