di Rina Brundu. «Nel sistema instaurato con l’avvento del grillismo tutto ciò che è immorale è impolitico, tutto ciò che è atto a corrompere è controrivoluzionario. Le debolezze, i vizi, i pregiudizi sono la strada della…. casta», parafrasando Robespierre, questo potrebbe essere senz’altro un modo valido per descrivere il mondo visto con gli occhi dell’adepto grilliano, quello duro-e-puro. Ad estirpare ogni residuo di ancien-régime-politico-italico invece ci pensa direttamente il “garante”, ma non con la ghigliottina, gli basta la dialettica.
Così dopo il Bersani-quasi-morto, adesso è il turno del “rottamatore” Matteo Renzi fresca vittima, a leggere il leader del M5S, di un attacco di “invidia penis”, o per meglio scrivere “Renzi soffre di invidia penis. Vorrebbe essere come il M5S, ma deve accontentarsi di essere del pdmenoelle. Un trauma». Francamente, come donna che guarda alle cose della politica italica, i due termini di paragone mi confondono. Da un lato abbiamo infatti una formazione partitica (il pdmenoelle), ancora lontana dalle vecchie glorie che furono del PCI di Berlinguer (ma anche solo di Peppone), dall’altro un organo riproduttivo maschile che nel 99% dei casi è pure infausta sede dell’unico neurone che spesso e volentieri dirime pensieri e azioni dentro le dinamiche dell’universo di riferimento; detto altrimenti mi resta ancora il dubbio che tutta questa decantata “invidia” abbia ragion d’essere, però mi rendo conto che nel caso specifico Grillo ha solo fatto sue delle “corbellerie” messe in giro da altri in tempi non sospetti…
Ma se la faccenda dell’invidia-penis è costrutto imprestato è indubbio che il resto della tirata contro Renzi sia farina del sacco grillesco. Non a caso in una straordinaria sequenza a colpi di dialettica da politica new-digital-age, Renzi diventa:«un ebetino inconsapevole, il compagno di banco che ti copia il compito ma non sa spiegarlo alla maestra, un succhiaruote della politica, un sindaco a zonzo, un aspirante dalemino, un vuoto con il buco intorno». Che a leggere tutto d’un fiato non si sa se il ghost-writer sia stato un fan della Rosy Bindi-determinata-a-lottare-affinché-il-sindaco-di-Firenze-perda-le-primarie, o un ex publicitario di successo licenziato per essersi lasciato prendere la mano….
Nel dubbio, meglio tacere. Nascondersi. Come ben si conviene durante ogni regime di terrore. Anche dialettico. Bollettini quotidiani di brigate clandestine (Nuovi carbonari del 2000 et similari) dicono che la casta è in fuga, smarrita. Quando due ex-membri si incontrano non si salutano e fanno finta di non conoscersi. Mentre si allontanano in direzioni opposte, un unico dubbio attanaglia entrambi: “Who’s next?”, “Chi sarà il prossimo?”, “Chi finirà nella graticola dialettico-virtuale?”. Nobody knows! Fonti non verificate vedrebbero nel Cavaliere l’unico decentemente tranquillo dopo il personalissimo exploit della nipote di Mubarak. Ma cosa succederebbe se Grillo-Robespierre riuscisse a superarlo e/o a superarsi? Davvero complicato questa sorta di paradosso dell’ “Who’s next?” in tempi di terrore dialettico: se non vi saranno altre vittime non avremmo nulla da raccontare, ma se ci saranno potremmo non esser più qui…. per scriverne.
Featured image, Ritratto di Maximilien de Robespierre (1758-1794)
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