Il nome è un programma. Abolirà anche il Vaticano?
Francesco è il nuovo vescovo di Roma, e di conseguenza, papa della Chiesa Cattolica. Avevo cominciato a scrivere questo pacchetto dedicato alle elezioni italiane e alle sue conseguenze, martedì 12 marzo, ma mi attardavo in attesa dell’elezione del papa che finalmente è arrivata. Sentivo che mercoledì 13 sarebbe stata la giornata giusta. Se fossero stati due o tre scrutini, sarebbe stata la vittoria della curia, con l’elezione di Scola o di Scherer. Invece se si fosse arrivati al quarto o quinto scrutinio, la curia avrebbe perso terreno e avrebbe preso corpo un’altra possibilità. Così è stato.
Papa Francesco I
Quando ho visto che il quinto diventava più lungo, ho capito che la scelta sarebbe caduta su un nome nuovo, senza legami con la curia (Scola) e il partito dello Ior (Scherer). Per tutto il giorno mi ronzava in cuore il nome del mio romanzo Habemus Papam, «Francesco». Dicevo a me stesso: non è possibile! E’ un nome «maledizione», troppo impegnativo. Se il papa sceglie questo nome si condanna da sé a fare sul serio perché deve scegliere la povertà come criterio e metodo di vita; deve essere coerente: come può Francesco abitare in mezzo al lusso Vaticano? Può il papa essere «personalmente» povero, ma apparire «istituzionalmente» potente e ricco? Non licet! Ora non ci resta che aspettare. Intanto colpiscono alcune cose, che ai profani non saltano agli occhi perché non addentro alla simbologia e al rituale. Facciamo un po’ di esegesi di scavo:
- -1) Francesco si è presentato «nudo» con la semplice veste bianca, senza mozzetta rossa e senza stola, i simboli del «papa» e del capo di Stato Vaticano. La stola era piegata e portata dal cerimoniere, quasi a stabilire le priorità: prima la persona, poi il vescovo, poi il papa poi il capo si Stato.
- -2) L’immagine plastica dello «smarrito» cerimoniere, Guido Marini, genovese, tutto bardato di rossiccio, con un sorriso di circostanza, che guardava il papa con terrore, era la foto del cambiamento. Marini è stato l’artefice, anzi il complice di Ratzinger per riportare la Chiesa nel passato. Nel suo volto c’era lo smarrimento degli sconfitti tradizionalisti. Un buon inizio.
- -3) Il biglietto di visita di Francesco è stato un laicissimo «Buona sera!», rivolto ai «fratelli e sorelle».
- -4) Si è presentato non «al mondo», ma alla diocesi di Roma: «sono il vescovo di Roma». Ottimo!
- -5) Scandalizzando il cerimoniere che era fuori luogo e fuori posto, ha chiesto la benedizione al suo popolo, prima di dare la sua. Mai era avvenuto una cosa del genere.
- -6) Dopo 35 anni, per la prima volta, è risuonato in San Pietro, sulla bocca di un papa, il termine «popolo» che era stato espunto dai documenti ufficiali di Giovanni Paolo II e Bendetto XVI.
- -7) La croce che ha al collo è di ferro e non di oro. «Signa temporum!».
- -8) Anche al mattino del 14 marzo è andato a S. M. Maggiore senza abiti pontificali, ma da semplice prete, vescovo, col solo abito bianco. Come se volesse dire: farò il vescovo e il resto verà da sé.
- -9) Il suo passato, lascia ben sperare: a Buenos Aires, viveva in un appartamento e andava a farsi la spesa da solo e la sera si preparava da mangiare da sé. Viaggiava in metro e non aveva la macchina. Piccole cose, certo, ma sono una rivoluzione all’interno di un sistema di peccato come il Vaticano che ormai era la centrale di Satana e la fornace degli scandali di ogni ordine e grado.
- -10) Infine, un papa latinoamericano è una svolta nella storia della Chiesa: finisce la Chiesa italiana, eurocentrica, e comincia la Chiesa Universale, la Chiesa della periferia, la Chiesa dei poveri, nella speranza che inizia anche l’era di una Chiesa povera.
Paolo Farinella, prete