Il Comune di Pomaretto, in provincia di Torino, costretto a vendere i nuovi impianti solari e a rinunciare alla green economy su scala locale: ha sforato di un punto il patto di stabilità
Dall’operazione il primo cittadino era riuscito a garantire introiti per il suo Comune di 80 mila euro all’anno, oltre a un progetto di riqualificazione di alcuni antichi borghi disabitati. Per chi fosse stato disponibile a trasferirsi non ci sarebbero più state bollette della luce da pagare. Ci avrebbe pensato il comune, i nuovi impianti solari e una centralina idroelettrica alimentata dalle acque della montagna.
Ora però il progetto di Danilo Breuza è a rischio: le nuove norme sul patto di stabilità gli impongono di abbattere drasticamente gli interessi passivi da pagare per i mutui.
“Mi hanno messo con le spalle al muro”, ha spiegato il sindaco al quotidiano La Stampa, “mi hanno cambiato le regole quando ormai ero in corsa. Se non ci saranno delle modifiche sarò costretto a vendere tutti i nostri impianti ai privati”.
E aggiunge: “l’Ente potrà fare mutui solo nel rispetto di alcune soglie, che sono l’8 per cento per quest’anno, ma che scenderanno al 4 per cento nel 2014. Nel 2010 abbiamo fatto un investimento che per 20 anni, a fronte di un mutuo annuale di 54 milioni di euro, ci garantisce 84 milioni di euro all’anno. Denaro che ci consentirebbe di asfaltare le strade, fornire servizi ai nostri cittadini. In piena autonomia”.
E, per il non rispetto delle regole, Comune eco-virtuoso o meno, la Corte dei Conti chiede spiegazioni.
Ma il primo cittadino di Pomaretto non si ferma qui. Nei prossimi giorni si recherà a Roma per ribadire, a Ministri e Prefetto, quanto già scritto in una lettera: “è assurdo applicare una legge di questo tipo sulle centraline ecologiche che producono ricchezza”.
Come dire che là dove potevano esserci eventuali sviluppi e nuove opportunità di crescita anche per i Comuni, il sistema non ne tiene conto. Anzi.
E pensare poi che il Comune di Pomaretto il patto di stabilità lo ha superato per un solo unico punto.
La palla, oltre al Governo centrale, passa ora all’amministrazione. Un’alternativa potrebbe essere far gestire i nuovi impianti alla Comunità montana, come già successo in Val D’Ossola e in Val Maira.
Nel frattempo però il nuovo progetto è fermo al palo, in attesa che la burocrazia faccia il suo corso.