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Guantanamo in 4 questioni

Creato il 07 febbraio 2012 da Thefreak @TheFreak_ITA

Diritti, trattamenti, segreti, accuse, promesse: “Guantanamo” in 5 questioni

A periodi alterni, Guantanamo torna a far notizia.

Dopo i vari Rasul, Hamdi, Hamdan, Boumediene, e tutti gli altri detenuti i cui casi restano ancora nell’anonimato delle mura di Guantanamo, la storia si ripete. ‘Abd al Rahim Hussayn Muhammed al Nashiri, cittadino saudita, viene  arrestato nell’ottobre 2002 a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dalle forze di sicurezza locali, e dopo un mese è consegnato alle autorità americane. Dopo le segrete peripezie tra centri di detenzione della Cia, della cui legittimità e legalità si dubita fortemente, Al Nashiri atterra a Cuba nel 2006, dove ancora oggi si trova, dopo più di 9 anni di detenzione senza un processo.

Questione 1: il diritto applicabile

Al Nashiri è arrestato sulla base di un’imputazione per crimini di guerra. Quale guerra? La fantomatica war on terrorism. La questione è semplice. Affinché si possa procedere a un arresto per crimini di guerra, previsti dal diritto umanitario (volgarmente diritto internazionale di guerra o dei conflitti armati), la guerra deve essere internazionale.

Viceversa, se una guerra non è internazionale, in quanto si esaurisce all’interno di confini nazionali (banalmente, una guerra civile), o non coinvolge alcun attore di carattere internazionale (Stato o Organizzazione Internazionale), la guerra è interna e, di conseguenza, si applica la legislazione nazionale.

Il problema è che gli Stati Uniti hanno più volte dichiarato che, poiché Al Qaeda non è un soggetto internazionale, 

la war on terrorism non è una guerra internazionale

Malgrado essa si svolga in un altro Stato, l’Afghanistan. Malgrado Al Qaeda non sia un’organizzazione confinata in un preciso territorio nazionale, si pensi che – secondo gli autorevoli esperti americani – Al Qaeda 5 anni fa era in Afghanistan, ieri era nello Yemen, oggi è in Pakistan. La guerra al terrorismo non è internazionale.

Ergo, si applica il diritto nazionale: quale?

La legge americana? Pensate che paradiso per un “terrorista” poter usufruire dei diritti siglati dai Padri Fondatori. Troppo bello per essere vero. Infatti, non lo è.

Non è un caso che gli Stati Uniti spendano somme esorbitanti per poter effettuare voli transatlantici per trasportare i detenuti da luoghi lontani fusi orari fino a Cuba.

Guantanámo Bay è una piccola baia, a sud-est di Cuba, oggetto di un (illegittimo) contratto di affitto. Nel 1903, Theodore Roosevelt e l’allora presidente cubano Thomas Estrada Parlma avevano stipulato un contratto con cui la base militare di Guantánamo restava sotto la sovranità cubana ma, al contempo, era assoggettata al controllo e alla giurisdizione americana. Da qui il paradosso: quale legge trova applicazione a Guantanamo?

Senza dubbio, non quella di Fidel, visti i rapporti USA-Cuba, ma nemmeno la garantista legge statunitense. Il risultato è ben descritto da quello che gli accademici chiamano in modo convenzionale e vezzeggiativo: ilLegal Black Hole.

Torniamo alla nostra storia.

Al Nashiri è trasferito nel carcere militare di Guantanamo. Carcere costituito da vari campi di internamento, ognuno con modalità di trattamento differenziato, commisurate alla gravità dell’accusa a carico del detenuto.

In origine, Guantanamo era rinomata per Camp X-Ray, il campo a indice di sorveglianza “massimo”. Celle di dimensioni ridottissime (due metri per due), fatte di un reticolato metallico come se fossero gabbie, esposte agli agenti atmosferici (e alle alte temperature cubane) di giorno e ai fari costantemente accesi di notte, affinché le guardie possano effettuare un “monitoraggio a raggi X”. Nel 2002, a seguito di molte polemiche e denunce,  X-ray è stato chiuso e sostituito da Camp Delta: stie al coperto di metri 2,5 x 2.

A questi, si aggiunge Camp Echo, il campo di isolamento, Camp Four, che accoglie i detenuti disposti a collaborare con le autorità, e Camp Iguana, ove si trovano i minori di quindici anni.

Salvo che negli ultimi due, vige nella prigione la pratica dell’isolamento: i prigionieri hanno diritto a uscire dalle loro celle solo tre volte a settimana per venti minuti, cui seguono cinque minuti di doccia. Ben lungi dal diritto a condizioni di alloggio sane (in locali interamente al riparo dall’umidità, sufficientemente riscaldati e illuminati), previsto tanto dal diritto umanitario, quanto dai diritti umani.

Questione 2: i trattamenti crudeli, disumani e degradanti

Guantanamo è tristemente nota anche per il singolare “abbigliamento” dei detenuti: essi sono rasati, indossano una tuta arancione, mascherina, cuffie, occhiali neri, guanti. Non il massimo del comfort, ma – secondo il Governo – questi “accessori” sarebbero necessari per l’igiene e la salute dei detenuti in quanto guanti e mascherina servirebbero ad arginare il rischio di contagio di malattia. Ma incomprensibile resta la necessità di occhiali e cuffie.

Più probabile è la tesi secondo cui il kit del detenuto di Guantanamo sia necessario alla deprivazione sensoriale.  Pratica che, utilizzata nei campi di internamento coreani durante la seconda guerra mondiale, funge da strumento di tortura in quanto produce nel detenuto ansia, allucinazioni, depressione, ma soprattutto terrore.

Il motivo?

La detenzione a Guantanamo dei presunti terroristi avrebbe non una mera funzione punitiva, ma il preciso obiettivo di rintracciare gli affiliati della rete terroristica di Al Qaeda. I detenuti vengono tenuti in una condizione di stress e terrore costante, affinché siano “collaborativi” negli interrogatori.

Interrogatori le cui esatte modalità di svolgimento restano ad oggi ufficialmente segrete, ma che il gossipmediatico ha riportato in termini di: schiaffi, l’imposizione di stare in piedi per più di quaranta ore, l’internamento del detenuto nudo in una cella a temperatura di circa 50 gradi Fahrenheit (10 gradi Celsius), la privazione del sonno.

Condizioni di trattamento estranee al diritto dell’individuo a essere trattato in modo umano nel periodo di internamento e al diritto a non subire punizioni crudeli, straordinarie e contrarie ai diritti civili. Per non menzionare banalmente il divieto erga omnes di tortura, a fronte del quale nessuno può essere sottoposto a trattamenti che infliggono dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, al fine di ottenere informazioni o confessioni.

Dopo ben 5 anni di soggiorno a Guantanamo, Solo il 20 aprile 2011, il Ministero della Difesa americano incrimina Al Nashiri di omicidio in violazione delle leggi di guerra e terrorismo. È accusato di due attentati: il primo, il 12 ottobre 2000 nello Yemen, contro la portaerei americana Cole in cui furono uccisi 17 marinai americani e feriti altri 40; il secondo, il 6 ottobre 2002 nel golfo di Aden contro la petroliera francese Mv Limburg,  che causò la morte di un membro dell’equipaggio. Pena richiesta dal General Attorney: pena di morte.

Questione 3: i capi d’accusa

Non si può far a meno di notare la soave contraddizione del capo di accusa: omicidio in violazione delle leggi di guerra.

Forse non tutti sanno in guerra i combatant hanno licenza di uccidere.

Sembra dunque difficile immaginare come in tempo di guerra possa configurarsi un omicidio.

Sorge dunque la domanda: quale violazione delle leggi di guerra? E soprattutto: si applica il diritto di guerra?

Secondo capo d’accusa: terrorismo.

Sorge qui uno dei più accesi dibattiti della storia del diritto: cos’è il terrorismo?

Nel diritto internazionale, generale o di guerra, il terrorismo non si è mai tradotto in una precisa norma incriminatrice, visto che da un lato il fenomeno terroristico è estremamente ambiguo e polimorfico, dall’altro la comunità internazionale non riesce a concordare su una definizione unica probabilmente perché risulterebbe comprensiva di troppe condotte degli Stati.

Tale reato esiste ad oggi solo nel codice penale americano e dunque, ove gli Stati Uniti intendano avvalersene, dovrebbero non solo dichiarare inapplicabile il diritto di guerra, ma anche riconoscere l’applicabilità del diritto americano.

Al Nashiri risponderà dunque di crimini di guerra, ma non di guerra, e per terrorismo secondo la legge penale americana, inapplicabile a Guantanamo Bay.

Questione 4: le Corti giudicanti
I detenuti di Guantanamo sono giudicati dalle famigerate Military Commission, create nel 2001 e riformate prima nel 2006 e dopo nel 2010, per conformarsi alle condanne di illegittimità pronunciate dalla Corte Suprema americana.Le commissioni militari non sono conformi né al diritto internazionale umanitario, né ai diritti umani. In entrambi vigerebbe infatti il fair process.

Queste due semplici parole si declinano in 4 fondamentali diritti: (1) l’imparzialità, (2) l’indipendenza e (3) la precostituzione per legge del giudice, nonché (4) la ragionevole durata del processo.

Si pensi che le Commissioni militari dinanzi alle quali sono giudicati i detenuti di Guantanamo sono nominate dal Ministero della difesa e che i loro membri sono sostituibili ove il Segretario alla difesa lo ritenesse opportuno.

Riguardo alla durata del processo, il processo è solo eventuale e Al Nashiri è venuto a conoscenza del suo capo d’accusa dopo 9 anni di detenzione preventiva, quando secondo il diritto internazionale, in nessun caso, nessun prigioniero di guerra o imputato di crimini nazionali può essere tenuto in detenzione preventiva per un periodo superiore a 3 mesi.

A ciò si aggiunga che gli imputati di terrorismo o crimini di guerra non hanno diritto a un difensore legale di propria scelta, ma che hanno il beneficio di poter scegliere il proprio legale tra una rosa di nomi di avvocati militari statunitensi. Inoltre, essi non hanno accesso ai documenti che li riguardano in quanto top secret.

In conclusione, gli Stati Uniti dichiarano applicabile il diritto dei conflitti armati ove i diritti umani impongano vincoli stringenti e, viceversa, applicano i diritti umani qualora il diritto di guerra rischi di limitare il loro arbitrio.

Sarebbe opportuno una chiara scelta da parte dello Stato che vanta, quale baluardo della democrazia, la rule of law.

Se si riconosce che quello in Afghanistan è (o è stato) un conflitto internazionale, allora troverà applicazione il diritto umanitario il quale prevede: l’imputabilità per i soli crimini di guerra, il diritto a non essere vittima di trattamenti disumani e degradanti, il diritto al giusto processo e il diritto al rilascio al concludersi del conflitto.

Se invece si continua – come ora – a negare l’internazionalità del conflitto contro Al Qaeda, e a negare lo status di prigionieri di guerra ai detenuti catturati nel corso della war on terrorism, si applica la lex generalis dei diritti umani, i quali in materia di trattamento dei detenuti e di giusto processo hanno vincoli ancora più stringenti.

Intanto continuano le condanne a livello internazionale dalle Organizzazioni Umanitarie, dal mondo accademico e giuridico, e soprattutto – in modo più incisivo – dalle Corti nazionali americane che accolgono i ricorsi dei detenuti, malgrado siano state dichiarate dal Governo incompetenti territorialmente. Si ricordi inoltre che la promessa elettorale dell’attuale Presidente Obama di chiudere Guantanamo è stata puntualmente disattesa in quanto l’approvazione dei fondi per la chiusura è stata respinta nella Finanziaria del 2010.

Gtm prisoners
A file photo shows detainees sitting in a holding area watched by military police at Camp X-Ray inside ...
National_Geographic_Guantanamos_Secrets
National_Geographic_Guantanamos_Secrets

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