di Matteo Zola
Il referendum sulla permanenza della Grecia nell’euromoneta non si farà. Come timidamente avevamo predetto in questo articolo. Quella di Papandreu si rivela quindi per quello che è: una mossa strategica volta, da un lato, a riaffermare la sua leadership nel paese e, dall’altro, ottenere concessioni dal direttorio franco-tedesco. Se questa seconda opzione è fallita di fronte al “no” secco di Merkel e Sarkozy, che hanno minacciato di cacciare la Grecia dall’euromoneta e sospendere i fondi, la prima è invece riuscita. L’opposizione conservatrice di Nea Demokratia, che finora aveva cavalcato il malcontento e la piazza, ha accettato di votare in Parlamento le misure di salvataggio concordate da Papandreu con i vertici finanziari e politici europei lo scorso 26 ottobre.
Anzi, forse si formerà un governo di unità nazionale come da tempo Papandreu auspicava. Prima di presentarsi in Parlamento per pronunciare il discorso con cui chiede la fiducia, George Papandreou ha avuto un colloquio telefonico con Antonis Samaras, leader del principale partito d’opposizione Nuova Democrazia. Al centro del colloquio l’ipotesi di formazione di un governo di unitá nazionale che possa guidare la Grecia fino alla conclusione del salvataggio europeo. I colloqui tra governo ed opposizione continueranno per tutta la notte.