Jennifer Egan
L’America priva di storia rincorre lo sviluppo industriale e tecnologico a ritmi vertiginosamente esponenziali, cancellando le pochissime (rispetto alla civiltà europea) tracce del proprio passato. Così i personaggi – sradicati ed emarginati, ansiosi di dimenticare il loro passato, non scelto e non amato, o spezzati da crisi profonde – rincorrono il mito di una realtà altra in cui avere ciò che desiderano o essere ciò che vorrebbero. Ma il percorso intrapreso, presupponendo la distruzione delle proprie radici, è esiziale. La struttura “a ciclone” del romanzo riflette tale percorso a livello formale. I personaggi, in continuo movimento (per evoluzione interiore e spostamenti fisici), tutti misteriosamente collegati tra loro, sono destinati a incontrarsi e a convergere verso Rockford. La narrazione procede verso il finale (collocato cronologicamente nel futuro), ma si inoltra contemporaneamente nel passato dei personaggi che gradualmente si svela, in un significativo intersecarsi e sovrapporsi di linee temporali. Più ci si vuole allontanare dal passato, più lui – il grande assente che si sperava morto – torna prepotente. Mentre i destini dei personaggi si intrecciano sempre più saldamente. Fino all’arresto finale in una sorta di “occhio del ciclone”: Rockford, dove dovrebbero svelarsi i particolari sull’incidente di Charlotte fino a quel momento sottaciuti. In quell’“occhio” dove potrebbero trovarsi la quiete del ricongiungimento con sé stessi e insieme lo scioglimento dell’intreccio, la spirale giunge al suo collasso. Nella Rockford fantasmatica, lo scioglimento è mancato: la verità sull’incidente, oggetto di ricostruzione all’interno del reality show, viene falsificata. Alle proteste di Charlotte che, prima tra tutti, aspetta di vedere ciò che le è veramente accaduto, il produttore obietta: «Dimenticati quello che è successo. È successo questo, anzi, non è ancora successo nulla! Può succedere come vogliamo noi!». Il passato si perde, per sempre. E, con lui, l’identità. L’unica possibile. Quella che affonda le sue radici non in un nuovo costruito sulla distruzione del passato, ma nel recupero della propria storia. «Un mondo ricreato con i circuiti è un mondo senza storia, senza contesto, senza senso, e poiché noi siamo ciò che vediamo, noi siamo ciò che vediamo, un mondo così è certamente destinato alla morte». Parole dell’apocalittico Moose. Non così delirante, in fondo. Lo sapevamo. Ma, a libro chiuso, ancora sentiamo l’urlo della giovane Charlotte. (già apparso in http://www.sulromanzo.it/blog/guardami-di-jennifer-egan)Magazine Cultura
"Guardami" di Jennifer Egan - un romanzo sulla perdità dell'identità nella civiltà dell'immagine
Creato il 29 ottobre 2013 da MichelamPossono interessarti anche questi articoli :
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