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Guido Carocci, Valdarno, Badia a Settimo

Da Paolorossi

La storia di quest'antica abbazia ha il suo inizio dal 900 e le molte e singolari vicende del suo svolgimento si connettono di continuo colla storia generale della Repubblica Fiorentina. La sua costruzione gigantesca, che associa in un insieme meraviglioso i caratteri di un forte castello medievale toscano, colle tracce dell'architettura francese di tempi remoti e colle forme classiche e gentili del rinascimento fiorentino, la pone in prima linea fra gli edifizi monastici più preziosi della Toscana. In fatto di opere d'arte poi, le spogliazioni continue, alle quali la Badia andò soggetta, sono state insufficienti a toglierle le tracce abbondanti del prezioso corredo di meravigliosi capolavori ond'era adorna.

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La Repubblica Fiorentina tenne in tale estimazione codesti monaci, che affidò loro l'amministrazione del pubblico erario e quella del domestico andamento della Signoria, la soprintendenza della costruzione delle mura e dei castelli del contado, esentando il monastero dalle gabelle e dalle decime ecclesiastiche. Tenendo poi conto della grande importanza militare del luogo dove la Badia era posta, vi fece costruire attorno solide mura e torri, mandandovi di presidio le sue milizie. Dal canto loro i Cistercensi ebbero cura di abbellire e di adornare la loro splendida sede ricostruendo la chiesa, riordinando il convento e decorandolo con mirabile sfarzo d'infinite opere d'arte.

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La Badia a Settimo ha la forma di un castello rettangolare cinto da solide mura, munite di ballatojo merlato e di torri. Una di queste torri difendeva l'accesso principale ed ha al disopra della porta una grande figura sedente del Salvatore, modellata a stucco da un artefice del XIV secolo. Nell'interno, attorno ad un gran chiostro jonico che si attribuisce a Filippo di Brunellesco, si distendono gli ampi e grandiosi edifici monastici, uno de' quali conserva tuttora il suo caratteristico aspetto. È un ampio locale a tre navate coperte da vôlte che si svolgono sopra esili colonne adorne di capitelli nei quali si direbbero affratellati i tipi dell'arte francese e italiana. In origine se fu refettorio, o biblioteca, è difficile precisare; oggi è una modesta tinaja, dove il suolo rialzato di oltre un metro e mezzo nasconde parte delle svelte colonne.

La chiesa monastica è da un lato. Grandiosa, a tre navate, decorata all'esterno di ornamenti di laterizio di carattere ogivale, ha nella sua parte interna subìto infinite alterazioni, delle quali una sola può essere accettata come un benefizio per l'arte.

È la tribuna maggiore di elegantissimo stile del rinascimento, con squisite decorazioni architettoniche e con un vaghissimo fregio di terracotta invetriata dei Della Robbia. Il nome di Filippo di Brunellesco si presenta immediatamente alla mente dell'osservatore di questa cappella che ha una strettissima analogia colla bellissima sagrestia di S. Felicita di Firenze. Sotto la chiesa è l'ampia cripta del XI secolo a grandi vôlte, sostenuta da colonne; ma ridotta sciaguratamente ad un serbatojo di acque che vi s'infiltrano continuamente, essendo l'attuale piano della Badia inferiore al livello ordinario delle magre del vicino Arno.

Degne della bellezza generale del fabbricato sono alcune sue parti originarie, come il piccolo refettorio, il quartiere dell'abate, l'esterna chiesa già parrocchiale di S. Lorenzo, oggi ridotta a stanza mortuaria, il campanile. Questo campanile di forma originalissima, che muove da un basamento circolare per diventar poi esagono, ricordando la struttura di alcuni campanili pisani, è stato attribuito a Nicola, a Giovanni Pisano, a frate Guglielmo; e le congetture più strane si sono per qualche tempo basate sulla interpretazione di una iscrizione latina abbreviata, nella quale le fantasie degli eruditi credevano di trovare il nome dell'architetto o del presunto fondatore, il conte Guglielmo Bulgaro. Invece, sciolte le abbreviazioni, l'iscrizione dice semplicemente: Gloria sia a te o Signore.

( Guido Carocci, Il Valdarno da Firenze al mare, 1906 )

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