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Guest post: “Le «prove» rischiano di imbarazzare gli inquirenti che le hanno raccolte”

Creato il 02 giugno 2012 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato
 Interessanti le riflessioni del giornalista Diego Pistacchi su “Il Giornale” relative alcune delle vicende che sono emerse dalle intercettazioni apparse negli ultimi giorni. ….. se davvero Beppe Sculli e Safet Altic (l’ultrà rossoblù di origine slava) parlando tra loro nel corso della telefonata intercettata, girata a Cremona e pubblicata su tutti i media stavano organizzando un’estorsione, i magistrati cos’hanno fatto?  Il loro compito quale sarebbe stato?  Aprire immediatamente un fascicolo, indagare Sculli e Altic per un reato tanto grave e procedere, oppure mettere da parte il nastro in attesa di girarlo a qualche altro ufficio? Se c’è stata una tentata estorsione, un inquirente che non interviene può andare fiero un anno dopo di avere avuto in mano quelle «prove»? (…) Il concetto è identico anche ragionando su altri filoni. In particolare l’autogol degli inquirenti sembra clamoroso quando viene resa nota un’altra intercettazione. C’entra sempre Sculli, certo. Stavolta riceve un sms dall’ultrà Mxxxxxxx Lxxxxxxx. «Ok fratellino – scrive il tifoso al calciatore – tregua fino a Genoa-Siena. Poi liberi tutti. Con voi liberi di scappare. Se ci riuscite». Prego? Il 16 aprile, cioè 6 giorni prima che andasse in scena la vergogna del Ferraris, gli inquirenti sapevano tutto? Lo sapeva Sculli che era stato «avvisato», ma a quel punto lo sapevano anche quelli che intercettavano. E allora perche´ non hanno fatto nulla? Il dovere dei tutori della legge dovrebbe essere quello di evitare che si commettano reati. Eppure al Ferraris non erano presenti poliziotti in tenuta da ordine pubblico. Sul campo c’erano una decina di funzionari in borghese, armati di radiolina. Eppure sapevano da 6 giorni che i giocatori del Genoa erano stati «minacciati» dagli ultrà. Diffondere questa intercettazione sembra ora un gran brutto autogol. Soprattutto il presidente del Genoa Enrico Preziosi era stato smentito e dileggiato quando aveva detto che la questura non sembrava in grado di garantire l’incolumità dei giocatori. Molte posizioni e molte accuse piovute sulla società quel giorno, oggi potrebbero essere riviste alla luce del fatto che gli inquirenti sapevano da ben 6 giorni che per Genoa-Siena sarebbe successo qualcosa. Con i giocatori «liberi di scappare». Senza contare che la storia delle «porte» di Kaladze fatte passare come una parola in codice per gli scommettitori, sarebbe dovuta essere ben nota ai magistrati prima ancora di mandare certe carte a Cremona. Perch´ – rivelano adesso Marco Mariano e Eduardo Mariani, legali del georgiano – «le porte c’erano davvero e compaiono in un fascicolo di indagine passato da Alessandria a Genova. Le ipotesi? Un tentativo di truffa allo stesso Kaladze e ai fornitori». Cioè i magistrati sapevano, con documenti ufficiali alla mano, che le «porte» non erano messaggi in codice come invece hanno ipotizzato. Certo, il giornalista scrive dalla sede di Genova. Può essere, quindi, che sia di parte.Ma rimane corretta la riflessione, che fa scaturire un’altra domanda: cosa intendono fare il CSM ed il Ministero degli Interni?

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