Khalid al Shami appare sconvolto mentre entra nella sua nuova casa nel campo rifugiati di Al Azraq, nel deserto orientale della Giordania. Lui e la sua famiglia sono tra i primi profughi siriani arrivati in questa nuova struttura, destinata a diventare il più grande centro di raccolta per i rifugiati in fuga dal Paese in preda al conflitto civile.
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“Tutto sembra irreale, dal momento che abbiamo lasciato la nostra casa a Sheikh Meskin fino adesso che siamo arrivati in Giordania”, racconta all’ANSA con aria stanca Shami, che ha 46 anni. Ma con moglie, sei figli, genitori anziani e due fratelli, è sollevato di avere trovato alla fine un posto in cui sistemarsi, dopo il difficile viaggio dalla sua città investita dai combattimenti.
Shami racconta di avere pagato duemila dollari a qualcuno che si e’ incaricato di portare lui e i familiari in Giordania, passando attraverso aree di conflitto ed evitando i posti di blocco nella campagna di Daraa, nel sud della Siria. “Non mi sono schierato contro il governo – dice – ma avevo paura che se i soldati ci avessero scoperto mentre cercavamo di fuggire, mi avrebbero arrestato”.
I ribelli combattono contro le forze lealiste in tutta la regione occidentale della provincia di Daraa, e Sheikh Meskin, la città di Shami, è stata teatro di duri scontri e bombardamenti da parte delle forze del regime. “Abbiamo cercato di rimanere quanto potevamo nelle nostre case, ma alla fine non è più stato possibile”, dice. Shami è stato tra le prime centinaia di rifugiati siriani entrati nel campo di Al Azraq, inaugurato questa settimana dal ministro degli Esteri giordano Nasser Judeh e che potrà ospitare fino a 130.000 persone.
Il campo, costruito vicino ad una piccola città cento chilometri a est di Amman con un finanziamento di 45 milioni di dollari, è dotato di alloggi prefabbricati e roulotte. Il suo direttore, Atef al Omoush, ha detto che avrà due scuole, per una capacità complessiva di 10.000 studenti, e un ospedale con 130 posti letto. Almeno una parte dell’energia necessaria sarà prodotta con pannelli solari. Nella pianificazione della struttura si è cercato di trarre insegnamento dai problemi sorti nel più grande dei cinque campi già esistenti, quello di Al Zaatari, dove una serie di proteste, anche violente, sono scoppiate a causa delle difficili condizioni di vita.
Secondo i dati ufficiali, sono 600.000 i profughi siriani attualmente in Giordania, ma il governo afferma che il numero è superiore perchè molti non sono stati registrati dall’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr). In un alloggio vicino a quello di Shami, Abu Mohammad, un rifugiato dalla provincia di Homs, è seduto per terra e osserva i suoi bagagli sparsi intorno, ancora incredulo per quello che gli è successo. Dapprima è fuggito da Homs a Damasco, e poi è scappato anche dalla capitale, con la moglie e i quattro figli.
“Abbiamo perso tutto – dice – tre miei fratelli sono stati uccisi, la mia casa a Jurat al Shayah e’ stata distrutta, e adesso siamo nel deserto e non sappiamo quello che ci aspetta”. “Quando siamo andati a Damasco, avevo con me dei risparmi che ci hanno aiutato a vivere – continua – ma quando il denaro è finito non ho avuto altra scelta che lasciare il mio Paese”. La sventura di Abu Mohammad è simile a quella di milioni di altri siriani sfollati a causa della guerra, che in tre anni ha provocato circa 160.000 morti. Lui e Shami tirano un sospiro di sollievo, ora che hanno trovato un alloggio. Ma è solo una soluzione temporanea. “Qui siamo al sicuro, ma non sappiamo quello che ci accadrà dopo”, dice Abu Mohammad, mentre comincia a svuotare le sue borse.
(ANSAMed)