Traversata la città, l’Arno distende il suo letto in mezzo alla pianura che insensibilmente discende fino al mare e le sue acque lentamente lentamente lambiscono le ripe erbose della tenuta reale di S. Rossore e l’argine sul quale passa la strada che conduce alla Marina di Pisa. Alla sua sinistra lascia il popoloso borgo e la vecchia chiesa trasformata di S. Giovanni al Gatano, un giorno detta dei Gaetani dal nome della cospicua famiglia, che ne fu patrona, mentre dal lato destro passa dinanzi al villaggio di Barbaricina, al quale han dato modernamente una celebrità universale le diverse e riputate scuderie di cavalli da corsa che vi sono state impiantate, e poi alle Cascine Vecchie ed alla parte meridionale di tutta l’ampia tenuta reale conosciuta sotto il nome di San Rossore. Questo nome è di antichissima origine e derivò dal titolo di un vetusto monastero di Benedettini fondato nel 1084 e dedicato a San Rossore o San Lussorio come si diceva allora.
S.ROSSORE – TENUTA DI S. ROSSORE — GRUPPO DI PINI – Foto tratta dal libro “Il Valdarno da Firenze al mare”, 1906
Da Pisa al mare la distanza è di oltre nove chilometri, mentre ne’ tempi più remoti risulta dalla testimonianza degli storici che essa era appena di due miglia e mezzo; così il breve tratto del fiume, più ristretto, più profondo, era, più di quel che sia oggi, propizio alla navigazione, tanto che le galere della Repubblica e più tardi quelle dell’Ordine di S. Stefano, potevano venir comodamente fin nell’interno della città, dov’era un ampio e ben munito arsenale.
I detriti dei due grandi fiumi, l’Arno ed il Serchio, che hanno le foci a breve distanza fra loro, la mobilità del fondo arenoso del mare, sono le cause del progressivo e continuo accrescersi della spiaggia, la quale d’anno in anno allontana sempre più il mare dalla città che fu un giorno una delle più grandi potenze marittime d’Italia.
Per farsi un’idea di questo notevolissimo guadagno fatto dalla terra sul mare, basterà ricordare la tradizione secondo la quale San Pietro, venendo d’Antiochia, approdò colla sua nave nel luogo dove, a ricordo dell’avvenimento, venne inalzata la stupenda basilica di S. Piero a Grado; e rammentare ancora come il monastero benedettino di San Rossore ed altro convento intitolato di S. Croce a Foce d’Arno fossero sulla riva del mare; mentre oggi tutte queste località sono distanti appena quattro chilometri da Pisa. Il mare formava allora attorno alla bocca dell’Arno una vasta e profonda insenatura, ad una estremità della quale era il Porto Pisano, così celebre nei vecchi ricordi della storia del medioevo.
Oggetto di lunghe e controverse discussioni è stata la designazione esatta della località dove Porto Pisano era posto; ma ogni dubbiezza è venuta a mancare, allorquando dal carattere delle costruzioni, dalla loro disposizione e dai tradizionali ricordi si è potuto dimostrare come la torre del Marzocco ed i resti d’altre torri che sorgono appena fuori di Livorno dal lato di tramontana, altro non fossero che le gagliarde fortificazioni inalzate a difesa del porto che era sicuro asilo delle galere della potente Repubblica, che di là mossero più volte a combattere quelle della rivale Genova.
Del carattere di queste fortificazioni servono a dare un’idea abbastanza chiara le riproduzioni che possiamo offrire di Porto Pisano, tratte dagli affreschi del Camposanto di Pisa e da un antico marmo che si conserva nel Museo di Genova.
S.ROSSORE – TENUTA DI S. ROSSORE — VIALE DI PINI – Foto tratta dal libro “Il Valdarno da Firenze al mare”, 1906
La pianura fra Pisa ed il mare è oggi occupata da un lato da campi ubertosi, dall’altro dalle boscaglie, dalle praterie e dai lunghi e pittoreschi viali di San Rossore, un delizioso luogo di caccia, dove la selvaggina indisturbata popola e rallegra le fitte selve e le tranquille rive dei laghetti e dei canali.
La tenuta di San Rossore, che fu in origine una delle tante bandite della casa granducale toscana, acquistò fama ed importanza nel periodo in cui Firenze fu capitale d’Italia. Vittorio Emanuele la tenne come suo ordinario e gradito soggiorno e, lontano dagli splendori della reggia, cercò fra que’ boschi annosi e le praterie infinite le quiete gioje della vita borghese.
Spogliato d’ogni pompa e d’ogni apparenza regale, egli trovava in mezzo alle bellezze campestri di San Rossore le soddisfazioni più semplici e più gaje, lieto di vivere della vita stessa de’ quieti e modesti abitatori di quei luoghi. Fu allora che vennero eretti in varie parti della tenuta edifizi dalle forme gaje ed eleganti, leggiadri riposi di caccia e quel vaghissimo casino del Gombo, allietato dalla solenne maestà del mar Tirreno e dalla gioconda bellezza dell’ampio parco.
San Rossore offre infatti le attrattive più gentili, più originali, più caratteristiche, giacchè la rigogliosa vegetazione delle piante tropicali, la presenza di mandre di dromedari e di cammelli gli dan la parvenza di una fertile plaga della costa africana.
Lungo la spiaggia, una fitta e ampia pineta che si distende sulle due rive dell’Arno e si collega da un lato con quella di Viareggio e dall’altro si spinge verso Livorno, offre l’asilo più gradito nelle calde giornate estive e sparge in mezzo all’aere purissimo gli acri e salutari profumi delle resine.
Alla foce del fiume, le due rive opposte presentano un singolare contrasto che parrebbe il riassunto, la sintesi delle bellezze naturali infinite dei luoghi che l’Arno attraversa nel suo lungo percorso.
Da un lato i boschi folti e quasi impraticabili, le praterie popolate di greggi, i viali interminabili, silenziosi e deserti, i casini campestri circondati dalla lussureggiante vegetazione, dai fiori rigogliosi e da una quiete alta e profonda che simboleggia la natura nella sua calma più completa.
Dall’altra sponda, è rappresentata in tutta la sua gajezza, in tutto il suo splendore l’eleganza e la giocondità della vita moderna. Dove non erano che uno squallido e melanconico fortino per la guardia della costa e poche casupole di boscajoli, abbandonate in mezzo alla fitta pineta e sulle arene continuamente percosse dal mare, è ora una delle più belle, delle più ridenti, delle più sfarzose stazioni balneari.
MARINA DI PISA — FOCE DELL’ARNO – Foto tratta dal libro “Il Valdarno da Firenze al mare”, 1906
La costa renosa formicola di stabilimenti balneari, di padiglioni, di baracche che accolgono nuvoli di bagnanti, che offrono un allegro e piacevole asilo ad una colonia numerosa: viali lunghissimi, ai quali fanno capo una quantità di strade, passano in mezzo a palazzi sfarzosi, a leggiadre palazzine, a pettegoli villini….. Marina di Pisa è oggi un paese, quasi una cittadina, gaja ed animata, che in pochi anni ha prodigiosamente prosperato in quel lembo del litorale toscano e che simboleggia il lusso, l’allegria, il benessere e l’animazione.
Fra la quiete solenne di San Rossore e la festiva giocondità di Marina, l’Arno passa muto e silenzioso; striscia come un serpe fra le alte erbe e fra i cespugli delle sue rive, si allarga formando isolotti e canali che servono d’asilo alla selvaggina ed ai pesci insidiati dall’umana voracità, si dibatte contro le onde incalzanti del mare, tanto che si direbbe un gigante moribondo che oppone gli ultimi suoi sforzi al fato inesorabile che lo condanna.
Ma l’Arno è ormai scomparso: il Tirreno l’ha travolto ed inghiottito nei suoi vortici misteriosi.
( Guido Carocci, Il Valdarno da Firenze al mare, 1906 )
MARINA DI PISA – UNA VEDUTA DI MARINA DI PISA – Foto tratta dal libro “Il Valdarno da Firenze al mare”, 1906