di Alessandro Corneli
Che il gol arrivi a conclusione di una limpida azione, o da una posizione di fuorigioco non rilevata, o da un fallo non fischiato, o da un rigore trasformato ma che non avrebbe dovuto essere concesso, o da un autogol, o da una palla che l’arbitro ha visto al di là della linea di porta mentre era al di qua – poco importa. Conta il risultato che viene omologato.
Così è stato per l’Italicum. Alle ore 18:20, la presidente Laura Boldrini ha aperto la votazione a scrutinio segreto e dopo due minuti ha comunicato il risultato: la riforma della legge elettorale è stata approvata con 334 voti a favore, 61 contrari e quattro astenuti. Quindi con 18 voti più della maggioranza assoluta che è di 316. Al momento del voto, sono usciti dall’aula i parlamentari del Movimento 5 Stelle, di Forza Italia, della Lega, di Sel e dei Fratelli d’Italia. Renzi ha fatto gol e ha vinto la partita.
Dal 25 febbraio 2014, quando la Camera votò la fiducia a Renzi con 378 voti, la sua maggioranza si è assottigliata di 44 voti. All’inizio della discussione finale sull’Italicum era scesa a 352 voti, poi a 342. Le defezioni vengono in gran parte dal Pd ma il gruppo dei dissidenti alla fine si è spaccato e una quota sufficiente non se l’è sentita di mandare a casa Renzi.
La nuova legge entrerà in vigore dal luglio 2016 quando, si suppone, sarà stata approvata la riforma del Senato. Non ci sono segnali che il presidente della Repubblica la rinvii alle Camere. La Corte costituzionale non potrà prendere l’iniziativa di giudicarla. Il meccanismo di verifica della costituzionalità potrà essere messo in moto da un cittadino presso un Tribunale, come accadde per il Porcellum, che la Corte modificò con sentenza n. 1/2014, essendole stata posta la questione della legittimità costituzionale da parte della Cassazione. Ma questa volta potrebbe non andare così in quanto nessuno può affermare di avere avuto menomati i suoi diritti costituzionali di elettore in quanto questa legge non è stata ancora applicata. Le speranze dell’opposizione su Mattarella e sulla Consulta andranno quindi deluse. Può darsi che si tenti con un referendum abrogativo, ma la Consulta potrebbe non accettarlo: evento che sarebbe oggetto di infinite discussioni.
Come le Costituzioni e le leggi di rilevanza costituzionale – qual è la legge elettorale – quasi tutto dipende dalla prassi, dall’uso che se ne fa, da come vengono interpretate e applicate. Pessime norme hanno dato risultati positivi; cattive norme hanno dato buoni risultati. Al riguardo, purtroppo, non c’è una regola certa. Nel Regno Unito, ad esempio, la legge elettorale maggioritaria, dopo avere apportato tanti benefici, senza essere stata cambiata, deve registrare una frammentazione, salvo sorprese. Altrettanto dicasi per la legge elettorale tedesca, che non ha garantito il bipartitismo (con un terzo piccolo partito) che sembrava assicurato.
Il punto, quindi, non è sulla legge elettorale appena approvata, che comunque inciderà sulle strategie di tutti gli altri partiti o di singoli deputati che potranno aggregarsi al Pd oppure allontanarsene. Molto dipenderà dalla data delle elezioni. Ma più di tutto è importante che cosa farà il Governo perché la questione cruciale è che, dopo quindici mesi, il protagonista dell’attuale fase politica italiana, cioè Matteo Renzi, ha senza dubbio preso molte decisioni ma esse non fanno vedere – perché non c’è o perché è nascosto – il quadro d’insieme, la linea strategica. Dire che, a parte le manifestazioni caratteriali e il linguaggio che possono essere enfatizzati apposta, a Renzi interessa il potere per il potere, è troppo generico e non chiarisce nulla.
Dal caotico governare, comunque, qualcosa emergerà e se le percezioni negative supereranno quelle positive, questa maggioranza di 334 voti potrebbe ridursi. Ancora prima, le difficoltà potrebbero sorgere in Senato. Ora, non c’è né da sperare che Renzi cada né che Renzi resti in sella. La vera speranza riguarda l’apparizione sulla scena politica di un progetto coerente e innovativo per l’Italia. Se lo tirerà fuori Renzi, bene; se lo farà l’opposizione, bene. Ma se né l’uno né l’altra mostreranno questa capacità – e personalmente ne dubito – allora “governare” si trasformerà in un “comandare” e questo scivolamento porterà al “ribellismo” e al prolungamento della crisi italiana.
Poiché è ragionevole pensare che una classe politica dovrebbe evitare di cadere tutta intera nella palude e restarci, per cui chi ha le idee dovrebbe tirarle fuori, ma questo non avviene, allora diventa ragionevole pensare che sull’Italia gravino forze che la vogliono mantenere nella palude. Se Renzi, dopo la vittoria sulla legge elettorale, non cambierà verso, allora dovremo concludere che egli si presta all’impaludamento dell’Italia.
Articolo tratto dal sito GRRG – Global Research and Reports Group