Principi fondamentali della Costituzione Italiana, art.1 – Francesca Capasso
# +1 Dopo aver scritto questo pezzo, ho percepito la forte sensazione dell’incompiutezza delle mie argomentazioni. Ed effettivamente il pensiero mi ha accompagnato fino a questa mattina, quando ho sentito la necessità di tornarci su.
In calce l’aggiornamento.
La chiama “circonvenzione di elettore”, la tesi attraverso la quale Beppe Grillo dal suo blog, domenica 3 marzo, liquida l’Art. 67 della Costituzione Italiana. Articolo che, secondo il leader del Movimento 5 Stelle, pone il parlamentare italiano in una condizione per la quale “può fare, usando un eufemismo, il cazzo che gli pare senza rispondere a nessuno”.
E ancora, Grillo sostiene che «Il voto è un contratto tra elettore ed eletto ed è più importante di un contratto commerciale, riguarda infatti la gestione dello Stato».
Sembra quasi che Grillo conosca poco e male la Costituzione del suo paese. Per esempio l’Art. 48, il quale sancisce, oltre la libertà di voto, anche la sua segretezza. Cosa che esclude a priori la possibilità di intendere e assimilare il diritto di voto (e anche la sua eventuale astensione) a un contratto, per di più equiparandolo a un contratto commerciale, come se fosse certificato e sostenuto da garanzie patrimoniali e di firma.
Art. 48: «Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tal fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge».
Per l’esercizio del suo mandato, il parlamentare della repubblica italiana – e per suo conto, partiti e movimenti – non potendo essere a conoscenza dell’espressione del voto, che resta segreto, non è tenuto a firmare alcun contratto a fronte di idee o programmi proposti. Quello che conta sono le idee (e i progetti), libere, condivise, anche mutevoli, forse non perfette, ma di certo perfettibili.
Ed è sulla base di questi presupposti che la Costituzione Italiana afferma,
Art. 67 “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato », e quindi in piena libertà di coscienza.
Articolo che, a sua volta, trova il suo fondamento negli Art. 2 (per i diritti inviolabili dell’uomo) e Art. 1 (per le forme e i limiti della sovranità):
Art. 2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Art. 1 “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Possiamo ben dire che, l’Art. 67 della costituzione italiana, è garanzia di libertà e indipendenza ma anche di responsabilità politica dell’eletto rispetto agli elettori e allo Stato. Eliminare questo strumento costituzionale significa ridurre il mandato parlamentare a mera testimonianza o braccio esecutivo di interessi di parte (se non addirittura di un padrone), partito, movimento o lobby che sia. Varrebbe come tornare indietro di secoli, ai tempi del signore, o anche peggio, essendo retaggio dei regimi totalitari. Si cancellerebbero di un sol colpo secoli di lotta per la conquista e l’affermazione di fondamentali e inviolabili diritti umani, tra questi la libertà di opinione e di coscienza.
Proporre l’eliminazione di un articolo della Costituzione, senza che lo si consideri parte integrante dell’architettura costituzionale, in cui i singoli articoli sono l’uno garanzia dell’altro e insieme garanzia di diritti e doveri dei cittadini, è quanto meno sintomo di profonda ignoranza e non fa altro che minare l’architettura costituzionale, gli equilibri democratici e repubblicani, con cui è costruito l’impianto costituzionale. Basterebbe aver presente l’Art.1 per comprendere i rimandi e le garanzie offerte dalla costituzione ad ogni singolo cittadino e allo Stato.
Il mandato parlamentare, dunque, non può che esercitarsi nell’interesse generale. Tutt’al più se c’è qualcosa da riformare , questa è la legge elettorale, per la quale, anche i prossimi parlamentari, a tutti gli effetti, sono nominati e non eletti, tutti compresi, nessuno escluso, nonostante primarie e parlamentarie, non contemplate dalla costituzione e fatte, tra l’altro, ad esclusivo uso e consumo della parte.
Aggiornamento #+1
L’idea di vincolare gli eletti con il mandato imperativo (o qualcosa di simile), è in totale contraddizione con lo spirito del M5S, ovvero con i predicati, “una testa un voto”, “uno vale uno”, con la democrazia diretta, che fa a meno dei partiti, ecc., volendo trascendere le parti, attraversandole trasversalmente.
Se uno vale uno, quell’uno, deve poter rappresentare e manifestare la sua unicità liberamente, senza alcun vincolo. Il cittadino, del resto, con l’esercizio del voto, non fa altro che delegare la persona ritenuta la più adatta al mandato parlamentare. Almeno fino a ché ci sarà un parlamento e l’attuale Costituzione.
Dal momento in cui si è vincolati da un mandato imperativo, in base a un programma o contratto, gli aderenti a quel contratto/programma, fanno associazione, o partito, che è la stessa cosa. Il movimento verso la democrazia diretta, trasversale, così, si è automaticamente trasformato in partito, cioè organizzazione di parte. E se pure questa parte non si riconosca nelle parti tradizionali e consuete del parlamento. Ma pur sempre di parte si tratterà. E dal momento in cui si è parte, o di parte, la democrazia non è più diretta (se mai lo è stata) ma rappresentativa. Questa è un’aporia, di non poco conto.
All’art. 4 comma 3 dello Statuto del Movimento 5 Stelle, si legge: «Il MoVimento 5 Stelle non è un partito politico né si intende che lo diventi in futuro. Esso vuole essere testimone della possibilità di realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della Rete il ruolo di governo ed indirizzo normalmente attribuito a pochi». Più chiaro di così!
Vale a dire che Grillo, stabilendo – sua sponte e senza alcun confronto – il «no» alla fiducia, si pone in netta violazione dello Statuto. Secondo il metodo della democrazia diretta, il voto di fiducia dovrebbe essere lasciato alla libera scelta di ogni singolo cittadino e nel nostro caso di specie, a ogni singolo parlamentare. E dunque, oltre a mettersi fuori legge rispetto allo Statuto del Movimento, Grillo si trasforma in duce e per tanto, pur nelle more della condivisa persuasione, determina la linea. Forse è a questo che serve modificare la costituzione?
Disquisizione transitoria e finale sul tema “movimento”
Il “movimento” è movimento “verso”. Se non fosse “verso” qualcosa, sarebbe movimento a ramengo. Il che sarebbe un disastro. Il movimento, poi, può benissimo essere movimento verso la” parte”, ma anche verso il trascendimento delle parti. Cosa tra l’altro difficilissima, soprattutto perché s’incorre spesso in aporie e contraddizioni, teoriche e pratiche.
Il partito, rispetto al movimento, è già di per sé parte. La sua natura fondamentale è l’essere per la parte e non il tutto. Ciò nonostante, la parte, il partito, non necessariamente è fermo su sé stesso, chiuso nel suo essere parte. I partiti, del resto, dalla loro nascita ad oggi si sono trasformati di continuo, purtroppo in peggio. Sono precipitati nell’immanenza, fino a scavarsi la tomba. Nessuno e nulla però, impedisce che il partito possa trascendere la parte. Prima di essere parte, sarà di sicuro stato “movimento per”.
Ora, se il movimento è verso la democrazia partecipata, come può praticare i metodi della democrazia rappresentativa. E’ chiaro adesso?
In fine, per come la vedo io, il M5S, e non Grillo o Casaleggio (titolari del marchio e quindi “parte”), ma tutto il movimento, o risolve questa pesante contraddizione o è destinata a trasformarsi nella peggiore delle illusioni. L’ennesima.