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Guarire attraverso l’arte

Creato il 10 novembre 2015 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

Alejandro Jodorowsky.
Scrittore, saggista, drammaturgo, regista teatrale, fumettista, musicista. Se questo non bastasse è anche uno studioso di tarocchi. La sua poliedricità è il risultato di una vita artistica straordinariamente produttiva ed eclettica.
Nato in Cile nel 1929, figlio di emigrati ebraico-ucraini, Alejandro viene concepito in un atto di violenza. Suo padre, certamente non uno stinco di santo, aveva il vizietto di alzare le mani sulla madre. Al culmine di un litigio, Jaime Jodorowsky picchia e violenta la moglie, mettendola incinta.
È questo uno degli elementi chiave dell’infanzia di Alejandro: cresciuto con una madre che odiava il marito e detestava il figlio come frutto della violenza, osteggiato da una sorella maggiore vorace di attenzioni e con un padre che non era certo un esempio di umanità, Alejandro cerca fuga nei libri e nella poesia.
Fin qua tutto bene, si fa per dire. Come altri artisti dal passato tormentato, il rifugio di Alejandro è l’arte. Ma lui non si accontenta, in pieno stile sudamericano. In tutta la sua produzione artistica, sia essa fatta di parole, di immagini o di performance teatrali, il filo conduttore è la fame. La fame che Jodo ha nei confronti della realtà.
Con uno stile grandguignolesco, surreale, carico di figure grottesche e di eventi ai limiti del soprannaturale – ma che altro non sono che pretesti per innestare simbolismi e meta significati – Jodorowsky dipinge un mondo delirante e al contempo incredibilmente prossimo a quello reale.
In maniera del tutto simile ad altri grandi autori sudamericani (Marquez, Borges, Cortàzar) utilizza elementi fantastici per ritrarre una realtà che è assolutamente terrena. Attingendo a piene mani nel simbolismo della sua terra, Jodorowsky aggiunge all’equazione elementi tipici della cultura mitteleuropea. Ci troviamo così di fronte a un’arte densa, polisemica e che strizza l’occhio alla follia.

el_topo
Il cinema e la mistica
Jodorowsky è conosciuto principalmente per i suoi film. Si tratta di pellicole che sono diventate di culto, piene di surrealismo, magia e sangue, con un climax che sfocia nel misticismo.
El Topo (1971) è la pellicola di esordio di Jodorowsky e forse il suo maggior successo. Definita acid western, è la storia di un pistolero messicano in cerca di redenzione spirituale. El Topo è carico di simbolismi: se da un lato è possibile ravvisare nelle vicende del protagonista una metafora dell’Antico e del Nuovo Testamento, dall’altro è evidente il richiamo al mito della caverna di Platone.
Passano solo due anni prima del secondo grande successo di Jodorowsky: nel 1973, al 26° Festival di Cannes, viene presentato La Montagna Sacra. Ancora una volta il regista presenta una storia di metamorfosi spirituale, narrata attraverso i simboli più disparati. Nella stessa pellicola troviamo tarocchi, alchimia, ermetismo e allusioni alla religione cristiana. Il finale poi, è costruito per generare straniamento: in un gioco di scatole cinesi riporta lo spettatore alla realtà, incerto sulla natura di ciò che ha appena visto.
Passano ben sedici anni prima che Jodorowsky, nel frattempo impegnato su diversi fronti, produca una nuova pellicola. Santa Sangre (1989) è un film nel quale la religione e la mistica la fanno da padroni, ma che vede il suo vero impianto basato su motivi psicanalitici. È questo l’effetto della sua evoluzione personale nel tempo: la Psicomagia è entrata a piena forza nell’arte di Alejandro Jodorowsky.

La montagna sacra
Psicomagia
La vita di Jodo ha tutti i tratti di uno dei suoi lavori. Non a caso i suoi due romanzi – Quando Teresa si arrabbiò con Dio (Feltrinelli, 1998) e Il figlio del giovedì nero (Giunti, 2003) hanno forti componenti autobiografiche, immerse e permeate del consueto simbolismo surreale che pervade molta della letteratura sudamericana (un esempio su tutti Cent’anni di Solitudine di Marquez). Gli stessi elementi che possiamo trovare nelle sceneggiature dei suoi fumetti, realizzati in collaborazione con alcuni giganti dell’illustrazione come Moebius, Manara e Gimenez.
Ma il lavoro forse più incredibile svolto dall’artista cileno è proprio la sua Psicomagia.
Il surrealismo, per Jodorowsky, è sempre stato qualcosa di più di un semplice mezzo per descrivere la realtà. Il surrealismo è il fulcro attorno al quale è possibile pensare un esistenza migliore e libera. Dall’incontro con una guaritrice messicana, Alejandro inizia a sviluppare una nuova forma d’arte performativa, con lo scopo di guarire le persone attraverso atti effimeri, apparentemente privi di logica ma strettamente correlati con l’origine del malessere del paziente.
Il dirompente atto emotivo, nella teoria della Psicomagia, diviene catarsi in grado di spezzare una visione cristallizzata del problema.
È forse questo il vero nucleo dell’arte di Alejandro Jodorowsky. Al pari dei personaggi narrati nei suoi film e nei suoi romanzi, l’obiettivo finale è una metamorfosi di vita, da merda in oro, come recita l’alchimista al ladro ne La Montagna Sacra. L’arte di Jodorowsky è votata al mutamento attraverso il simbolo, atto effimero durato una vita, fondamentale per lo stesso autore nel processo di guarigione delle sue ferite d’infanzia.

Jodorowsky

Alberto Della Rossa



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