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Guerrieri e Amanti

Creato il 20 ottobre 2012 da Marino Maiorino
Nella lettura del mio romanzo ci si imbatterà in un personaggio, Pelagíos, un guerriero Tebano reduce dalla battaglia di Cheronea (338 a.C.) e che aveva fatto parte del Battaglione Sacro.
Accanto alla tradizione che vuole i trecento uomini di questo speciale corpo d'élite totalmente sterminati nel corso della battaglia, un'altra sussiste che vuole la morte di 254 dei trecento, e la sopravvivenza di pochissimi.
Ma prima di procedere oltre col post, leggiamo cosa ci racconta Plutarco nella sua Vita di Pelopida, 18, di quest'eccezionale corpo d'armata.
Il Battaglione sacro, ci raccontano, fu formato per la prima volta da Gorgida, da trecento uomini scelti, ai quali la città (Tebe) offrì esercizio e mantenimento, e che si accamparono nella Rocca Cadmeia; per la qual ragione, inoltre, essi venivano chiamati il battaglione della città; perché le cittadelle in quei giorni erano propriamente chiamate città. Ma alcuni dicono che questo battaglione era composto da amanti e amati. E si cita una spiritosaggine di Pammenes, nella quale egli disse che il Nestore di Omero non fu un gran stratega quando incitò i Greci a formare compagnie per clan e tribù,
“Dimodoché il clan potesse dare assisternza al clan e la tribù alla tribù”
dal momento che avrebbe dovuto porre l'amante accanto all'amato. Perché gli uomini di una stessa tribù e di uno stesso clan tengono in poco conto i loro compagni in tempi di pericolo; al contrario, un battaglione che è tenuto insieme dall'amicizia tra amanti è indissolubile e non può essere disfatto, dal momento che gli amanti si vergognano di fare i codardi al cospetto dei loro amati, e gli amati al cospetto dei loro amanti, ed entrambi restano fermi nel pericolo per proteggersi l'un l'altro.
Né ciò fa meraviglia, giacché gli uomini hanno più riguardo per i loro amanti, anche quando sono assenti, che per altri che sono presenti, com'era vero per colui che, quando il suo nemico stava per ammazzarlo lì dove egli giaceva, lo incitò prontamente a trapassargli il petto con la spada, “affinché”, disse, “il mio amato non debba arrossire alla vista del mio corpo con una ferita alla schiena.”
Si narra anche che Iolao, che condivise le fatiche di Ercole e combatté al suo fianco, era il suo amato. E Aristotele dice che persino nei suoi giorni la tomba di Iolao era un luogo presso il quale amanti e amati si promettevano mutua fedeltà. Era naturale, dunque, che il battaglione dovesse anche chiamarsi sacro, perché persino Platone chiama l'amante un amico “ispirato da Dio.”
Si dice, inoltre, che la banda non fu mai battuta, fino alla battaglia di Cheronea; e quando, dopo la battaglia, Filippo osservava i morti, e si fermò sul luogo dove i trecento giacevano, tutti dove avevano affrontato le lunghe lance della sua falange, con la loro armatura, e abbracciati l'uno all'altro, egli fu sorpreso, e apprendendo che questo era il battaglione degli amanti ed amati, scoppiò in lacrime e disse: “Periscano miserabilmente coloro che pensano che questi uomini abbiano fatto o subito alcunchè di vergognoso.”
Quella di un corpo di omosessuali che fossero al tempo stesso guerrieri feroci, temuti e rispettati persino nell'ora della loro sconfitta è certamente un'immagine aliena all'“evoluta e priva di pregiudizi” società moderna. Ovviamente, in mancanza di comuni riferimenti culturali, la cosa non può essere altrimenti.
La rottura tra quella società e la nostra è la concezione negativa dell'atto sessuale, ancora peggio dell'atto sessuale non volto alla procreazione, ancora peggio dell'atto omosessuale, ci estraniano totalmente!
Molti personaggi dell'antichità hanno avuto esperienze omosessuali, e non ne facevano alcun mistero: nel Simposio Platone racconta di come un Alcibiade (il generale!) mezzo ubriaco bramasse essere nei desideri di Socrate; l'omosessualità di Alessandro Magno era conclamata; Cesare (sì, il grande Caio Giulio) era chiamato dagli uomini del suo esercito “l'uomo di tutte le donne e la donna di tutti gli uomini”...
Potremmo andare avanti per un pezzo, senza apportare altro all'evidenza: la società occidentale moderna ha un problema con la propria sessualità.
N.B.: con ciò non voglio dire che altre società dei nostri giorni siano privi di simili e/o peggiori problemi, ma cerco di parlare di ciò che conosco.
Espressa questa doverosa postilla, credo di poter apportare qualcosa ad una discussione che ha fatto parlare, indignare, ragionare e sragionare generazioni di persone certamente più qualificate di me?
Alle volte, non si vede ciò che è sotto i propri occhi. Anticamente non c'era un comportamento così isterico sull'argomento perchè in realtà sarebbe stato bizzarro che qualcuno dei personaggi su citati non avesse avuto moglie, o una donna. Socrate ebbe Santippe come moglie e Mirto come concubina, Alessandro ebbe un figlio da Roxane, Cesare cambiò moglie più volte, approdò a Cleopatra che gli diede Cesarione... Insomma, a che gioco giocavano?
Non giocavano a nessun gioco: un atto sessuale è di per sé abbastanza piacevole perché due persone mature e prive di inibizioni culturali sappiano se desiderano condividere quel tipo di esperienza con persone dello stesso sesso. Lo so, suona come rendere il sesso una specie di partita a carte tra amici; beh, loro si intrattenevano in modi anche più piacevoli con i loro amici, ed alle volte se ne innamoravano.
È oggi che la società è isterica al punto tale che anche quelle persone che apparentemente si dichiarano prive di pregiudizi, ne nutrono: l'orientamento sessuale non è più un aspetto privato della vita di un individuo, ma è quasi il suo biglietto da visita! Persino i personaggi pubblici salgono spesso alla ribalta delle cronache per imprese nella camera da letto, alcuni sbandierano la propria appartenenza ad una metà del cielo, all'altra, o a quelle intermedie, come se una cosa escludesse ovviamente tutte le altre, e dimenticando che l'essenza dello stare in intimità con un'altra persona è innanzi tutto questa: una questione di piacevole intimità. Ciò, indipendentemente dal sesso del partner.
Dov'è dunque la maturità emotiva di un personaggio che si bea delle proprie notti? Dov'è il suo affetto, il rispetto per la persona con la quale le ha condivise? E chi non ha rispetto per la persona con la quale ha condiviso la propria intimità, ne avrà per il resto della società?
Ma ancora una volta ho divagato assai più del dovuto. Ci sarà anche questo nel mio romanzo? No, non ce ne sarà niente, e per almeno due ottimi motivi: innanzi tutto, perché parlarne come ho fatto ora significherebbe che i miei personaggi avrebbero vissuto la cosa come un problema, cosa che evidentemente non poteva aver senso all'epoca; poi perché con questo post ho esaurito tutto ciò che ho da dire al riguardo, io stesso non avendo alcuna esperienza per poter trattare il tema più profondamente.
Semplicemente, Pelagíos ad un certo punto affermerà che egli ed il padre erano parte del Battaglione Sacro, e mi pare che in realtà nessun rapporto di amicizia può essere al pari di quello tra padre e figlio: un battaglione costituito da coppie di padre e figlio avrebbe davvero avuto le caratteristiche che descrive Plutarco perché, parafrasandolo,
i figli si vergognano di fare i codardi al cospetto dei loro padri, e i padri al cospetto dei loro figli, ed entrambi restano fermi nel pericolo per proteggersi l'un l'altro.

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