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Gravity – Recensione

Creato il 06 ottobre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
La nostra recensione di Gravity, del regista Alfonso Cuaròn.

Photo credit: Gage Skidmore / Flickr / CC BY-SA 2.0.

Gravity è quel genere di film che si presenta con onestà e mantiene le promesse.
Si presenta con un trailer che quasi commuove, perchè non infila in 90 secondi tutte le scene migliori di un film da 90 minuti, ma mostra un segmento ben preciso, che descrive la natura intima del film, senza però svelare troppo e rovinare la sorpresa allo spettatore (si, traileristi di Pacific Rim, dico a voi).
Mantiene le promesse, perchè Alfonso Cuaron (già regista de “i Figli degli Uomini”) regala un misto di estasi e tensione.
Estasi per le straordinarie scene, realizzate con riprese ufficiali della NASA, con l’aurora boreale o il sorgere del sole visti dallo spazio, e suspance per l’evolversi della storia.
A causa di un incidente, una stazione spaziale dismessa viene distrutta e una tempesta di detriti devasta lo shuttle di una squadra scientifica americana, lasciando Kowalsky (George Clooney) e la dottoressa Stone (Sandra Bullock) in balia dello spazio, alla deriva nel vuoto in una disperata fuga verso una stazione spaziale internazionale in cui trovare riparo e un mezzo per rientrare sulla Terra.
Nonostante i presupposti siano estremamente semplici, la pellicola riesce a riempire 90 minuti avvolgendo il pubblico nello stesso manto di tensione in cui vive la protagonista. Ha del miracoloso come il ritmo rimanga alto nonostante spesso manchi un’azione serrata, alternata con momenti di confronto tra i due personaggi e di calma (prima della tempesta) in cui lo spazio spaventa con la sua ostilità, ma incanta allo stesso tempo, con la sua bellezza.
Altro grande pregio è la ambivalente regia di Cuaron, che segue i suoi astronauti da vicino, mentre si muovono claustrofobicamente per stazioni spaziali e capsule di salvataggio, e da lontano, evidenziando in maniera agorafobica la loro piccolezza nel mare spaziale.
Tra i due protagonisti la vera rivelazione è Sandra Bullock, che si affranca da commediole e filmetti stucchevoli, offrendo un’interpretazione intensa e credibile. Per George Clooney il contributo dato a Gravity è una dignitosa routine interpretativa senza infamia e senza lode.

Gravity si guadagna un’identità grazie al tocco ispirato di Cuaron, comprime lo spettatore tra bellezza e paura come una carezza nel pugno “Celentaniana”.
Pazienza se alcune cose fanno storcere il naso ad astronauti ed esperti, Gravity ricorda quelle tragedie greche, che colpivano lo spettatore, facendolo riemergere in clima catartico dopo la rappresentazione; confuso, shockato ma affascinato.


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