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Gunki hatameku motoni - Under the flag of the rising sun

Creato il 21 luglio 2011 da Robydick
Gunki hatameku motoni - Under the flag of the rising sun1972, Kinji Fukasaku.
Già solo il nome del regista dovrebbe far drizzare le antenne a chi un minimo s'interessa di Cinema del Sol Levante. Parliamo di un grande maestro, Kinji Fukasaku, recentemente apparso su questo blog con lo spettacolare e sconcertante Batoru rowaiaru - Battle Royale. Lo dico subito: solo superficialmente sono 2 film senza alcun collegamento, in realtà hanno un comun denominatore importante, anche se si passano 28 anni tra loro.
E' la storia di una donna di Tokyo che col marito ha vissuto solo 6 mesi dopo il matrimonio, giusto il tempo di restare incinta di una bimba, mentre lui, sergente, partiva per una delle missioni più fallimentari dell'esercito giapponese durante la seconda guerra: l'invasione della Nuova Guinea. L'uomo venne giustiziato proprio appena terminata la guerra e ancora sull'isola, non ebbe nemmeno il tempo di tornare, dopo un processo farsa del quale non risultano documenti in essere, solo testimonianze. A causa di questo la donna non ebbe mai diritto ad avere la pensione dei caduti in guerra, dovette crescere la figlia tra enormi difficoltà, ma non erano i soldi il suo più grande cruccio, era l'Onore, suo e del marito, ad essere in gioco, non s'è mai data pace per questo. La vediamo subito, dopo una documentaristica sigla iniziale, quando per l'ennesima volta va a pretendere giustizia. Sono 26 anni che continua a farlo, con tenacia. Questa volta ottiene, dal funzionario che pure opporrà l'ennesimo rifiuto, una lista di commilitoni del marito a cui rivolgersi per ottenere testimonianze utili alla sua causa. Il film è questo, il suo peregrinare tra ex soldati, sottoufficiali e ufficiali, compreso l'alto ufficiale che lo fece condannare a morte "per dare l'esempio", anche questo criminale di guerra lei avrà il coraggio di affrontare. Non aspettatevi un lieto fine...
Gunki hatameku motoni - Under the flag of the rising sunOlimpo degli Olimpi, questo film rappresenta quanto di meglio intendo per film che vogliono e devono raccontare cos'è stata quella guerra, come lo sono tutte le guerre, cioè qualcosa di terribile che spinge gli uomini, per necessità, a compiere azioni non umanamente connotabili. Parliamo di uomini "normali", non di menti alterate o insane. L'alternativa a quei comportamenti dettati dall'istinto di sopravvivenza è quasi certamente la morte e compiere una scelta del genere è prerogativa di pazzi e di santi.
Il percorso tra i soldati che va intervistando è una lenta, scandita, realisticamente rappresentata, discesa nell'inferno che la donna, come il Sommo Poeta, sente il dovere di percorrere. Si comincia con uno che vive isolato in una specie di discarica a cielo aperto periferica la capitale allevando maiali e senza mai recarsi in città. Questi le parla con lode del marito, ma è vago e impresentabile come testimone. Poi da uno che ora fa la "macchietta" in un teatro minore, prestandosi proprio vestito da soldato a penosi sketch satirici sulla vergognosa sconfitta militare. Poi ancora si passa a un altro che assistette alla fucilazione, ormai diventato cieco a causa di abuso di un alcolico terribile detto "la bomba" che si consumava ancora subito al termine della guerra e fece molte vittime. Un altro ancora, ora maestro di liceo, il quale le racconterà del processo senza senso, delirante, che condannò il marito e del citato alto ufficiale, criminale che poi ebbe in patria, beffa né unica né rara, onori, gloria ed incarichi di prestigio. Quest'ultimo infame soggetto permetterà però di chiudere il cerchio delle testimonianze, fino a quel momento in apparente incoerenza tra loro, pareva sentir parlare di vicende molto diverse più che della medesima e si dovrà tornare dal meschino della discarica.
Un crescendo emozionante, di trama in tempo reale e flashback illustrati sia con fiction che con immagini e filmati di repertorio. C'è tutta la maestria del grande regista giapponese, con la macchina da presa che non conosce sosta posta ovunque in termini di spazio, zoom e angolazioni, anche se è nelle scene violente (molto violente!) in Nuova Guinea che esprime il meglio di sé, e bisogna prepararsi anche moralmente a sentir parlare, e vederlo illustrato con dettaglio, di cannibalismo, ultima spiaggia di uomini ridotti allo stremo. Così si fa! Citare una cosa terribile non basta, le parole spesso stigmatizzano, lasciamole agli scrittori. Questo è Cinema, devo vedere, nello specifico, l'uomo che taglia le carni di un altro, le cuoce e le divora.
Memorabili poi altre scene che inquadrano la donna disperata, con un paio da cineteca come l'allegorico abbandonarsi sulla spiaggia sotto l'infrangersi delle onde e il collasso morale nel bagno di casa, dove lei sempre forte esteriormente, anche per non turbare l'animo di figlia, genero e nipote, troverà uno sfogo nel pianto dirotto, come se si aprisse la chiusa di una diga. Tecnica, Senso estetico, interpretazione sentita, storia: Arte. Mi hanno scosso, le ricorderò sempre.
Eccolo il Comun Denominatore con Batoru rowaiaru - Battle Royale: anche questo è un film di grande denuncia, coraggioso se si pensa poi all'anno di uscita. Si spara "alzo zero" su un Giappone che non ha voluto cogliere la lezione. Ostinato nel proseguire sui suoi rigidi schemi come se la sconfitta e la successiva occupazione americana fossero state una parentesi infelice da cancellare, come se non si siano commessi errori gravissimi. Un paese che ascolta un'ipocrita imperatore recitare preghiere in onore dei defunti della guerra ogni 15 Agosto quando proprio lui portò, col governo militare Shintoista, il paese a vivere una tragedia apocalittica. E perché quella preghiera non deve accogliere anche il marito della nostra protagonista? Indipendentemente da colpe reali o presunte, non è morto a causa della folle guerra anche lui? Sono domande mica da nulla, di solito le si evitano, non si risponde.
Ci sono ancora tanti spunti, rischio di passare un'intera notte a scrivere questa recensione. Ci vorrebbe un pezzo solo sulle riflessioni del maestro di liceo, per citarne uno, o meditare sul grande senso di onore, sano orgoglio, sana reputazione che è spinta e forza della donna. Ma forse è anche un bene lasciarne di questioni irrisolte, da scoprire.
Settima Arte con le maiuscole!
Solo un breve post scriptum:
Resto dell'idea che film come questi debbano essere fatti da chi col cuore e la propria cultura li sente fortemente e quindi, se si narra una tragedia giapponese ci vuole un regista giapponese. Regola semplice che però non applico in modo oltranzista né con pregiudizio, è dettata dall'esperienza, e l'occhio mi si fa più critico quando vedo, per fare un esempio, un americano raccontare di una strage nazista in Italia. Sono tentativi che producono o capolavori o schifezze innominabili, non ci sono vie di mezzo. Siccome non voglio inzozzare la recensione di questo Capolavoro allora ne cito di altri, ne scelgo solo 2, film assolutamente degni di stargli affianco, uno di un connazionale di Fukasaku e uno di un grande regista americano: il poco noto "Gembaku no ko - Children of Hiroshima" di Kaneto Shindo, altro mostro di bravura che è anche co-sceneggiatore di "Under the flag of the rising sun" insieme al regista; il famoso "Lettere da Iwo Jima" di Clint Eastwood, visione da accompagnare assolutamente, a completamento del dittico, da "Flags of our Fathers", nell'ordine che si preferisce.
Robydick


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