«Io vedo la stampa come parte del ceto politico. Anzi complice, perché ha disimparato l’indipendenza dalla politica». Questo e altro nelle interviste di Silvia Truzzi su Grillo, Movimento 5 Stelle e giornalisti, per il Fatto Quotidiano (28/2).
Dice Barbara Spinelli: “L’informazione ha delle responsabilità nell’aver trasmesso un’immagine demoniaca di Grillo? Io vedo la stampa come parte del ceto politico. Anzi complice, perché ha disimparato l’indipendenza dalla politica. Per forza di cose ha partecipato alla campagna di paura, installandosi in una sorta di bolla retorica. Per forza ha cavalcato il tormentone sul populismo, per forza ha demonizzato Grillo. Non dico che Grillo non dovesse essere criticato – personalmente ho molti appunti da fargli, in primis sull’Europa – ma quello che trovo grave è che la stampa, invece di frequentare i politici e farsene eco, non è andata alla scoperta dell’Italia, non ha né esplorato né ascoltato il Paese. Dal punto di vista del mestiere del giornalismo è un tradimento deontologico grave”.
Aggiunge Roberto D’Agostino: “Negli anni ’60 giornali come il Corriere della Sera incarnavano un’indiscutibile autorità/credibilità. All’indomani di Tangentopoli, sono tutti finiti senza esclusioni di sorta nelle mani di imprenditori terrorizzati, nudi di fronte alla magistratura e bisognosi di difesa. ” (…) ”I quotidiani, da cani da guardia del potere hanno finito per diventare peluche da salotto. E le notizie sono scomparse, in difesa degli interessi di banche, imprenditori e fondazioni. Ma il gioco di insabbiamento, con l’arrivo del web, è finito miseramente. Grillo senza giornaloni al fianco, senza tv, senza Floris o Vespa a favore, anzi, con l’intero arco costituzional-televisivo contro, ha sparecchiato le urne con un colpo di mouse”.
A c. Walter Tosco & staff