Di Erica Vaccaro. Un orrendo trio da giudicare. Politici, industriali e giornalisti rei di aver depredato e trasformato l’Italia in un deserto, saranno sottoposti ad un processo popolare e mediatico. A lanciare l’idea ci pensa Beppe Grillo con un post sul suo blog dal titolo “processi popolari in rete”. Qualcuno avrà pensato “Beppe ritorna a fare il comico?” e invece no. Avesse pronunciato queste parole nelle piazze qualche anno fa, di sicuro sarebbero seguite grasse risate dei suoi spettatori, ma a voler prendere le sue parole sul serio, davvero si rimane un pò perplessi. Tolti i panni del comico per indossare quelli dell’uomo politico Grillo da tempo è convinto che non si possa “edificare una nuova Italia senza sgombrare il terreno da coloro che l’hanno depredata”. Un pensiero che accomuna molti, grillini e non, ma mai nessuno aveva immaginato di utilizzare una fantomatica giuria della rete per eliminare il marcio. Fine comune, mezzi diversi.
Questo tribunale della rete avrà “liste, prove e testimoni di accusa come in un processo” e ci sarà un cittadino, scelto con criteri ancora ignoti, che articolerà i capi d’accusa. A pronunciare la sentenza sarà la rete, ma non nel senso di rete di cittadini che liberamente esprimono un giudizio attraverso il web. La rete secondo Beppe Grillo è composta dai soli soggetti iscritti e certificati al movimento che potranno votare per la colpevolezza e l’innocenza dell’imputato. Davvero un modo curioso di stravolgere i principi del processo penale. Ma possiamo stare tranquilli perché grillo sa che “un tribunale popolare non può sostituirsi alla giustizia nell’erogazione delle pene” e questa è davvero un’ottima notizia per tutti noi. Ma allora il processo a cosa servirà? A cosa serve accusare i Pennivendoli di regime “grazie ai quali siamo 68esimi nella libertà di informazione nel mondo” o gli industriali “sempre pronti a pagare mazzette” o ancora o politici “che vengono un gradino più in basso delle mietrici” se poi nessuno finisce dietro le sbarre?