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Titolo: Follie di BrooklynAutore: Paul AusterEditore: EinaudiPagine: 265Il mio voto: 4 piume
Desideravo leggere questo libro da diverso tempo. Fa riflettere che fosse posizionato alla ventesima pagina su ventiquattro della mia wishlist anobiiana. Però sapete tutti come funziona, no? Un libro può rimanere per diverso tempo, delle volte anche anni, tra i to be read e non aggiudicarsi mai il podio nella gara dei libri da leggere nel breve tempo.Questo è quello che è successo al povero Auster. Piazzato in wishlist appena uscito e poi superato sempre in gran carriera da altri libri, magari che non sono mai entrati in wishlist.Poi, grazie a un gruppo di lettura trovato su Facebook e organizzato da un'altra blogger, ecco che all'improvviso arriva il suo momento di gloria. Ho iniziato questo libro con delle aspettative altissime, alle quali hanno sicuramente contribuito la popolarità di Auster, le recensioni entusiastiche di altri suoi libri nelle quali mi sono imbattuta, la bellissima copertina (perché la copertina è bellissima, mi fa tanto pensare a Hopper). Sono sincera, forse sono state le mie aspettative altissime a farmelo piacere così tanto. Perché non volevo, assolutamente, che queste fossero disattese. Ho sperato con tutta me stessa che mi piacesse. E, infatti, così è stato. Per diversi motivi, non solo perché lo desideravo disperatamente.Lo stile utilizzato dall'autore, a tratti quasi confidenziale, l'incredibile quantità dei dettagli forniti da Auster circa la vita dei personaggi, la struttura narrativa, tutto di questo romanzo mi ha piacevolmente colpita e mi ha convinta a leggere tutti i suoi romanzi, prima o poi.
La trama, semplice e molto lineare, non spicca di originalità né porta con sé particolari colpi di scena. La particolarità del romanzo, in effetti, è costituita dagli argomenti trattati e dall'umanità dei personaggi. Esatto, avete letto bene, parlo di umanità. Nathan, un uomo di mezza età la cui vita si è evoluta contro ogni aspettativa, dopo un brutto divorzio scopre di essere stato colpito dal male peggiore, il cancro. È proprio con la descrizione della vita di Nathan, che costituisce anche la voce narrante, che ha inizio il romanzo. E poi, come lunga passeggiata, l'autore ci conduce all'interno della vita di Tom, Harry, Rory, Honey e Lucy. E anche loro, come Nathan, sono caratterizzati da una forte dose di umanità. Questo, forse, è il grande merito di Follie di Brooklyn: tutti i personaggi, con i loro pregi e i loro difetti, sono reali. Potrebbero, infatti, tranquillamente far parte della nostra quotidianità, del nostro cerchio se non di amici certamente di conoscenze.Un aspetto che sicuramente non assume alcuna rilevanza nello svolgersi della trama, è la presenza all'interno di tutto il romanzo di dettagli che riguardano la vita di scrittori del passato. Nathan, infatti, oltre ad accompagnarci delicatamente all'interno della vita dei personaggi, fornisce al lettore anche un nuovo modo di approcciarsi alla vita di autori del passato. Non è mia abitudine inserire spoiler all'interno delle recensioni e, anche in questo caso, non lo farò. Dico solo che Kafka è una delle figure che più mi affascina del panorama letterario e che sento La metamorfosi un libro molto vicino a me. Ebbene, con la parentesi su Kafka che Auster inserisce all'interno di Follie di Brooklyn (perché sì, Auster inserisce anche Kafka, sapevatelo) mi ha conquistata completamente. Un romanzo che non considero un capolavoro ma di cui consiglio la lettura a chi, nella parte finale dell'autunno, desidera un libro caldo e avvolgente come una lenta passeggiata lungo un viale alberato coperto da un manto ruggine di deliziose foglie d'acero secche.
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