In risposta alla crisi mondiale dell’acqua e agli interessi economici di multinazionali e governi delle grandi potenze mondiali, tre documentari “work in progress”, prodotti da organizzazioni senza scopo di lucro, danno una voce, e un volto, a chi crede ancora nell’acqua come fonte primaria di vita. Che non può e non deve diventare mero oggetto di scambio economico. Visto l’innalzamento della temperatura del globo terrestre dovuta all’attività umana, l’aumento della popolazione mondiale, l’avanzamento della desertificazione, dovuto alle culture industriali e all’inquinamento delle società industriali legate alle concentrazioni urbane, l’acqua è diventata, e lo sarà sempre più, rara e preziosa. Da questo deriva che le azioni legate alla sua spartizione, e cioè le cosidette “politiche mondiali sull’acqua”, siano l’oggetto principale dell’interesse delle grandi potenze mondiali che si riuniscono ogni tre anni nel “Forum mondiale dell’acqua”, l’ultimo dei quali si e’ tenuto ad Istanbul nel marzo del 2009. Ed è ad Istanbul appunto che la rete mondiale dei movimenti contro la privatizzazione dell’acqua, dopo Citta del Messico nel 2006, si è data appuntamento per ribadire che solo attraverso una ripartizione equa, preservata e controllata dalle comunità, ossia una gestione interamente pubblica e partecipata, si potrà garantire questo diritto fondamentale a tutta l’umanità, evitando guerre, carestie e milioni di morti in tutto il pianeta. Documentare gli eventi di questi ultimi due appuntamenti è un passo fondamentale e indispensabile per promuovere e capire dove sta andando il nostro mondo e riuscire a combattere l’autodistruzione liberista del genere umano.
Assistiamo infatti alla presenza di due fenomeni tanto contrapposti quanto paralleli. Oseremmo dire complementari: da un lato l’attività di governi e multinazionali che lavorano verso la privatizzazione dell’acqua e della sua gestione, al fine di estendere il proprio controllo e, dall’altra, la puntuale risposta di ONG, organizzazioni locali, parti sociali e persone che lavorano per contrastare l’imminente crisi idrica, attraverso forme di protesta strutturate, canalizzate in strumenti di comunicazione adeguati e variegati. Tra i quali ritroviamo, appunto, il cinema; nella forma del documentario. Che, per definizione, è girato senza finalità di finzione, senza una sceneggiatura che pianifichi le riprese. Il film in questione è perciò “documento” della realtà filmata, la prova che le cose si sono svolte come risultano proiettate. Definizione che calza a pennello per “Agua mi sangre” e “h2o-turkishconnection”, realizzati da Playapart, organizzazione senza scopo di lucro che ha finalità scientifiche, culturali e sociali riconosciute; che promuove azioni di creazione e cooperazione in materia di comunicazione multimediale, produzione di film e documentari, al fine di costruire una “visibilità a lungo termine” per campagne sociali e ambientali, mediante la creazione di strumenti di comunicazione adeguati, canali di networking e di distribuzione. “Agua mi sangre” e “H2o-turkishconnection” sono la viva testimonianza dei retroscena del quarto e del quinto Forum Mondiale dell’Acqua, tenutisi rispettivamente a Città del Messico nel 2006 e a Istanbul nel 2009. La testimonianza del fatto che le proteste contro la privatizzazione dell’acqua hanno ormai assunto una portata mondiale. Più che “sono”, però, dovremmo dire “sarebbero”…il condizionale è praticamente d’obbligo, se consideriamo che, in realtà, viste le accuse che muovono, questi due documentari, non riescono a trovare forme di finanziamento tali da poterne permettere la distribuzione. Se però “Agua mi sangre”, film di Jaroslava Colajacomo, è stato patrocinato da diverse realtà a livello internazionale (Abruzzo Social Forum, Mediterracqua, Intermundo, Trasnational Institute, Corporate Europe Observatoty, COMDA e tanti altri), diversa è la sorte che sta toccando all’altro documentario. Tanto che “l’unico sistema in grado di permettere oggi di mantenere un certo grado di indipendenza in ciò che si critica e racconta”, secondo i realizzatori di “H2o-turkishconnection”, pare essere quello di “cercare i finanziamenti tra coloro che sono interessati a vederlo, tra quelli che lo vogliono proiettare e utilizzare come strumento educativo e di sensibilizzazione”. E il web diventa così il principale canale di sensibilizzazione per completare la post-produzione del DVD e darne diffusione.
Una sorte simile sembra toccare a “Divine water”, film-documentario riguardante le proprietà vitali e alcuni degli aspetti più affascinanti dell’acqua, ancora poco conosciuti. Realizzato dall’Healing Water Institute, questo documentario vuole essere il richiamo ad una cultura che considera l’acqua come paradigma e fonte da cui imparare. L’Healing Water Institute, organizzazione internazionale con sede in Inghilterra, Nuova Zelanda e Stati Uniti, opera per l’educazione e la sensibilizzazione della popolazione alla crisi idrica mondiale, per la ricerca e la progettazione di metodi e tecnologie che permettano un uso più consapevole e responsabile dell’acqua. Il film, visibile al momento solo nella forma del trailer, si articola in quattro sezioni: “La voce dell’umanità: cosa significa l’acqua per tutti noi?”, “I segreti creativi dell’acqua”, “I problemi più gravi che riguardano l’acqua”, “Come salvare il Pianeta”. Esattamente come gli altri due film sopra citati, “Divine water” si presenta come un’opera completa, ma in realtà monca, perchè impossibilitata ad essere distribuita e perciò diffusa a causa della mancanza di fondi. L’Healing Water Institute si appella perciò alla sensibilità della popolazione mondiale tutta anche perchè, se è vero che”centinaia di persone hanno vissuto senza amore”, come sostiene Auden, “nessuno può vivere senz’acqua”.
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