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Creato il 18 novembre 2012 da Francosenia

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La Guerra Contro Gli Ebrei
Perché nella crisi economica l'opinione pubblica si volge contro Israele

di Robert Kurz

Le reazioni politiche alla guerra di Gaza mostrano che quanto più critica è la situazione militare di Israele minore è il numero dei suoi amici. Avviene uno slittamento tettonico nei rapporti di forza. Da sempre il Medio Oriente è stato il palcoscenico non di conflitti limitati agli interessi regionali, ma di un conflitto per procura paradigmatico e con una forte carica ideologica. Nell'epoca della Guerra Fredda, il conflitto tra Israele e Palestina era visto come il paradigma dell'antagonismo tra un imperialismo occidentale capeggiato dagli USA e un campo "anti-imperialista", la cui leadership era disputata dall'Unione Sovietica e dalla Cina. Da entrambi i lati la propaganda ignorava in quella circostanza il duplice carattere dello Stato di Israele che, da un lato, è un normale paese moderno nel quadro del mercato mondiale, dall'altro, però, costituisce la risposta degli ebrei all'ideologia di esclusione eliminatoria dell'antisemitismo europeo e soprattutto tedesco. Israele è stata sussunta a una costellazione politica mondiale dalla quale non si è mai staccata.
Dopo il collasso del socialismo di Stato e dei "movimenti di liberazione nazionale", che avevano formulato un programma di "sviluppo in ritardo" con base nel mercato mondiale, la natura del conflitto per procura si è modificata profondamente. Nel Medio Oriente e non solo, al posto dei secolari regimi “sviluppisti” è emerso il cosiddetto islamismo, che solo in apparenza si presenta come movimento religioso tradizionale. In realtà si tratta di un'ideologia di crisi culturalista postmoderna da parte delle élites, da tempo occidentalizzate, dei paesi islamici, le quali rappresentano il potenziale autoritario della postmodernità e assorbono l'antisemitismo europeo totalmente non-islamico. In questa regione, i segmenti del capitale che sono crollati sul mercato mondiale hanno dichiarato guerra agli ebrei come combattimento paradigmatico contro il dominio occidentale. Inversamente, l'imperialismo di crisi occidentale, con gli Usa alla testa, ha trasformato l'islamismo nel nuovo nemico principale, dopo averlo allattato e rifornito di armi durante la Guerra Fredda.
Questa nuova costellazione ha portato a confusioni ideologiche di una dimensione mai immaginata. Il neoliberismo, con la sua guerra per l’ordine mondiale contro gli “stati falliti” nelle regioni provate dalla crisi e nel medio oriente sembrava identificarsi con Israele. Da allora, nel mondo intero correnti neofasciste si sono allineate con la "lotta di resistenza" islamica antisemita, nonostante allo stesso tempo fomentassero sentimenti razzisti nei confronti degli immigrati provenienti dai paesi islamici. Inoltre, una larga parte della sinistra globale ha cominciato a trasferire la glorificazione del vecchio “anti-imperialismo” ai movimenti e regimi islamici. Ciò si può definire unicamente come abbandono, poiché l'islamismo è contro tutto quello che la sinistra ha sempre difeso; esso perseguita senza pietà qualsiasi forma di pensiero marxista con la repressione e la tortura, punisce l'omosessualità con la pena di morte e tratta le donne come esseri umani di seconda classe. Tuttavia la responsabilità di ciò non deve essere attribuita a nessuna religione tradizionale; piuttosto, è il risultato del patriarcato capitalista in crisi, che in modi differenti si rende visibile anche in Occidente. La diabolica alleanza tra il caudillismo "socialista" di Hugo Chávez e l'islamismo rappresenta solo la ratificazione di questa decadenza ideologica sul piano della politica mondiale, senza alcuna prospettiva emancipatrice.
Dopo il recente crash finanziario senza precedenti dell'autunno 2008 la costellazione mondiale gira ancora una volta. Adesso diviene chiaro che il collasso del socialismo di stato e dei regimi di sviluppo nazionale furono solo il preannuncio di una più grossa crisi dei mercati mondiali. Il neoliberismo è andato in rovina e le guerre dell'ordine mondiale capitalistico non possono più essere finanziate. In questa situazione diventa chiaro che Israele era nulla più che una pedina nella scacchiera dell'imperialismo di crisi globale. Già l’amministrazione Bush aveva finito per considerare inoffensivo il programma iraniano di armamento atomico. Gli interessi degli USA e di Israele si vanno separando: Obama non dispone più di un qualche margine di manovra politico-militare. La guerra islamica contro gli ebrei è accettata come inevitabile. Per questo i lanci di missili di Hamas sulla popolazione civile israeliana paiono insignificanti; l'opinione pubblica globale prevalente indica il contro-attacco israeliano come "sproporzionato". I palestinesi a Gaza sono equiparati a vittime con Hamas, come se questo regime non avesse imposto una sanguinosa guerra civile contro la laica Al Fatah.
Così la propaganda islamica del massacro della popolazione civile cade su un terreno fertile. Infatti, Hamas - esattamente come gli Hezbollah libanesi nel 2006 – ha preso le popolazioni in ostaggio, ha trasformato le moschee in depositi di armi e i quadri armati hanno lasciato che si facesse fuoco da ospedali e scuole. L'opinione pubblica mondiale non dà importanza a questo, poiché ormai riconosce Hamas come "forza d'ordine" nel mezzo della crisi sociale. Per questo il pragmatismo capitalista si volge sempre di più contro l'autodifesa israeliana, come si può osservare perfino nella stampa borghese liberale. Questo è attualmente il segreto della svolta neo-statale di fronte alla caduta dell'economia globale: le masse depauperate devono essere pacificate autoritariamente, e a questo scopo persino l'islamismo è nel giusto, tanto più se formalmente legittimato con la democrazia. La stessa sinistra, che non ha più obiettivi socialisti e si gloria della postmoderna "perdita di certezze", corre il rischio di essere assorbita dall'amministrazione autoritaria di crisi e come suo fiancheggiamento ideologico accettando l'inevitabilità della guerra islamica contro gli ebrei. Il conflitto per procura ha raggiunto una dimensione sociale sul piano globale. Contro il mainstream ideologico si deve osservare che l'eliminazione di Hamas e di Hezbollah è condizione elementare non solo di una pace capitalista precaria in Palestina, ma anche di un miglioramento delle condizioni sociali. Se le chances per questo sono cattive, sono buone per la disgregazione della società mondiale nell’imbarbarimento.

- Robert Kurz - Pubblicato in Folha de S. Paulo, 11.01.2009.

Original DER KRIEG GEGEN DIE JUDEN in www.exit-online.org.

fonte: http://ozioproduttivo.blogspot.it


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