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Questa è una delle tante citazioni che appartengono a Buddha Siddhārtha Gautama. Molto spesso non siamo felici della nostra vita. Troppo spesso ci sentiamo insoddisfatti dei risultati che abbiamo raggiunto e cerchiamo di avere di più. Da una parte questo desiderio potrebbe anche essere giusto in quanto bisogna cercare sempre di migliorarsi! Però questa continua incessante ricerca di migliorie è estremizzata e, soprattutto, riguarda sempre il materiale: cerchiamo un lavoro dove si guadagna di più; cerchiamo di avere una dimora più bella; cerchiamo di contornarci di oggetti che abbiano valore; desideriamo possedere l'ultimo tipo di telefonino (il più bello il più costoso, quello di ultimo grido); le nostre case, le automobili, l'abbigliamento, non sono solo modi per ripararsi, per farci raggiungere luoghi lontani più facilmente, per proteggerci dal freddo. No, sono tutti status symbol perciò ci affanniamo incessantemente per avere il di più, per stare al passo di questi bisogni che, alla fin fine, sono effimeri.
Perché sono effimeri? Perché quando una volta abbiamo raggiunto la meta tanto agognata e ci siamo attorniati di tutte questi beni falsi, non ci sentiamo appagati continuiamo a sentire un vuoto dentro di noi che malgrado tutte le fatiche e gli sforzi non colmiamo mai.
Allora perché dovremmo sentirci grati se non riusciamo a togliere questa senso di mancanza? Chi mai dovremmo ringraziare? Quante persone affermano che nella loro vita dopo anni di rinunce e fatiche sono stufe perché non hanno ottenuto ciò che bramavano?
Tante persone dicono e pensano che sia così. Poi un bel giorno magari, per sfortuna, capita una malattia dura da accettare ed allora ci si sente mancare la terra sotto i piedi e non vogliamo perdere la possibilità di vivere. In quei giorni di lotta contro la possibilità di una nostra dipartita abbiamo iniziamo a pensare agli anni trascorsi, e se riusciamo a guarire per un determinato periodo di tempo diciamo che siamo stati fortunati, che ora abbiamo capito che in realtà correvamo dietro ad inutilità. Siamo convinti, gridandolo ai sette venti, che il vero bene lo avevamo dentro di noi lo vivevamo ogni giorno ma non lo avevamo mai visto con gli occhi perché eravamo accecati dalla bramosia dell'inutile. Sembra strano ma siamo improvvisamente grati alla vita, siamo felici ed apprezziamo che ogni giorno vediamo il sole sorgere e tramontare, siamo grati di avere in fianco il proprio compagno, i propri figli, una casa, anche se piccola, siamo grati delle semplici cose e ne godiamo. Ritorniamo a stupirci e ad avere nei confronti del mondo lo stesso sguardo ammaliato che hanno i bambini. Purtroppo questo stato di "estasi" non rimane per sempre. Inconsapevolmente piano piano scivoliamo sempre più nel meccanismo di eterna insoddisfazione che aveva caratterizzato la nostra vita fino a quando, un bel giorno, ritorniamo a sentire quel buco, quel senso atroce di mancanza e di insoddisfazione e il senso di gratitudine che racchiude anche il senso di beatitudine è scemato nuovamente nell'oblio. Tutto questo circolo vizioso non arreca solo un danno morale porta con se anche la corrosione del nostro corpo facendoci avvicinare più velocemente alla morte.
E' importante, quindi, cambiare il nostro pensiero ed il nostro stile di vita introducendo nel nostro parlare quella parolina che viene raramente espressa, "GRAZIE". Da piccoli i genitori si impuntano ad insegnare ai figli a dire grazie. Così il bambino si trova a essere rimproverato perché non ringrazia quando ha ricevuto un dono, quando una persona gli ha dato una caramella o un dolcetto, insomma il grazie è sempre la risposta ad un possedere o ad un ottenere materiale. Diventati adulti, essendo, inoltre, stati ben condizionati a dover desiderare il superfluo, non ottenendo ciò che vorremmo ci sentiamo depauperati e perciò ci sentiamo in diritto di non dover più pronunciare il famoso Grazie e soprattutto viviamo convinti di non dover e poter sentirci grati di nulla.
Nessuno insegna mai che in realtà dovremmo essere grati semplicemente perché siamo qua, perché se viviamo uno stato di cose e perché prima di noi coloro che ci hanno preceduto lo hanno reso possibile apportando migliorie , non pensiamo al fatto che il trascorrere del tempo è solo un dono che noi abbiamo la possibilità di vivere. Per questo dobbiamo essere grati e dobbiamo dimostrare tale gratitudine cercando di contribuire anche noi al miglioramento costante usando tutte le nostre capacità così da lasciare alle prossime generazioni la possibilità di sentire e vivere il prezioso dono della gratitudine. Secondo la psicologia positiva la persona grata vive meglio ed è stato dimostrato che sono meno soggette a malesseri fisici. Uno studio in atto presso la Harvard Kenndedy School e la Northeastern University sembra che dimostri che la carenza di appagamento e senso di gratitudine, che contempla una mancanza di senso di riconoscimento personale, sociale ed economico, a lungo andare prepara il terreno per sviluppare patologie come l'Alzheimer.
Come fare per essere grati, come avere un atteggiamento basato sulla gratitudine? Come si può rompere il circolo vizioso dell'insaziabile desiderio di volere sempre di più?
Innanzitutto per far nascere il sentimento di gratitudine non dobbiamo attendere fino a quando le cose non si realizzano. Dobbiamo avere l'animo aperto alle piccole cose, dobbiamo essere predisposti a godere di ciò che già abbiamo e sentirci grati che intanto abbiamo queste. Se iniziamo da questo punto più aumentiamo il nostro senso di gratitudine più notiamo e sentiamo che siamo circondati di cose di cui essere grati. Dobbiamo pensare che ogni passo avanti non è dovuto ma è un dono, non ci spetta nulla di diritto. Se iniziamo ad avere un simile approccio nella vita, ogni aspetto diventa un bene prezioso e questo fa aumentare il nostro senso gioioso di sentirci grati perché abbiamo la fortuna di essere stati arricchiti da questa opportunità che non a tutti arriva. Quando andavo alle superiori il mio insegnante di religione, era un padre missionario, era solito dirci che se ci volevamo sentire bene e volevamo capire quanto eravamo fortunate non bisognava guardare ciò che aveva un nostro pari o uno superiore a noi. Era meglio volgere l'attenzione sempre verso chi stava meno bene di noi. Perciò ci diceva: - "devi essere grata che sei nata in Italia pensa alle tue coetanee in Africa che non hanno nemmeno un terzo di ciò che tu hai ogni giorno, oppure pensa a quei ragazzi che nascono con malformazioni e malattie che li porterà a condurre una vita di estrema durezza!"- Insomma è vero, quanti attorno a noi stanno peggio! Perciò impariamo ad apprezzare ad essere felici e grati della fortuna che abbiamo e forse così diventiamo più consapevoli di quello che altri non potranno mai conoscere ed avere e magari lavoriamo affinché anche ai nostri simili possa accadere di poter gioire di ciò che noi godiamo. Come ben diceva Cicerone la gratitudine è la madre di tutte le virtù. Ora vi consiglio di leggere i seguenti articoli: Più felice e più pacato grazie alla gratitudine Sai dire grazie? 5 servizi e 3 buoni motivi per esercitare la gratitudine
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