Titolo: La briscola in cinqueAutore: Marco Malvaldi
Editore: Sellerio editore Palermo
Pagine: 163
Il mio voto: 3 piume scarse
Ho sempre sentito parlare bene di Malvaldi, più o meno da chiunque conosca: lettori forti, lettori occasionali, blogger, persino non lettori (ossia gente da un libro l'anno). Uno scrittore apprezzato da una così ampia gamma di lettori credevo mi avrebbe lasciato qualcosa in più. Non è accaduto.Non sto dicendo che La briscola in cinque sia un brutto libro, assolutamente. Anzi, trovo che sia molto scorrevole e che si legga con estrema facilità. La storia è carina e semplice da seguire, lo stile di Malvaldi divertente e leggero.Ecco, è questo il punto. Questo libro ha un unico, grandissimo difetto: è arioso, inconsistente. Forse, paradossalmente, è più adatto a un pubblico di non lettori o di lettori occasionali. Non fraintendetemi, non sono tipa da facili snobismi – chi mi legge spesso lo sa – e non sono nemmeno quel tipo di persona che associa la lettura necessariamente a qualcosa di "culturale", per cui si fa del male leggendo solo Moravia, Pasolini, Joyce e se sei uno scrittore con meno pesantezza (passatemi il termine) di Tolstoj non meriti nemmeno di varcare la soglia di casa mia.
No, leggo sì per cultura ma anche e soprattutto per svago. Però, e questo potrebbe essere un mio limite, un romanzo che non mi lascia nulla e che mi fa passare solo un paio d'ore di relax, senza attivare minimamente i miei neuroni, non è il romanzo che fa per me. Ed è il caso de La briscola in cinque.La trama è molto semplice: Massimo, barista e proprietario di un piccolo baretto sulla spiaggia di Pineta, località vicino Livorno, trova il cadavere di una ragazza in un cassonetto poco distante dal suo bar. Da quel momento, insieme ai vecchietti (tra cui suo nonno) che stazionano al bar per gran parte della giornata, discuterà dell'omicidio fino a quando non arriverà alla soluzione del caso.Tra tutti i protagonisti del libro, quello un po' meglio caratterizzato è Massimo, mentre gli altri sono solo abbozzati, sembrano – e probabilmente lo sono – delle figure di cui Malvaldi si serve per arrivare a uno scopo che, però, mi sfugge. Se lo scopo consiste nel risolvere il caso... Ahimé, stiamo messi male perché, sebbene io non legga gialli, posso dire che questo, come giallo, varrebbe di più se lo avesse scritto Rosino, il fruttivendolo del mercato rionale sotto casa mia. Se lo scopo è, invece, quello di introdurre i personaggi... Ce l'abbiamo fatta solo con Massimo, il barista, e manco troppo bene. Insomma, la faccio breve senza dilungarmi in inutili polemiche: questo è un libro da ombrellone. E io odio i libri da ombrellone perché, tanto, al mare non ci vado. E se ci vado, ci vado alle cinque, quando dell'ombrellone non ho più bisogno.





