Dedico questo mio post alla memoria della indimenticabile amica e poetessa bilingue (italiano e polacco) Olga Celuch, sopraffatta da un male incurabile il 5 giugno 2010. Aveva appena 30 anni.
”Amo la vita, amico mio, e anche quando essa mi ha ferita al punto che per un breve istante ho desiderato morire, neppure allora l’ho tradita”. (Halina Poswiatowska)
Halina Poświatowska era nata a Częstochowa il 9 maggio 1935. Nel 1945 si ammalò di artrite ed endocardite e di conseguenza di una malattia di cuore a quei tempi incurabile. Ciò le impedì di frequentare regolarmente la scuola, perché si stancava presto e doveva restare in letto. Tuttavia studiò e superò gli esami come privatista, dapprima al ginnasio “Studio e Lavoro” e poi al liceo femminile “J. Słowacki” a Częstochowa. Nello studio e nella scelta delle letture l’aiutava la madre. Trascorse tutta la sua breve vita tra ospedali e case di cura. Nel 1953 conobbe nel sanatorio di Kudowa il futuro marito, Adolfo Poświatowski, pittore e studente della Scuola Superiore di Cinematografia a Łódź, anch’egli gravemente malato di cuore, e lo sposò il 26 giugno 1954. La morte del marito, avvenuta improvvisamente meno di due anni dopo, fu per Halina un grave colpo e cominciò a vivere nella convinzione di dover subire presto la stessa sorte. I medici, infatti, le davano al massimo sei mesi di vita.
Nel 1956 debuttò con le due poesie “Felicità” e “L’uomo dell’Annapurna”. Conoscendo lo stato di salute e il talento della giovane poetessa, il prof. Julian Aleksandrowicz, suo amico e medico, si interessò, perché fosse operata al cuore negli Stati Uniti. La cosa andò in porto e per giunta gratuitamente. Nel frattempo la prestigiosa casa editrice di Cracovia “Wydawnictwo Literackie” pubblicava la sua prima raccolta di poesie “Inno idolatrico”.
Dopo la riuscita operazione, avvenuta il 12 novembre 1958, Halina iniziò gli studi allo “Smith College” di Northampton. Nel 1960 seguì i corsi estivi alla Columbia University di New York, al termine dei quali, nel 1961, tornò a Cracovia. “Non aveva bisogno di tornare in Polonia – dice la sorella – lì stava bene. La borsa di studio di quattro università, viaggi, amici. Ma amava troppo Cracovia, la considerava la città più bella del mondo”.
Iniziò gli studi alla facoltà di storia e filosofia presso la celebre Università Jaghellonica. Un anno dopo uscì la sua seconda raccolta “La giornata odierna”, seguita dalla terza “Ode alle mani” nel 1966. Infine nel 1967, sempre la stessa casa editrice Wydawnictwo Literackie pubblicò la sua autobiografia in prosa “Racconto per un amico”.
Nell’autunno dello stesso anno fu nuovamente operata al cuore a Varsavia. Morì pochi giorni dopo, l ’11 ottobre. Forse senza questa operazione sarebbe vissuta ancora qualche anno, ma voleva sentirsi bene e poter lavorare.
La sua città natale Częstochowa ogni anno organizza un concorso di poesia intitolato ad Halina Poświatowska.
Lascio ora la parola a due autorevoli poeti polacchi che erano amici della poetessa.
Tadeusz Nowak (1930-1991): …Ho conosciuto Halina dopo il suo ritorno dall’America. Era alta, esile, molto bella. Una figura in parte primaverile, in parte autunnale. Forse pensavo a queste due stagioni dell’anno, perché Halina, ricordando che il suo cuore era malato, camminava con cautela, quasi avesse sotto i piedi un sottile strato di ghiaccio, o una gran quantità di foglie appena cadute dagli alberi, di foglie che frusciano e fanno dimenticare la propria voce, la propria anima…Ho rivisto Halina pochi giorni prima della morte. Era con la sorella in una piccola stanzetta. L’ossigeno era a portata di mano. Ricordo che la segretaria del prof. Aleksandrowicz entrò e con un lieto sorriso comunicò che l’operazione avrebbe avuto luogo qualche giorno dopo. E allora per la prima volta vidi Halina spaventata al pensiero della data così vicina dell’operazione. Una fugace ombra di morte le coprì il viso…le cadde il libro dalle mani…era la Bibbia. Quel giorno Halina stava leggendo “Il cantico dei cantici”…
Aveva già scritto molte poesie e quasi tutte senza titolo. Cominciavano come i Salmi di Davide, o come lettere d’amore indirizzate a qualcuno. Eppure era una poesia autentica, insolita e bella. Una poesia molto femminile, ma non come in Pawlikowska-Jasnorzewska o in Szymborska. La poesia di Poświatowska era minata, foderata di qualcosa molto erotico, carnale, ma al tempo stesso straordinariamente eterea. Era una poesia luminosa, chiara…eravamo tutti stupiti dai suoi versi. Non potevamo credere che ci fosse qualcuno che nell’arco di qualche mese, forse di un anno, potesse rivivere – nelle parole, nelle metafore, nelle bellissime immagini – tutta la sua vita”.
Stanisław Grochowiak (1934-1976):
Non era bella – in compenso era molto Bella,
Non era sensibile – in compenso era troppo Sensibile…
E’ sorprendente come questa giovane poetessa amasse e stimasse la vita… Era un amore essenzialmente religioso…Questa donna, che ad ogni emozione, ad ogni palpito del cuore rischiava la vita, cantava l’amore indomabile, sensuale…Tutta la sua poesia è una profonda, dolorosa e intensa meditazione sul prodigio del proprio corpo…
Di Halina Poświatowska presento dieci poesie nella mia versione
* * *
mia principale cura è il trucco dei sopraccigli
li dipingo con raccoglimento
così fanno le donne ormai spaurite
pungendo gli specchi con lo sguardo attento
l’angolo di casa che giro ogni mattino
la svolta della strada che attraverso
tenui dita di muffa afferrano la sabbia
ancora crepe sui muri enormi crepe sul pavimento
si frangono si disseminano le strade
il vento le sparge in ogni senso
il vento gioca con esse a rimpiattino
accostando i capelli alle guance
guardo le pietre che si coprono di timo
* * *
sempre se voglio vivere grido
quando la vita mi abbandona
mi afferro ad essa
dico – vita
non andartene ancora
la sua calda mano nella mia mano
la mia bocca al suo orecchio
sussurro
vita
- come se la vita fosse un amante
che vuole andar via –
mi aggrappo al suo collo
grido
morirò se andrai via
* * *
sulla mia casa
le cui pareti
di caldi impenetrabili sogni
scriverò i versi più belli
sui capelli del bambino
che mai si arrufferanno
nelle mie mani di donna
sulle labbra che con cupa brama
non penderanno sopra l’ansia delle mie notti
sull’amore che fiorisce
in ogni parola detta sussurrando
nel colore delle rose
nel profumo dell’erba falciata
nel rapido cadere di stelle
nell’amaro
annientamento di ali di farfalla
spente nella fiamma della candela
sull’amore –
perfetto nel suo fosco non avverarsi
* * *
Quando morirò mio caro
quando dal sole mi separerò
e sarò un lungo oggetto piuttosto desolato
allora mi stringerai a te
mi abbraccerai
e riparerai ciò che ha disfatto il crudele fato?
spesso ti penso
spesso ti scrivo
stupide lettere – in esse amore e sorriso insieme
poi nella stufa le metto
la fiamma salta sulle parole
prima che tranquilla finisca in cenere
guardando la fiamma mio caro
penso – che avverrà
del mio cuore d’amore bramoso
ma tu non permettere
che io muoia in un mondo
che è freddo e così tenebroso
* * *
Sono Giulia
ho 23 anni
un giorno ho incontrato l’amore
aveva un gusto amaro
come una tazzina di caffè
ha accelerato
il ritmo del cuore
ha irritato
il mio vivo organismo
ha cullato i sensi
se n’è andato
Sono Giulia
su un alto balcone
sospesa
grido torna
imploro torna
macchio
le labbra morse
di colore sanguigno
non è tornato
Sono Giulia
di anni mille
vivo –
* * *
Se vorrai lasciarmi
non dimenticare il sorriso
puoi dimenticare il cappello
i guanti il notes con gli indirizzi importanti
qualunque cosa infine – perché dovresti tornare
tornando all’improvviso mi vedrai in lacrime
e non te ne andrai
se vorrai rimanere
non dimenticare il sorriso
puoi non ricordare il mio compleanno
il luogo del nostro primo bacio
il motivo della nostra prima lite
se tuttavia vuoi rimanere
non farlo con un sospiro
ma con un sorriso
rimani
* * *
Uccello del mio cuore
non affliggerti
ti sfamerò con un chicco di gioia
sfavillerai
uccello del mio cuore
non piangere
ti sfamerò con un chicco di tenerezza
volerai via
uccello del mio cuore
con le ali abbandonate
non dimenarti
ti sfamerò con un chicco di morte
ti addormenterai
* * *
Ti cercavo nel morbido pelo del gatto
nelle gocce di pioggia
nello steccato
mi appoggio al buon recinto
e velata dal sole
- una mosca nella ragnatela –
aspetto…
* * *
Chiedi – cosa portano sul basto i cammelli da viaggio
essi portano il mio cuore
attraverso il deserto
quando mi lasciasti
restai sola
sotto il giallo sole
la terra era secca
e i cuori della gente vuoti
non per me sgorga
la fonte della tenerezza
a volte ti vedo
ma con le mani tese
tocco soltanto
il mio pensiero di te
chiedi – cosa portano sul basto i cammelli da viaggio
essi portano il mio cuore
attraverso il deserto
* * *
Il mondo morirà un poco
quando io morirò?
guardo guardo
indossando un collo di volpe
il mondo va
non ho mai pensato
di essere un pelo della sua pelliccia
io ero sempre qui
esso – là
eppure
fa piacere pensare
che il mondo morirà un poco
quando io morirò
(C) by Paolo Statuti