Non me ne vogliano i Francesi, che pure son tanto meritevoli come pasticceri, ma questo dolcetto è, a dir del vero, intrigante quasi quanto un macaron.
Il guelfos o guelfus o gueffus o sospiro o suspiros (se comprende la variante della glassa) è una rosa infinita di nomenclature per un composto formato da una scarna quantità di ingredienti, non di più e non di meno di tre: mandorle, zucchero e acqua profumata messi assieme con la probabile intenzione di far sospirare (dalla quale potrebbe derivare uno dei nomi). Ed è quasi un mistero capire perché si chiami in molti modi, anche se, tra tanti sospiri, questo è l’ultimo dei pensieri. Sono state formulate, a tal proposito, varie supposizioni, più o meno avvalorate. Opinioni storiche, dicerie fantastiche, teorie romantiche (che poi son sempre le più avvincenti).
La storia ci suggerisce che furono gli Spagnoli, durante la loro lunga dominazione, ad insegnare in Sardegna l’arte del Guelfus, quando lo zucchero, protagonista della ricetta assieme alle mandorle, era diventato un ingrediente di uso comune. Ma a ben pensarci, in Spagna, non esiste niente di simile se non l’evocativo huelvos dolce, evocativo non per ingredienti medesimi ,ma per i fonemi diversi. Oppure esistono i suspiros, che in pratica sono le meringhe e non sono la stessa cosa.
Invece, la fantasia di una brava scrittrice sarda, fa risalire il nome ai tagli di forbice impressi nella carta colorata che lo avvolge: a forma di merli delle torri ghibelline tardo medioevali. Resta infine l’idea romantica: il guelfus prenderebbe il nome da Guelfo della Gherardesca (a dispetto del nome era un ghibellino) che sposa la bella Elena figlia del re Enzo di Sardegna e si trasferisce da Pisa a Villa di Chiesa, l’attuale Iglesias. Ma non ci sono fonti esatte che attestano la nascita del dolcetto nel tardo Medioevo, periodo nel quale lo zucchero era merce assai preziosa usata solo dagli speziali.
Una bella mescolanza, quindi, soprattutto buona, in mezzo alla quale cercare la verità diviene quasi un azzardo. Rimane, però, una certezza: chi ritorna dalla Sardegna non può non portare i Gueffus in valigia, così come non può conservare il suo mare stupendo negli occhi e nel cuore.
Zucchero semolato 250 g
Maraschino ( o anice, o mirto) 1 bicchierino (circa 1 dl)
Acqua di fiori d’arancio 1 bicchierino (circa 1 dl)
Acqua 1/2 bicchiere
Buccia grattugiata di un limone
Zucchero semolato per rivestire
Per eseguire la ricetta vi serviranno: mixer, casseruola, bilancia per dosare, gratella
Sono necessari circa 20 minuti e il riposo
Tritate le mandorle con il mixer (è possibile usare farina già pronta). Mettere nella casseruola mezzo bicchiere di acqua , lo zucchero, il liquore scelto, l’acqua di fiori d’arancio e la buccia grattugiata del limone. Portate ad ebollizione e cuocete sempre mescolando per 5 minuti. Aggiungete la farina di mandorle e continuate a cuocere fino a che tutti i liquidi non saranno evaporati. Togliete il composto dal fuoco e rovesciatelo su un largo piatto per raffreddarlo. Quando la temperatura lo consentirà, inumiditevi leggermente le mani, prelevate della palline grandi quanto una noce e arrotolatele tra i palmi. Rivestitele poi con zucchero semolato. Mettetele su una gratella fine ad asciugare almeno per un giorno. Potete avvolgere i dolci in carta velina colorata. Si conservano per molto tempo.
Felice giornata a tutti!