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Gregg Alexander e il nostro fine simana

Creato il 06 aprile 2012 da Postscriptum

Gregg Alexander e il nostro fine simana

Ci muovevamo intorno alle nove di sera – orario insolito per le abitudini di coloro oggi sono coetanei ai trasposti dai miei ricordi – riempivamo al massimo un paio di macchine e il più delle volte ci spostava verso Pozzallo, Pozzangeles si diceva, lì dove splende sempre il sole e c’è sempre bel tempo. In effetti si vociferava di leggendarie presenze femminili, graziose ed appetibili in percentuali da usuraio. Echi di antichi miti ormai non più verificabili, nati nelle zone portuali, ove gli aedi cantavano della spigliatezza insita nella costumanza morale delle giovani donne abbandonate temporaneamente dal compagno imbarcato.
Forse non era neanche questo il motivo per cui si andava a Pozzangeles, almeno nelle intenzioni della mia comitiva. Non era una valido motivo neanche la formosa ragazza che serviva ai tavoli, nel solito locale prescelto. O almeno non lo era in proporzione all’importanza assunta da certi boccali di birra dall’altissima gradazione alcolica che ormai ricompaiono solo nei sogni, accompagnati da abbondanti boccate di morbide camel morbide. Il viaggio in auto, quei venti minuti-mezzora, in cui l’autoradio sbraitava cose che andavano dai Jamiroquai agli Earth, Wind & Fire, non era e non è tutt’oggi particolarmente rappresentativo di un periodo passato. Erano musicassette, è vero, questo dovrebbe già provocare smorfie ironiche nei confronti del brizzolato crescente ai lati ma i guai veri si presentano nel momento in cui, veramente di rado, accade che in qualche stazione FM passano i New Radicals. Una band che con una hit raggiunse un successo spropositato, tanto enorme e pesante da sopportare che il loro leader – Gregg Alexander, un tipone con la voce alla Mick Jagger – dopo forse neanche un tour pensò bene di non farsi più vedere in giro. Intendiamoci, la sua presenza nelle classifiche, dagli anni ’90 ad oggi, è stata sempre costante. Neanche se lo immagina il lettore di quanti brani sono stati scritti da Alexander per altri notissimi artisti, anche utilizzando pseudonimi ingiustificabili. Insomma, il tizio ce la sa, però non gliene frega nulla che ciò venga riconosciuto. Sapete, entravamo in quel locale – che detto per inciso oggi non esiste più – e immediatamente suonava quel pezzo:

Get What You Give

Noi eravamo quasi tutti musicisti, rock, blues, funk…certo la giovane età ci portava lontani dal pop, eppure quel brano era grandioso. Sfasciare ogni sera una mercedes benz, vivere al massimo come pur diceva un altro tizio che recentemente è invecchiato troppo velocemente, ma con la convinzione che quel sogno va tenuto stretto proprio quando lo si sente morire. No, non ho intenzione di parafrasare tutto il brano in questione, voglio solo ricordare che anche Gregg Alexander, in una prima fanciullezza, è stato un rockettaro. E malgrado le stempiature l’anima è sempre quella:

Fly high
What’s real can’t die
You only get what you give
Just dont be afraid to leave
Health insurance rip off lying FDA big bankers buying
Fake computer crashes dining
Cloning while they’re multiplying
Fashion mag shoots
with the aid of 8 dust brothers Beck, Hanson
Courtney Love and Marilyn Manson
You’re all fakes
Run to your mansions
Come around
We’ll kick your ass in!
Don’t let go
One dance left

 

Bevete ancora un sorso di birra e accendete un’altra sigaretta, nella speranza che duri il più possibile, senza pensare che terminerà anche questo week-end e poi saremo di nuovo tristi come una chiesa il lunedì.

Like A Church On Monday


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