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Halloween con Arkana: Il primo eBook del Posto Nero è disponibile per il download

Creato il 31 ottobre 2011 da Alessandro Manzetti @amanzetti
Halloween con Arkana: Il primo eBook del Posto Nero è disponibile per il download
Questa sarà la notte di Halloween e Il Posto Nero ha da tempo preparato un prezioso regalo per i propri amici e lettori. E' disponibile per il download in formato epub la raccolta di racconti Arkana - Racconti da Incubo (Il Posto Nero Free Ebooks) curata da me e Daniele Bonfanti, con una splendida illustrazione di copertina di Daniele Serra, che contiene sette racconti mai pubblicati in Italia di grandi autori horror di livello internazionale come Jack Ketchum, Lisa Mannetti, Lisa Morton, John Eveson, Daniel Keohane, Michaeal Laimo e James Moore, e una introduzione di Rocky Wood, saggista e Presidente della Horror Writers Association.
Arkana - Racconti da Incubo è il primo titolo eBook realizzato dal Posto Nero, seguiranno poi altri titoli con un programma davvero entusiasmante. Potete dunque scaricare subito Arkana - Racconti da Incubo in formato epub, sotto trovate il link da utilizzare, per chi non dispone di un e-reader e non è molto pratico di epub e eBooks, nessun problema, potrete leggere il libro comodamente sul vosto pc scaricando l'applicazione Adobe Digital Edition, gratuita e di facile installazione e utilizzo, impiegherete circa cinque minuti. Per saperne di più e per ulteriori informazioni, potete leggere l'articolo Come leggere gli eBook sul PC di Matteo Poropat, che ha realizzato l'epub di Arkana.
Halloween con Arkana: Il primo eBook del Posto Nero è disponibile per il download
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Halloween con Arkana: Il primo eBook del Posto Nero è disponibile per il download
Se volete prima gustarvi un delizioso antipasto di Arkana, sotto troverete pubblicato integralmente uno dei racconti di Arkana, L'ultimo Halloween di Daniel Keohane, particolarmente adatto a questa speciale giornata.
Dunque, il programma è semplice: scaricate il libro, leggetevi i racconti, mandateci dei commenti e spargete la voce! Buon Halloween a tutti da parte del Posto Nero e di tutto lo staff Arkana.
Halloween con Arkana: Il primo eBook del Posto Nero è disponibile per il download
L'ultimo Halloweendi Daniel Keohane(traduzione di Nicola Lombardi)
«Mi tira i capelli...»Naomi si inginocchiò di fronte alla figlia, e le disse: «Resisti». Risistemò la fascetta di velcro che correva lungo il bordo interno del cappello da strega, poi ripose il copricapo sulla testa di Annie. Vestito e mantello nero, lo stesso costume dell’anno precedente, prima che il mondo scomparisse. Naomi condusse la figlia di sette anni verso la porta sulla quale l’attendeva Isabel, infilata nei suoi consueti jeans e scarpe da ginnastica –  sebbene la ragazzina tributasse un riconoscimento alla festa indossando un’abbondante T-shirt con teschio urlante. Le arrivava ai piedi–  una vecchia maglietta lasciata da Shuyler e reclamata da Isabel come pigiama. Le due gemelle – eterozigote – avevano personalità nettamente diverse. Annie era “appiccicosa”, non si allontanava mai da sua madre. Isabel assomigliava più al padre, tranquillamente indipendente.Isabel non voleva andare in giro a fare Dolcetto o Scherzetto. Sua sorella sì. Per nulla al mondo Naomi avrebbe voluto perdersi Halloween. Come avrebbe potuto Dio portarsi via l’uomo sul cui petto aveva dormito ogni notte per undici anni, e poi rubarle anche quella notte, un’occasione che ancora poteva condividere con le figlie?«Fuori, andiamo».Isabel prese la zucca di plastica arancione che le aveva dato Naomi, ma camminava con passi esitanti. «Mamma, dobbiamo davvero uscire? La signora Shaveet ha detto che era stato abolito…»«La signora Shaveet parlava della sua città». Naomi si fermò in fondo alla scalinata d’ingresso, ignorando lo sbuffo di nebbia che da un cantuccio del suo campo visivo fluttuava attraverso la strada. Attaccò un messaggio alla ciotola in equilibrio sulla ringhiera.SERVITI. LASCIANE UN PO’ PER GLI ALTRI.Sperava che venisse qualcuno, pur sapendo che nessuno sarebbe venuto. Il mondo era cambiato.Percorsero il vialetto e svoltarono a sinistra. I lampioni funzionavano ancora. Annie stringeva la mano di sua madre, ma entrambe le bambine stavano in silenzio, scrutando le sparute abitazioni lungo la via. Nessuna luce sotto i porticati. Solo occasionali bagliori dalle camere sul retro, o riverberi di candela, o di lampade schermate da fazzoletti. Le finestre anteriori si stringevano come occhi, incapaci di comprendere come la giovane famiglia potesse uscire in quella, o in qualunque altra, notte.I morti fluttuanti tra i cortili, ancora non avevano notato i vivi che risalivano la via. Isabel si manteneva vicina alla madre, a portata, ma a differenza di sua sorella non le teneva la mano. Né oscillava avanti e indietro la zucca di plastica nell’attesa che venisse riempita. Naomi notò questo particolare, pur concentrata com’era sui loro cauti movimenti. L’idea di dover procedere con circospezione, quella notte, alimentò il penoso dolore che aveva sperato di arginare con quella passeggiata, un’ora di nostalgica normalità per immaginare che il mondo si fosse raddrizzato. Deglutì, ignorando la paura che le andava crescendo nel ventre.Annie sussurrò, in preda a una paura più piccina, più confusa: «I Somersons non sono in casa».«Nessuno è in casa», mormorò la sorella. Così diverse, queste due, pensò Naomi una volta ancora, in un impeto d’amore che mitigò temporaneamente la sofferenza. Un debole sollievo, che poi si dissolse.Le case erano più distanziate fra loro, dalla loro parte di Lane Street –  un indirizzo di cui lei e Schuyler avevano riso quando l’agente immobiliare aveva mostrato agli sposini la loro futura casa. Un tempo, nel passato. Qualche anno dopo suo marito avrebbe percorso quel tragitto di Halloween assieme a loro, portando in braccio l’una o l’altra bambina, quando avevano le gambe stanche. I boschi di fianco alla loro proprietà brillavano per la fredda fluorescenza degli spiriti che aleggiavano verso di loro.«Magari sono a casa», disse, fermandosi un attimo davanti al vialetto d’accesso dei Cowles, con una voce che risuonò troppo alta nel silenzio del quartiere. C’era solo Hank, ricordò. Sua moglie era morta l’anno prima. Gli spiriti stavano percependo Naomi e le ragazzine, lo si deduceva dalla crescente popolazione di fluttuanti volute nebbiose che si modellavano e riflettevano le forme di quei corpi che un tempo ne avevano ospitato le anime – donne alte con i pantaloni ampi, uomini grassi in camicie che fuoriuscivano dalla cintura, piccole sfere di vapore che si svolgevano tramutandosi in bambini proprio come quella, e un attimo dopo quelle che stringevano la mano della loro mamma. Spiriti che ricordano, che cercano di ritrovare se stessi, senza mai riuscire.La tenuta dei Cowles sorgeva più all’interno della maggior parte degli altri edifici, rispetto alla strada. Un lungo, curvo vialetto.Ce n’erano troppi, di loro, lì attorno; si raccoglievano sulla strada come lucciole e s’illuminavano in risposta a un solitario segnale nelle tenebre. Come aveva potuto  portare le proprie figlie là fuori, e per cosa? Un dolcetto? Un dolce ricordo?«Quello è papà?» domandò Annie, indicando una corposa forma esitante in mezzo alla strada, al di là di un lampione, in attesa che Naomi o una delle ragazzine si trovasse abbastanza vicina da potersela portar via.«No», rispose automaticamente, e fu pervasa da un tale, doloroso senso di perdita della presenza di Shuyler che per poco non gridò. Strinse i denti, ripeté: «No», come per convincere se stessa, poi le guidò nel giardino di Hank Cowles, dove solo un debole fantasma indugiava in distanza, accanto al retro dell’abitazione. Le finestre erano scure, niente luci sulla veranda, nulla che desse loro il benvenuto sulla soglia. Una luce vivida proveniva dal retro, dalla cucina, forse. Ogni anno, per Halloween, Hank si procurava quelle grosse barrette caramellate per i bambini. Forse avrebbe… forse…«Mamma…?» Era Isabel, scuotendole una mano con una tale urgenza da indurre Naomi a guardarsi alle spalle. I boschi dall’altra parte della strada si erano rivestiti di nebbia, singole volute che si univano, poi si frangevano, avanzando come un’onda verso di loro.Potevano tagliare attraverso il prato, non tanto precipitosamente da far preoccupare le ragazze. Annie e Isabel si mantenevano mezzo passo indietro, e tiravano Naomi per le braccia. La donna si morse il labbro inferiore, trattenendo il suo crescente terrore e concentrandosi sulla porta d’ingresso. Per un momento aveva perduto la testa, portandole fuori, ma poteva salvarle. I fantasmi stavano dando loro la caccia nel loro modo indolente. Costringendole all’angolo. Il solitario simulacro che aveva indugiato nel buio, sul retro della casa, si era spostato su un’impercettibile brezza verso la parte anteriore. Se il vecchio Hank non avesse risposto, lei e le ragazze sarebbero state circondate.Sotto il portico Naomi liberò a forza una mano dalla stretta di Isabel, cercando di non chiedersi perché avesse scelto di lasciare lei, e non l’altra, e schiacciò il campanello. Un ding-dong dall’interno, soffocato dalle porte e dalle finestre chiuse. Forse potevano correre al di là del cortile, quindi tornare sulla strada, aggirando la folla di morti in avvicinamento e guadagnando la via di casa. Premette una volta ancora il campanello. Isabel si teneva aggrappata con entrambe le mani alla giacca di Naomi, mentre la zucca di plastica sbatacchiava in mezzo a loro. Naomi si guardò alle spalle. Il cortile era infestato da cumuli di nebbia simili a gigantesche tele di ragno tese sulla rugiada del mattino, affamati della loro luce interiore, la loro “essenza vitale”, se si doveva prestar fede agli scienziati e agli speaker dei notiziari via cavo. Ma come potevano sapere? Gli spiriti sarebbero entrati in loro sfruttando ogni minimo orifizio.Naomi e le sue ragazze si sarebbero contorte sull’umida erba autunnale, quando gli spiriti le avessero prosciugate, quando le avessero mangiate vive dall’interno. Perché lo aveva fatto, perché aveva sacrificato le sue figlie solo per quel…La porta interna si aprì.«Porca puttana, Naomi! Venite dentro, subito!»

* * *Mentre Hank Cowles teneva aperta la porta esterna a zanzariera per farle entrare, si sforzò di non pensare al bicchierino di Jack Daniels che si era appena versato in cucina. Quando aveva udito il suono del campanello quasi si era preso il tempo per buttar giù il suo goccetto, comprese ora che se lo avesse fatto, in quei pochi secondi…Gli spiriti erano quasi sulla soglia. Appena Naomi fu in casa, seguendo le ragazze, Hank lasciò che la porticina esterna si richiudesse ritirandosi di un passo, serrò la porta principale e tirò il catenaccio. La serratura stessa era un’illusione, ma era bello chiuderla, sentirne il click.Riappese la lunga coperta davanti alla porta, assicurandola al chiodo sporgente conficcato nel telaio. La trapunta, che alternava quadri fiorati di vari colori, era stata realizzata da Phyllis molto tempo prima. Logora ormai. Connie McCarthy, che abitava più su lungo la via, l’aveva presa in prestito, così come ogni tendaggio su cui fosse riuscita a mettere le mani quando era cominciata quella merda, pochi mesi prima. Ne aveva fatto un fagotto e lo aveva portato alla chiesa cattolica per farlo benedire, per tener fuori gli spiriti. Hank non sapeva decidere se si trattasse di un sacco di stronzate o meno, ma fino a quel momento niente era riuscito a filtrare all’interno.Connie aveva anche inviato Padre Jim per impartire una benedizione alla casa. Il sacerdote, nervoso, era rimasto in piedi sotto il portico, una piccola bottiglia di plastica piena d’acqua santa in una mano e un sacchetto di candele nell’altra. Per quanto si sforzasse, Hank non riusciva a ricordare altri dettagli, solo quell’uomo, vestito di nero anche nella calura di inizio estate, che appariva tanto a disagio per la situazione quanto lo era Hank. Il resto, solo una densa foschia.Così erano i giorni e le notti, negli ultimi tempi.Si diede da fare per sistemare le bambine sul divano del salotto, e Naomi sul divanetto. In cucina ignorò il richiamo del bicchierino che lo attendeva impaziente sul bancone e frugò in una credenza, trovando un sacchetto di barrette di cioccolato vecchie di tre mesi che teneva per quando Robyn gli faceva visita con i suoi figli. Portò il sacchetto in salotto, cercando di non chiedersi come mai Robyn fosse venuta a trovarlo una sola volta, da luglio, e perché ancora non rispondeva al telefono. Troppo impegnata per chiacchierare col suo vecchio, niente di più. Non era certo di quale fosse l’eventualità peggiore: che non volesse chiamare, o che non potesse.«Ecco qua, ragazze». Hank rovesciò in mezzo a loro il sacchetto dei dolcetti. «Mi scuso per il mio linguaggio di poco fa». Lo disse a loro, non a Naomi.Isabel si infilò rapidamente un dolciume in bocca e prese a scartarne un secondo. Hank si raddrizzò e guardò verso Naomi, indicando con un brusco cenno del capo la finestra sull’ingresso.* * *«Ma che cazzo pensavi?»Naomi si ritrasse. Le imprecazioni di Hank non si confacevano al suo aspetto, il tipico nonno alto con radi ciuffi di capelli bianchi sulla testa. La sua voce era bassa, perché non venisse udita dal salotto. La finestra panoramica davanti a loro era drappeggiata da due lunghe tende sottili. Permettevano di vedere fuori, o almeno lo avrebbero fatto, se Hank non avesse acceso le luci. Il vetro, perlopiù, rifletteva le immagini dell’interno. Aveva portato in chiesa anche quelle, come aveva fatto chiunque altro? Probabilmente. La coperta appesa sopra la porta lo lasciava supporre.La donna scosse il capo. «Sono così giovani, ed è Halloween. Dolcetto o Scherzetto». Ogni parola suonava debole, tanto che non si diede pena di formulare frasi complete. Che diavolo aveva avuto in mente? Scostò con due dita la tenda di sinistra. Un volto bianco apparve dall’altra parte del vetro, una presenza in competizione con il riflesso di Naomi. Scontrandosi con la finestra si sfaldò, la sua sagoma fumosa distesa e poi svanita. Quanti ce n’erano, in giardino, pronti ad abbattersi contro la casa, nella speranza di trovare un’entrata?Quante case nella loro via erano ormai vuote, perché i proprietari non avevano prestato ascolto agli avvertimenti e non avevano sigillato fuori i fantasmi prima che fossero trascorse troppe notti?Hank le si avvicinò finché le loro spalle si toccarono.«Non c’è più alcun dannato Dolcetto o Scherzetto, Naomi. Tu devi saperlo cosa vi sarebbe successo se non vi avessi aperto quella cazzo di porta. Per poco non l’ho lasciata chiusa. Ero in cucina…» La sua voce si smorzò, ma quando tornò, ancora un sussurro appena, il tono era più tagliente. «Per tua informazione, ho aggiustato il campanello solo quest’estate. Cosa sarebbe successo se non lo avessi fatto, e voi…»Naomi si allontanò, lasciando che l’orlo della tenda ricadesse al proprio posto, e si diresse al divano, dove le figlie stavano mangiando i loro dolcetti in uno spaventato silenzio, fissando gli adulti con occhi di cerbiatte. Non erano stupide, né sorde. Era stata chiamata a rispondere delle proprie azioni, e ora probabilmente le due ragazzine si stavano domandando se la loro madre non le avesse quasi uccise.Basta, pensò la donna, basta così, è Dolcetto o Scherzetto, è Halloween, spasso, spasso, spasso, e avvertì che le fibre della sua sanità mentale si andavano sfilacciando, e allentando, mentre lei faceva davvero, davvero del suo meglio per tenerle assieme. Si chinò e si sedette sul divanetto di fronte a loro.Hank, che si era mantenuto un paio di passi indietro, si sistemò poi sul divano in mezzo a Annie e Isabel, dopo aver spostato il sacchetto. Afferrandole per le spalle, avvicinò quindi a sé le ragazzine in un amichevole abbraccio.Nessuno parlò. Non subito, almeno. Naomi immaginò i suoni di una decina di spiriti che veleggiavano nella casa, scomparendo dall’esistenza, rotolando lungo il margine fino a che– sarebbero tornati a congiungersi, oppure quello era un sistema per sfuggire al loro tormento, e trovare la Luce?A meno che il cielo non fosse già veramente pieno, come gli evangelisti alla radio continuavano a dire. Secondo loro, i Cancelli si erano chiusi per sempre, lasciando che i morti, bramosi, cercassero e brancolassero e desiderassero la liberazione. Ma come potevano sapere una cosa del genere?Hank liberò un braccio e picchiettò gentilmente la mano sul ginocchio di Annie, rivestito di nero. La ragazzina aveva lasciato il mantello accanto alla porta, ma indossava ancora il cappello a punta, la vuota cesta a forma di zucca sul pavimento, accanto ai piedi. Disse: «Voi due, ragazze, e la vostra mamma, potete rimanere qui, stasera. Possiamo mangiarci dei popcorn, e ho Il Grande Cocomero in DVD, mi pare. Me lo ha dato mio nipote l’anno scorso. Che ne pensate?»Isabel guardò la madre, una silenziosa supplica negli occhi. Per favore, non le disse, non farci uscire, per favore, so che volevi farci divertire e che facessimo questa cosa, ma per favore non farci uscire, perché noi lo faremo, se tu ci dirai di farlo, e fingeremo di non essere spaventate, anche se lo saremo, e non vogliamo morire, per favore, per favore, per favore…Naomi distolse lo sguardo, chiuse gli occhi, lasciò che il mondo oltre le sue palpebre si diluisse, e che quello dentro il suo petto si sganciasse ancor di più. Quando li riaprì, pochi secondi dopo, Annie si stava leccando le dita abbandonando l’ultimo involucro di caramella sul tavolino di Hank.«Penso di aver visto papà, là fuori».* * *Isabel sospirò. «Non era papà. Non gli assomigliava neanche un po’».Hank si irrigidì; guardò Naomi, dapprima con sorpresa, poi con snervata disperazione. Shuyler era morto?Naomi restituì lo sguardo, espressione tranquilla, una scossa del capo quasi impercettibile. «No, non c’era nessuno là fuori. Non era papà. Ne sono sicura. Solo un altro spirito».Annie si sporse oltre Hank per fissare la sorella. «Poteva essere. Forse è tornato per fare ancora Dolcetto o Scherzetto con noi. Solo perché è morto non»«Non dire così! Lui è in cielo, con la nonna!» Isabel voltò la testa, incrociando le gambe sul divano. Hank liberò entrambe le braccia. Naomi stava guardando il tappeto, ora. Si schiarì la gola, e si alzò in piedi. Uno schiocco ovattato dalle sue ginocchia, ma non provò dolore, non questa volta.«Farò un po’ di popcorn, vi sta bene?»Naomi si stava guardando alle spalle, verso l’ingresso principale. Annuì senza voltarsi.«Mi farebbe comodo una mano. Il Grande Cocomero dovrebbe essere nell’armadietto sotto la TV, ragazze. Fatemi sapere se siete capaci di far funzionare quell’aggeggio». Le due bisticciarono per impossessarsi  del telecomando. Isabel ebbe la meglio, e ordinò a Annie di cercare il film. Naomi esitò un momento ancora, infine si alzò e seguì Hank attraverso la porta a spinta a due battenti in cucina.L’uomo assaporò il whisky sulla lingua prima ancora di raggiungere il bicchiere. La bottiglia di Jack Daniels era aperta lì vicino. Una natura morta in attesa di essere rianimata. Hank ricordò di non essere solo.«Devi berlo, se vuoi che faccia qualche effetto», gli disse Naomi, alle spalle. La faccia di Hank arrossì, sia per l’imbarazzo che per la collera. Che si fotta, pensò, e sollevò il bicchiere,  saggiandone con piacere il peso, anelando al sapore, al bruciore, prima che le sensazioni, finalmente, fluissero sulla sua lingua e giù nella gola. Lo trovò meraviglioso, e terribile. Si fotta, pensò di nuovo. Non aveva alcun diritto di giudicare.Il whisky lavò via tutto per alcuni secondi. Hank si calmò. Naomi non lo stava giudicando. Non avrebbe osato, non dopo quanto aveva fatto. Riavvitò il tappo sulla bottiglia, poi aprì lo sportello in alto; trovò un pacchetto di mais Orville Redenbacher, ne strappò la confezione di plastica, inserì il sacchettino nel microonde e impostò  su Popcorn.Solo allora si voltò. Il whisky aveva diffuso il suo lento calore, acquietandolo. Hank lo abbracciò, accogliendo il torpore del suo piccolo bacio. Il forno a microonde canticchiava dietro la sua testa.«Mi dispiace, Naomi. Non sapevo che Shuyler fosse morto». Quando lei non rispose, aggiunse: «È morto?»Naomi alzò quei suoi tristi occhi castani. Occhi folli, forse. Scosse il capo, ma disse: «Sì. È morto, come marito, e sicuramente come padre».«Ma non è…» Hank agitò una mano, distrattamente, verso la velata finestra posteriore. «… effettivamente morto-morto». Naomi scosse ancora la testa. Nient’altro.«Dove è adesso?»«E chi diavolo lo sa? Non qui. Non a casa». La sua voce aveva preso a salire di tono. «Meglio che loro pensino che quello è morto, e che non è in grado di tornare a casa, piuttosto che la verità, cioè che ha semplicemente scelto di non farlo».Il sacchetto scoppiettante si placò, poi il microonde emise un bip. Hank aprì lo sportellino e recuperò il cartoccio, stando attento a non scottarsi le dita per il vapore. Non appena ebbe rovesciato i popcorn nella ciotola di porcellana, quella con i fiori giallo brillante che tanto piaceva a Phyllis, Naomi aggiunse: «Certe notti Isabel fissa i fantasmi fuori dalla finestra, e lo cerca. Giuro che una volta è quasi corsa fuori, pensando…» Si morse un labbro.Hank le toccò un braccio, con leggerezza. La donna stava tremando, e piangeva senza lacrime. Scosse la testa e si morse ancora, rilasciando infine il labbro con un sospiro. Era distrutta. Si voltò verso la porta a spinta. «Sarà meglio portar loro»«Non ancora». Hank la trattenne per un braccio e si intromise fra lei e la porta. «Quello che hai fatto stasera– andare là fuori, con tutte quelle cose in attesa. A cosa diavolo stavi pensando?»* * *A cosa stava pensando? A Naomi mancava Halloween, lo desiderava quasi quanto sentirsi attorno il braccio di Shuyler. Dormiva poco, in attesa di un abbraccio che non arrivava più. Tranne che dalle sue figlie. Per loro, ogni anno si lasciavano trasportare da quella notte magica, con Shuyler, tanto tempo fa, giù per la loro tranquilla via, casa per casa, dolcetto o scherzetto, sorridendo nel buio, tenendosi per mano, facendo brillare le loro torce davanti alle ragazze, dicendo loro di non correre…Essendo una famiglia.Naomi avrebbe voluto dire tutto questo al vecchio mezzo ubriaco che le stava di fronte. Invece, passò oltre e raggiunse il salotto. L’uomo la seguì con la ciotola dei popcorn.Le ragazze erano riuscite a trovare il cartone animato dei Peanuts in mezzo al folle caos dei DVD che si erano riversati dall’armadietto. Lo guardarono in silenzio per una mezz’oretta; Naomi questa volta seduta fra di loro e Hank  sul divanetto. Sorridevano, con quella mezza espressione di chi si aspetta di ridere senza mai ridere davvero. Immagini di bambini fantasma coperti da lenzuola, un tempo così simpatici…Lo spettacolo finalmente terminò.Hank si schiarì la gola, e offrì a Naomi la propria stanza. Lui avrebbe dormito sul divano. La donna chiuse gli occhi, sentendosi precipitare. Non aveva bisogno di quell’uomo alto e triste perché si prendesse cura di loro, ma di Shuyler. Odiò se stessa, per tutto quanto.Aveva le braccia intorpidite. Le scosse per risvegliarle, e si alzò.«Meglio andare, adesso». Si diresse alla porta, oltre la cui vetrata le sagome fumose dei morti erano fugaci ombre bianche.Hank rimase a fissarla fino a quando le due ragazzine si alzarono nervosamente dal divano e mossero piccoli passi verso la madre. Poi, dovette sforzarsi sulle gambe per sollevarsi a sua volta. «Voi non uscirete, Naomi». Agitò una mano all’indirizzo della finestra. «Immagino che ce ne siano un bel po’, là fuori, adesso. Sistematevi qui per»«No». La donna infilò un braccio nella manica del cappotto. Le ragazze tentennarono, poi si fermarono, più vicine a Hank che a Naomi. Le si velò lo sguardo. La odiavano per ciò che aveva fatto quella notte, per ciò che non era riuscita a fare.«È Halloween», disse, infilando anche l’altro braccio nel cappotto, «e se nessun altro, in questo quartiere del cazzo…»«Mamma!»«… intende festeggiare, allora possiamo accendere un fuoco e… e…»Annie le si avvicinò come se fosse stata un animale strano, timidamente, un braccio sollevato. «Mamma, non piangere. Andremo a casa, se vuoi, ma per favore non piangere».No, pensò Naomi. Stai indietro. Non posso più prendermi cura di te. Resta con quest’uomo solitario e non con me, perché io non so più che cosa fare per renderti felice.La voce di Hank suonò calma. «Non puoi andare fuori, Naomi».Non so più cosa fare, pensò di nuovo. Ho bisogno di tornare a casa.* * *La donna era pazza. Hank alzò le mani, e parlò come avrebbe fatto con qualcuno che stesse sventagliando una pistola qua e là per la stanza. Voleva un drink, e quasi considerò l’ipotesi di chieder loro di aspettarlo mentre tornava in cucina, per poi rendersi conto che quell’idea era folle tanto quanto lo erano le intenzioni di Naomi. Quasi. O forse di più. Sbatté le palpebre, cercando di concentrarsi.«Aspetta. Almeno spegniamo le luci e guardiamo fuori, così da vedere meglio quello che ti aspetta. Se stai pensando seriamente di uscire, intendo. Forse…», un passo in avanti, «… se vedi, cambi idea». Per nulla al mondo avrebbe permesso alle ragazze di uscire, ma per il momento avrebbe tentato con la diplomazia.Naomi indietreggiò di altri due passi verso la porta. Si chinò, e afferrò il mantello da strega di Annie. Annie toccò distrattamente il proprio cappello a punta, come faceva Lucy nel cartone animato. Hank decise che a quel punto Naomi era perduta. Tutto si andava disfacendo. Phyllis avrebbe saputo cosa fare, ci avrebbe ragionato, con calma, avrebbe preparato un tè per quella svitata sulla porta. Ma Phyllis era morta, per cui non aveva alcun senso perdersi in simili pensieri.Hank rimase accanto alle ragazze, aspettando di vedere cosa sarebbe successo ora, perché – sicuro come l’inferno – non ne aveva idea.Gli occhi di Naomi non si focalizzavano mai abbastanza su qualcuno, solamente svolazzavano per la stanza. Il nodo nel petto di Hank si allentò un poco quando finalmente la donna annuì. «Okay. Diamo un’occhiata».Lui fece un cenno indicando le diverse lampade e mormorò qualcosa alle ragazze, le quali si affrettarono a spegnerle. La stanza affondò nel buio, a eccezione della luce che scivolava attraverso la porta a spinta della cucina, di quella dei lampioni in strada e dello stesso flebile bagliore degli spiriti.Naomi esibì il dito medio alla luce sotto la veranda.Hank portò le ragazze alla finestra panoramica, scostando prima a destra e poi a sinistra le tende di pizzo lungo le loro guide. Al di là del vetro, i dettagli del mondo risultarono più chiari. Non era una buona cosa. Il cortile era invaso dalla nebbia. Alcuni sbuffi brumosi avrebbero anche potuto essere reale foschia, ma per la maggior parte si muoveva di propria spontanea volontà, protendendosi e camminando su gambe temporanee. A volte, un braccio si svincolava da un corpo deforme e diveniva distinguibile, per poi ripiegarsi su se stesso. Un nebbioso simulacro si precipitò verso il vetro, come sospinto da un vento improvviso. Hank zittì le ragazze, accarezzando loro le spalle. «Va tutto bene, non possono entrare». La donna (sembrava una donna, ma molti di loro lo sembravano, così esili e aggraziati) era perfetta, nella forma e nei dettagli, prima di scontrarsi con la finestra, strusciando come edera intorno alla casa.«Mamma!»Hank guardò a sinistra. La porta era chiusa, la coperta ancora appesa, ma oscillava leggermente poiché lei era appena uscita.«Mamma!» Annie stava guardando fuori dalla finestra, non verso la porta. «Torna indietro! Mamma!»Nel cortile, Naomi correva fra gli spiriti gridando qualcosa che Hank si sforzò di udire. Dove sei? Forse. Non si rivolgeva ai fantasmi, ma urlava verso l’alto, agli alberi, al buio, a Shuyler, ovunque fosse quel bastardo. «L’hai rovinato!» Il vecchio la sentì con chiarezza, la stridula voce di Naomi levarsi e poi calare, come la nebbia che la circondava.Hank posò le mani sulle spalle delle ragazze, e richiuse le dita sopra il tessuto della camicia di Isabel e del costume di Annie. Improvvisamente quelle si scostarono, cercando di fuggire. Lui le trattenne, sollevato quando Annie smise di agitarsi. La ragazza premette contro il vetro i palmi delle sue piccole mani, e chiamò “Mamma! Mamma!” più e più volte, appannando il suo lato della finestra.Hank aveva qualcosa da dire, ma “Non…” fu tutto ciò gli uscì dalla gola.«Lasciami andare!»«Mamma!»Hank inspirò a fondo, poi gridò verso il vetro: «Naomi! Torna qui! Adesso!» Le sue parole generarono nuovi spettri sulla finestra. La bottiglia era in cucina. Le ragazze stavano ancora strillando, Isabel più di Annie. Gli dolevano le dita, lingua secca.Come squali, gli spiriti conversero da troppe direzioni perché Naomi potesse sfuggire.Hank si staccò dalla finestra, trascinando con sé le ragazzine. Gli dispiaceva essere brusco, ma quello non era il momento per essere delicati. Le spinse sul divano, e urlò: «Restate qui!», prima di precipitarsi alla porta d’ingresso. Devo sbrigarmi, pensò.Quanto meno, occorreva far vedere che ci provava, a salvare la loro madre.Strappò via la coperta dai chiodi e la lasciò cadere. «Naomi!» gridò, non appena ebbe aperto la porta.Una massiccia, grassa forma stava ritta sotto il portico, aspettando lui, o semplicemente si trovava al posto giusto in quel momento. Il risucchio d’aria generato dallo spalancarsi della porta la trasse in avanti. Fluttuò attraverso la zanzariera e si frammentò. Senza la barriera rappresentata dalla coperta, si ricompose, e gli si riversò contro senza peso. Hank gridò con voce ovattata, intrappolata nella sua stessa testa. Cercò di richiudere le porte sbattendole, per tenere al sicuro le ragazze, ma quel fumo morto gli si avvinghiava addosso e non fu sicuro di esserci riuscito. Lo respirò; la nebbia tornò a solidificarsi dentro il suo stomaco, tagliente come vetro, frantumandogli la visuale. Hank cadde in ginocchio e prese a contorcersi, sperando che le ragazze fossero rimaste sul divano.Cercò di urlare ancora, ma non ne fu capace, piegato in due sul pavimento.Gli parve che Annie fosse di nuovo alla finestra, intenta a chiamare la madre. Provenivano grida anche dall’esterno. Naomi?Isabel entrò nel suo campo visivo, la voce lontana. «Aiuti la mia mamma, per favore, signor  Cowles, aiuti la mia mamma». Avvertiva la porta aperta ai suoi piedi, la brezza della notte sussurrante all’interno della casa. Come un’onda, la nebbia sollevata alle spalle della ragazza. Il corpo di Hank venne scrollato. Forse era Isabel a farlo, o magari era ciò che si prova quando qualcosa ti afferra l’anima e te la trascina lontano, molto lontano.Aveva fatto entrare il sacerdote, quel giorno, oppure no?Hank conosceva la risposta, naturalmente, osservando la nebbia cangiante che scendeva sulla ragazza. Il prete si era offerto, ma Hank lo aveva mandato via. Troppo da bere, la sera prima, e un po’ anche al mattino, tanto per compensare. Stava già meglio, quando Padre Jim era arrivato, ma non abbastanza per affrontare quello stronzo in nero con la sua acqua e le sue candele. Ricordava di aver pensato a questo, prima di chiudere la porta. Il sacerdote non era mai tornato; probabilmente si era messo l’anima in pace, e si era rivolto ad altri, più sobri vicini.Mi dispiace, pensò Hank, mentre lo spirito inghiottiva Isabel. Ti ho condannata, come ha fatto Naomi.* * *Hank si risvegliò sul pavimento, accostato a un fianco del divano. Le ragazze dormivano, l’una fra le braccia dell’altra.Luce del giorno ovunque.Le guardò. Erano così pallide. Occhi arrossati e gonfi nel sonno. Si erano addormentate piangendo, forse. Non riusciva a ricordare. Si leccò le labbra, senza nemmeno avvertire la sensazione della lingua sulla pelle, e si scostò di lato, facendo attenzione a non svegliare le ragazze. Più per abitudine che per reale desiderio, decise che avrebbe fatto una capatina in cucina, per un goccetto del risveglio. Ma la porta d’ingresso era ancora aperta. Non lasciare la porta aperta, gli avrebbe gridato Phyllis in tempi felici, e perduti, o la nostra Salvezza fuggirà via.Rise. Senza produrre alcun suono, ma andava bene così. Si sentì la risata nel petto.Una piccola mano sopra la sua. Sentì anche quella. Gli occhi di Annie erano aperti. La ragazzina sorrise e diede un colpetto al braccio della sorella. Isabel si svegliò più lentamente, guardandosi attorno con cautela.Con le mani si stirarono e si spazzolarono i vestiti: Isabel la sua larghissima maglietta, e Annie il suo sgualcito costume da strega, cercando di distrarsi. Nessuna voleva guardar fuori.Forse Naomi era tornata.Hank sospirò e ondeggiò verso la porta, fingendo di non vedere i corpi riversi sul pavimento. La casa era aperta sul mattino. Percepì dietro di sé le ragazze, che gli stavano permettendo di dare il primo sguardo.Seduta sul prato, accanto al proprio corpo caduto, Naomi voltò il capo e vide le figlie. Dal suo viso non trasparì alcun luminoso bagliore di gioia, solo un rinnovato dolore, profondo e terribile. Hank aveva voglia di gridare, di urlare al cielo azzurro, ma non aveva voce. Non l’avrebbe più avuta.Le ragazze attraversarono correndo il prato, finendo fra le braccia della madre. C’erano altre due persone che indugiavano là fuori: un uomo magro, di colore, disteso lungo il vialetto, gli occhi serrati con forza, che stava urlando senza voce rivolto al lastricato; e una donna anziana che vagava ai margini del bosco, dall’altra parte della strada, espressione vuota sul viso; ma non era Phyllis, certamente non Phyllis. Di sicuro, sua moglie aveva raggiunto il paradiso prima che fosse pieno.Hank desiderava un drink, ma poi si chiese il perché, ben sapendo che voltarsi avrebbe significato riconoscere il corpo sul pavimento, un corpo succube di quella dipendenza. Salì invece sul portico e si sedette in veranda. Ebbe la sensazione di sedersi, in ogni caso. E allora, simile a un’idea per metà dimenticata, lentamente si fece strada in lui l’onda di un nuovo desiderio. Aveva bisogno di qualcosa, ma non di whisky. Le ragazze erano corse dalla loro madre spinte dallo stesso impulso. Via via che la luce del mattino si acuiva tendendo al mezzogiorno, esse smisero di toccarsi, soltanto se ne rimasero sedute, aspettando come aspettava Hank, alimentando nei loro corpi un crescente dolore per qualcosa che non potevano raggiungere nell’opprimente luce del sole.Il chiarore del giorno si ammorbidì. Il pomeriggio stirò le ombre degli alberi sul cortile, e fra loro si levò il bisogno del tepore di un’altra persona, di un’altra anima che riempisse il vuoto della vita che avevano perduto. Hank avvertì l’esigenza di perdersi in qualcuno, di rubargli ciò che aveva, sapendo in qualche modo che mai si sarebbe sentito soddisfatto, né che mai avrebbe restituito ciò che gli avesse preso. Solo andare avanti, prendere qualcun altro. Continuare a provare.Sotto il peso del giorno che scivolava nel crepuscolo, Hank si allontanò fluttuando dal portico. Naomi e gli altri fecero lo stesso. Si spostarono, si riunirono, tutti loro nell’attesa che il giorno morisse del tutto, così da poter trovare qualcosa, o qualcuno, per colmare il vuoto che avevano dentro.


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Autore: Daniel Keohane. Ha scritto molti racconti e opere brevi, pubblicati su diversi magazine come Cemetery Dance, Shroud Magazine, Apex Digest e nella raccolta Christmas Tree and Monkeys. Il suo primo romanzo Solomon’s Grave, finalista nel 2009 al Bram Stoker Award nella categoria primo romanzo, è stato pubblicato prima in Europa e poi negli USA. Recentemente è stato pubblicato in Germania il suo secondo romanzo, Plague of Darkness, e da pochi giorni è uscito il suo nuovo romanzo Margaret's Ark. In Italia è già stato pubblicato da Edizioni Il Punto d’Incontro (Il segreto di Salomone) e un suo racconto inedito, La Linguista, è stato pubblicato recentemente all'interno della rubrica Queen Anne's Resurrection del Posto Nero. Leggi l'intervista con Daniel Keohane sul Posto Nero  Sito Web
Traduttore: Nicola Lombardi, nasce a Ferrara nel 1965 ed esordisce nel 1989 con la raccolta Ombre - 17 racconti del terrore. Lavora per alcuni anni presso Profondo Rosso, la bottega romana degli orrori di Dario Argento; si lega al movimento NeoNoir pubblicando racconti, articoli e traduzioni per Newton & Compton, Stampa Alternativa, Perseo Libri, Datanews, nonché i romanzi tratti dai film di Argento Profondo Rosso e Suspiria (Newton & Compton). Per anni ha collaborato con il periodico Mystero in veste di narratore e traduttore. Ha pubblicato diverse raccolte: I racconti della piccola bottega degli orrori, La fiera della paura (Mondo Ignoto) e Striges (Robin), e il romanzo I ragni zingari (Edizioni XII).
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