L’11 settembre 2001 non è stata (rap)presentata la realtà dei fatti ma il modo di (rap)presentarla – che è cosa diversa. In tal senso non è il cinema ad aver anticipato gli eventi, ma è la storia per immagini a essersi adeguata a una certa norma spettacolare di rendere la realtà. Insomma, è come se il regista della CNN e persino gli occasionali cineamatori che hanno documentato la catastrofe si fossero ispirati a King Kong e a Independence Day. Senza che ce ne rendessimo conto, la realtà veniva (rap)presentata proprio come l’aspettavamo. Quelle sequenze le avevamo già viste, facevano già parte del nostro immaginario.
L’attentato e il successivo crollo delle Twin Towers sono stati uno spettacolo di una potenza terribilmente grandiosa. Aerei che si schiantano contro grattacieli tra i più alti mai costruiti dall'uomo... Coloro che hanno ripreso quelle sequenze ne hanno subito il fascino perverso proprio come chi le guardava in televisione. Quanti di noi, quell’11 settembre 2001, sono rimasti ipnotizzati davanti allo schermo per tutto il pomeriggio: sconvolti dall’orrore eppure in qualche misura catturati, come san Giorgio davanti al drago. Per descrivere la fascinazione che un accadimento rovinoso suscita nell’animo umano, viene da scomodare Lucrezio: “È bello, quando sul mare si scontrano i venti e la cupa vastità delle acque si turba, guardare da terra un naufragio lontano…”.
L'effetto cinematografico non è stato casuale, è stato deliberato. I terroristi hanno scelto le Twin Towers perché rappresentavano in effetti un simbolo, ma probabilmente perché avevano previsto l’impatto spettacolare, oltre che emotivo, degli attentati. Hanno persino calcolato l’ora in cui questi si sarebbero svolti, le nove del mattino di New York, in modo che potessero avere la massima risonanza possibile. L'ora in cui il popolo americano si sveglia, accende la tv, prepara il pan cake, dà un'occhiata alla CNN... Tutti quelli che hanno filmato o visto l’evento si sono comportati esattamente come quegli automobilisti che rallentano per guardare un incidente (i quali, a loro volta, sono spesso causa di ulteriori tamponamenti a catena). Effetto raccordo anulare, secondo Umberto Broccoli. Sfido chiunque a dire che il regista della CNN in quel momento non era sedotto dalla forza malvagia della visione come lo eravamo, noi spettatori inermi, ghermiti da quello spettacolo spaventosamente immane, da quella vita che in diretta si tramutava in morte.
Noi abbiamo visto ciò che qualcuno aveva deciso di farci vedere (non vado a scomodare Baudrillard). Ma una realtà in cortocircuito continuo con la rappresentazione di se stessa significa che non esiste più? In un mondo in cui l'esperienza sensibile degli accadimenti passa in secondo piano perché la maggior parte delle informazioni che riceviamo durante la giornata è mediata, cosa è reale? Chi si rifà a chi? Cosa si rifà a cosa?