Hakim Bey (o, con il vero nome Peter Lamborn Wilson)
Il territorio della Rete è detto cyberspazio. Cyberspazio è come dire Internet. La parola ha origine letteraria in quanto fu coniata da William Gibson che, nel suo romanzo “Nueromancer”, ne fornì la prima definizione: “Un’allucinazione vissuta consensualmente ogni giorno da miliardi di operatori legali, in ogni nazione, da bambini a cui vengono insegnati i concetti matematici… Una rappresentazione grafica di dati ricavati dai banchi di ogni computer del sistema umano. Impensabile complessità. Linee di luce allineate nel non spazio della mente, ammassi e costellazioni di dati. Come luci di una città, che si allontanano”.
Il cyberspazio può essere anche un territorio anarchico. E ciò che può preoccupare chi si occupa di cybercrime, cyberwar, netwar e quant’altro. Quello che più “scotta”, in Internet, da questo punto di vista, sono le T.A.Z., Temporary Autonomous Zone, zone temporaneamente autonome, in italiano più gergale, interzone. Le comunità di queste interzone, in genere cyberpunk, non avendo luogo fisico sono comunità nomadi e possono apparire e sparire in un batter d’occhio. Poco controllabili dal potere sono classificate quindi come pericolose. Una TAZ può apparire e rapidamente dissolversi in Internet. E’ temporanea per non essere distrutta o controllata o normalizzata. Queste comunità virtuali mettono a disposizione il loro sapere in un territorio immateriale permettendo a chi naviga di partecipare a quello che è una sorta di agorà virtuale. “T.A.Z. The temporary autonomous zone, ontological anarchy, poetic terrorism”, è anche il testo fondamentale di Hakim Bey.
Hakim Bey (il cui vero nome è Peter Lamborn Wilson) è un cyber-filosofo costantemente arrabbiato, sempre in bilico tra avanguardia e opposizione. Definito di volta in volta un filosofo d’opposizione o un poeta-terrorista (il terrorismo poetico inteso come azione non violenta, ma che cambia le coscienze), sempre e comunque un teorico della Rete. E’ autore di TAZ, un testo base sulle interzone, che spiega il concetto di nomadismo psichico, inteso come abbandono delle appartenenze familiari, nazionali, geografiche di gruppo politico, alla ricerca di nuove possibilità nella costruzione dei rapporti umani e nei confronti del potere. Una possibile strada di ribellione. Il libro, in sé molto vivace, è preso come manifesto di molti gruppi cyberpunk. Si parla di cibernetica, di scienza dell’informatica, capace di creare un mondo in cui il computer assume una tale rilevanza da poter creare universi paralleli rispetto al nostro e quasi altrettanto reali.Una T.A.Z. serve per spiazzare, depistare, confondere i media, il potere che cerca di omologare, far “rientrare nelle righe”, per rendere innocue le idee. La T.A.Z. assomiglia alla Tortuga, l’isola dei pirati: un territorio liberato dalle logiche di dominio economico e mentale dell’epoca imposti dall’Impero delle Merci. I pirati, i contrabbandieri, avevano creato una rete informativa, losca ma funzionante. Disseminate per i mari c’erano moltissime minuscole isolette usate per nascondiglio e rifornimenti. Queste isole ospitavano comunità di persone che avevano deciso di vivere al di fuori di tutte le leggi del mondo. Spazi virtuali, nei quali si può fuggire dai condizionamenti, spiazzando così il nemico e scomparendo dalla sua vista.
E’ lo stesso Hakim Bey a chiamare questi villaggi virtuali dal sapore anarchico “Utopie Pirata”. Le T.A.Z. sono le porte d’ingresso ad un universo di contro-informazione. Sono l’alternativa. La versione moderna delle reti dei bucanieri. Le T.A.Z. rievocano l’esperienza delle libere enclavi pirata in un’epoca in cui la tecnologia moderna le ha rese geograficamente impossibili. In un mondo cioè in cui tutte le isole sono note, tutti gli anfratti osservati. Dalla consapevolezza del fatto che non esiste più un rifugio permanente nasce l’idea di una zona che sia liberata solo temporaneamente che Bey chiama le “gerarchie oppressive”, una zona la cui forza è l’invisibilità e che nel momento in cui nominata e rappresentata svanisce.
Il pensiero di Hakim Bey prende forma a metà degli anni Ottanta con l’espandersi della telematica. E’ influenzato dagli scrittori cyberpunk. Bruce Sterling, scrittore di fantascienza, nel suo “Islands in the Net”, Isole nella Rete” nell’edizione italiana, scrive appunto, di quando, nel medioevo, alcuni assassini fondarono uno “stato”, che consisteva di una rete di valli, montagne e castelli, separate da migliaia di miglia ma rese invulnerabili dalle invasioni poiché collegata dal flusso informatico di agenti segreti, in guerra con tutti i governi. I satelliti spia e gli occhi elettronici oggigiorno renderebbero questo tipo di autonomia un sogno romantico. Ma ora è possibile creare nel cyberspazio, un mondo di zone temporaneamente autonome, di interzone. Ciò sconfina con la fantascienza o le teorie filosofiche dei mondi possibili? Hakim Bey in tanti modi ne parla ma certo mai come di una fantasia poetica. Parla di un futuro dominato dalle multinazionali e dalla Rete che gestisce tutte le informazioni della politica e dell’economia globale. In questa società priva di grandi conflitti si inserisce una presenza anomala di banche d’informazioni pirata che svolgono una funzione di supporto/disturbo nel sistema telematico internazionale. In questo scenario, durante un convegno organizzato da una grande multinazionale si svolge un attacco terroristico che mette a rischio l’intero equilibrio mondiale. La protagonista che cerca di rintracciare i responsabili verrà a contatto con i differenti le due diverse forme di intendere la società.
Secondo Bey, in un mondo interamente occupato dai confini degli stati-nazione, il potere ha bisogno di cartografare il territorio, di tracciare delle mappe per esercitare il suo dominio. Ora le mappe, per quanto esatte possano essere, non sono mai perfette: non c’è mai segnato tutto. Tra queste e la realtà si aprono dei buchi, delle falle, dei quid spazio temporali incontrollati in cui le Taz possono fiorire. Per la loro incontrollabilità e quindi presunta anarchia, non saranno mai viste di buon occhio dagli apparati polizieschi che tenteranno di monitorarle. Ma le T.A.Z. hanno scelto come politica il nomadismo, sono sempre in movimento e scompaiono con la stessa velocità con cui appaiono. La TAZ, promette questo strano personaggio che è Hakim Bey, è uno strumento, a volte un’arma per raggiungere la libertà.
HACKER KULTURE 1. Brainframes — 2. Etica Hacker – Emmanuel Goldstein — 3. Hackers – la prima generazione — 4. gli hacker di Altair 8800 — 5. Hackers famosi — 6. il Cyber World di William Gibson — 7. Cyber Femminismo – Donna Haraway — 8. cause famose — 9. napster — 10. Jon Johansen e il codice DeCSS — 11. Software Libero – Richard Stallman – Copyleft — 12. Linux – Linus Torvalds — 13. Pekka Himanen e l’etica hacker — 14. un po’ di storia sul Copyright — 15 Open Source e Pubblica amministrazione — 16 Software, diritti d’autore — 17. Digital Millennium Copyright Act — 18. La SIAE — 19 La nuova dura legge sul Diritto d’Autore –20. e-book — 21. Cybercrime — 22. Cyberwar – Information warfare
mio pezzo, parecchio datato ma ancora presente su Hacker Kulture dvara.net ivy