Negli ultimi due film Moretti ha toccato con semplicità i temi più pesanti dell'Italia di oggi e di sempre, il berlusconismo inteso non solo come fatto politico ma anche come modo di agire e di pensare, e la chiesa, intesa in questo film come istituzione vaticana. Habemus Papam non è un film né contro né pro la chiesa cattolica romana, i suoi riti e le sue idee, è piuttosto un tentativo di portare sul lato umano lo strano mistero del conclave, del massimo esponente della religione cattolica e di tutto ciò che sta dentro le mura di piazza San Pietro. E credo che il gioco sia riuscito perfettamente, con l'attore romano stavolta solo di passaggio tra i problemi non di fede, ma di responsabilità, che colpiscono il neo eletto Papa, il quale rivive per la prima volta tutta la propria esistenza quasi considerandola sbagliata nonostante una scelta forte che a livello spirituale può averlo appagato oltre il dovuto. Un essere umano, si dirà alla fine, che ha bisogno di essere guidato, che è in difficoltà, che subisce il peso che può subire chiunque e che si mischia con la Roma della gente comune, tradita, appassionata, vera, viva ed anche un po' pazza per scoprire che il suo posto accanto a dio può essere anche al di fuori della sacre mura vaticane.
Un tema complesso, difficile, ma non affrontato con superficialità come sostenuto dalla CEI, ma alla Moretti, che cerca di non essere mai scontroso, supponente o troppo implicito anche nell'affrontare il dolore come in film quali La stanza del figlio. E' un modo di fare cinema, un modo poco comune, un modo di approfondire temi che poi ognuno digerisce a suo piacimento magari mettendoci qualche giorno in più. Ci sono le complessità e le domande dell'autore, ma non sempre ci sono delle risposte, non sempre dei finali che danno un risultato aspettato e previsto, talvolta servono giorni per capire cosa ci hanno lasciato, tra un sorriso ed una situazione irreali che non lasciano mai indifferenti. E alla fine, il bello di Moretti, è che ognuno può dare una propria risposta.