Magazine Cultura

Gruppi che copiano bene: HOTH – Oathbreaker

Creato il 20 gennaio 2015 da Cicciorusso

1794726_10152717252404988_1533262555_n

A dispetto del tonfo subito dal mercato discografico globale, continuiamo ad assistere al proliferare di nuove band e ad affannarci nel tentativo di star dietro alle innumerevoli uscite discografiche. È un bel segnale di vitalità che fa bene al cuore. Resta il fatto che, alla fine, tendiamo a piazzare in playlist sempre i soliti nomi che i nostri stereo masticano più o meno da vent’anni a questa parte. Non credo che il problema sia da imputare alla nostra babbionaggine (che magari pure galoppa selvaggiamente a briglie sciolte) che ci fa guardare alle novità con occhio meno appassionato o troppo critico (si pensi, au contraire, alla reazione di infervoramento adolescenziale che gli Alestorm sono stati capaci di scatenare nel collettivo MS) ma proprio alla debolezza delle nuove idee e alle contaminazioni troppo effimere. Non ci son dubbi sul fatto che l’autoreferenzialità, se non ti chiami Running Wild e Accept o Deicide e Cannibal Corpse, sia pur sempre un male da evitare, se hai deciso che la tua band arrivi a mangiare il panettone anche l’anno prossimo; ciò nonostante ci si trova sempre più a nostro agio sotto la calda trapunta offertaci da signori che hanno superato gli ‘anta da un pezzo. Quindi palla al centro. In ambito black metal, per esempio, si prosegue così, tra alti e bassi, o tra bassi e bassissimi, a scavare e spulciare pure le scene musicali più assurde e distanti, o magari a volgere lo sguardo verso gli Stati Uniti con maggior attenzione e atteggiamento più indulgente, provando anche ad andare oltre il senso di superiorità eurocentrico (che rispetto al punto di vista di seguito, cioè strettamente numerico/quantitativo, diventa l’opinione di chi vive ormai nella provincia dell’Impero).

È così che in questi ultimi tempi ho perso la testa per gli Hoth, giovane duo di Seattle che ha tratto il proprio nome dal noto pianeta ghiacciato di Star Wars. Nei testi si riflette questa passione per le creazioni di Lucas e, se siete fan più accaniti di me, vi ritroverete dentro sicuramente molte più citazioni di quante ne abbia riscontrate io. Secondo album, Oathbreaker è il perfetto esempio di come si copiano le idee degli altri per tirare giù un bel disco. Non vi ho ancora dato alcuna informazione, quindi ora dovrei dirvi che prendono a piene mani da Dissection, In FlamesDimmu Borgir e Iron Maiden (ma l’altra sera, dopo averlo ascoltato in seduta plenaria, ci abbiamo sentito dentro pure Carcass e Iced Earth, per dire), continuando a non dirvi praticamente niente. Nel complesso, nel disco non c’è un filler che sia uno e ogni pezzo ha la sua melodia riconoscibile; l’unico difetto semmai è in una produzione perfezionabile. Altamente consigliato agli appassionati di death svedese/black metal sinfonico e a chi riesce ancora a tollerare il fatto che puntualmente qualcuno venga a rubarci la Gioconda. (Charles)



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :