Calci, il centro più importante della valle, il capoluogo del comune, è un ridente villaggio che circonda una grandiosa e severa pieve di origine anteriore al 1000, riordinata nel XII secolo. La costruzione a tre navate ha il solito tipo comune alle chiese pisane di quel tempo; ma più della fabbrica della chiesa, suscita il massimo interesse il grandioso fonte battesimale marmoreo, nelle cui facce sono scolpite in altorilievo figure e parti architettoniche e decorative da un artefice del XIII secolo.
CALCI — VEDUTA DEL TORRENTE ZAMBRA COL PONTE VECCHIO – Foto tratta dal libro “Il Valdarno da Firenze al mare”, 1906
Calci fu da tempo remoto sotto la dipendenza degli Arcivescovi di Pisa che ebbero il loro palagio nel superiore villaggio di Castelmaggiore e più e più volte ebbe a soffrire saccheggi e distruzioni per opera delle fazioni che dividevano le famiglie pisane e soprattutto delle milizie straniere che di tanto in tanto venivano a desolare le nostre terre.
Nella Valle di Calci esistono diversi importanti edifizi religiosi. Sotto il picco della Verruca è S. Agostino di Nicosia, un giorno convento dei Canonici Lateranensi, oggi dei Francescani, che conserva nella sua chiesa parte della struttura del XIV secolo.
CALCI – PROSPETTO DELLA CERTOSA DI CALCI – Foto tratta dal libro “Il Valdarno da Firenze al mare”, 1906
Più importante però è la Certosa di Calci, comunemente chiamata la Certosa di Pisa. L’origine di essa data dal 1366, anno in cui, col lascito di un ricco negoziante d’origine armena e con molte altre offerte di cospicue famiglie, fra le quali i Gambacorti, si pose mano alla costruzione della parte primitiva dell’edifizio. Poco dopo, colle cospicue rendite venute in possesso de’ monaci e colle offerte continue dei devoti, si aggiunse il vastissimo chiostro, che, attorniato da numerose casette destinate a dimora dei monaci romiti, costituisce la parte principale, più artisticamente pregevole e più caratteristica del vecchio monastero.
Ma se si toglie questa parte che appare più leggiadra e più singolare per l’effetto che producono i bianchi marmi dei lunghi colonnati che si staccano dal fondo degli uliveti circostanti, il resto si allontana totalmente dal carattere severo proprio delle antiche Certose. Le aggiunte e le trasformazioni fatte all’edifizio nel XVII e nel XVIII secolo, se valsero a renderlo quasi pari in grandezza alla Certosa di Pavia, gli tolsero ogni traccia di quell’aspetto umile e devoto che conviene all’indole di questi edifizi.
Il suo prospetto grandissimo, esuberante di decorazioni marmoree di un gusto esageratamente barocco, l’ampio scalone a più rampe che dà accesso alla chiesa, le sale interne sfarzosamente decorate, gli ampi corridoi, le scale comodissime, le logge e le terrazze ampie, più che l’aspetto di un edifizio monastico presentano quello di un palazzo signorile, per non dire di una reggia.
Fu l’architetto milanese Carlo Zola che ridusse in tal guisa la vecchia Certosa, mentre artisti chiamati dai monaci da ogni parte d’Italia profondevano a dovizia gli ornamenti e le decorazioni nella chiesa e nel monastero. Dell’arte pura e corretta de’ tempi più felici, ben poche tracce sussistono, fra le quali è da annoverarsi il coro dei conversi, adorno di leggiadre tarsie, distrutto parzialmente da unincendio sviluppatosi pochi anni indietro.
CALCI – CHIOSTRO GRANDE DELLA CERTOSA DI CALCI – Foto tratta dal libro “Il Valdarno da Firenze al mare”, 1906
La chiesa conserva nella volta la sua struttura organica; ma le pareti ha tutte ricoperte di affreschi macchinosi e di uno stile che colla semplicità primitiva forma il contrasto più stridente. Dipinti di notevole pregio sono quelli di Baldassarre Franceschini di Volterra, di Francesco Vanni, di Bernardino Poccetti, di Onorio Marinari, di Agostino Veracini. La maggior parte delle decorazioni murali devesi a Stefano Cassiani discepolo del Poccetti, ad Antonio Rossi e Francesco Caroli bolognesi e ad altri artefici che i Certosini chiamarono da Milano.
In complesso dunque, se ne togli il bellissimo chiostro che rispecchia tutta l’eleganza dello stile toscano del XV secolo, ogni altra parte dell’immenso edifizio non presenta che l’accozzo di manifestazioni dell’arte decadente, di un’arte suntuosa, ma priva dell’alito del genio. Restano a celebrare la fama della Certosa la sua grandiosità e gl’incanti della sua splendida giacitura, in questa valle deliziosa, di prospetto al mare, in mezzo alle onde del quale, nelle serene giornate, spunta la massa azzurrognola dell’isola di Gorgona che Papa Gregorio XI concesse nel 1374, insieme al romito monastero, che ne occupava la sommità, ai Certosini di Pisa.
( Guido Carocci, Il Valdarno da Firenze al mare, 1906 )
CALCI — CHIESA DI S. GIOVANNI – Foto tratta dal libro “Il Valdarno da Firenze al mare”, 1906