Svolgimento
Era il crepuscolo, il sole tramontava presto, la brezza marina portava l’odore delle alghe putride fino ai piani alti delle case, dove i bambini vomitavano una sera sì e una sera no. Le luci della città iniziavano ad accendersi, non tutte, c’erano sempre dei lampioni fulminati in quella zona, forse conseguenza di una scelta precisa dell’autore per creare l’atmosfera giusta.Dopo una giornata all’aria aperta, correndo da un ufficio all’altro, cercando di sgusciare tra le auto per non farsi ammazzare sulle strisce pedonali, Emoticann rientrava spossata e l’unica voglia impellente era anche quella più banale, una doccia tiepida e poi il divano comodo.Almeno una volta al giorno si interrogava sul perché di quel nome bizzarro che le aveva appioppato sua madre quando era nata, trentasette anni prima, quasi trentotto, era un nome poco comune, anzi mai sentito, un nome del cazzo. Solo pochi intimi la chiamavano Emoticann, alcuni colleghi la chiamavano Ticann, altri preferivano Cann, i più pigri la chiamavano Ann. Questo nome la faceva arrabbiare molto, e nel corso dell’adolescenza non erano stati pochi gli episodi di rissa, scatenati da storpiature anagrafiche e scherzi di vario genere.
C’è una cosa che di solito succede in tutti i film, nel momento in cui il protagonista si spoglia ed entra nel box-doccia, un uomo penetra in casa passando dalla finestra e si nasconde dietro una tenda del salotto. In questo caso, la finestra era chiusa, la tapparella abbassata, l’uomo dovette percorrere tutto il perimetro esterno della casa e provare dalla porta di servizio sul retro. La porta dava direttamente nella cucina, con i coltelli sul piano di lavoro in granito.
- Perfetto, pensò l’uomo, questo è un posto sicuro e tranquillo, aspetterò qui.Il sapone che Emoticann aveva comprato all’emporio cinese sapeva di salvia e rosmarino. L’uomo avvertì l’aroma che invadeva la casa insieme al vapore ed ebbe un fremito. Strinse nel pugno libero un lembo della tenda pesante che lo nascondeva alla vista.Emoticann finì di cantare un pezzo a caso degli Abba, si risciacquò sotto un getto d’acqua tiepida, indossò l’accappatoio, si spostò nella camera da letto, cominciò a cospargersi il corpo di olio profumato.Nell’ombra della cucina l’uomo cercava di captare il minimo rumore che gli facesse intuire la posizione della donna all’interno della casa e cosa stesse facendo, ma il ronzio continuo del motorino dell’autoclave copriva ogni suono. Doveva cambiare nascondiglio.Emoticann cominciò a vestirsi, era una donna minuta e agile, non ci impiegava mai più di tre minuti. L’uomo guardò l’orologio e ne approfittò per spostarsi nel bagno e intrufolarsi nella doccia.Emoticann entrò in cucina e si preparò la cena, qualcosa di leggero. L’uomo, dopo tre ore che stazionava nella doccia era già stanco. Era indispensabile agire al più presto, non c’era molto tempo.Goran Bregovic, “Polizia Molto Arrabiata”, risuonò facendo vibrare i tramezzi sottili. La donna gridò a sé stessa: Marcolto! che poi era il nome di suo marito, si erano sposati a novembre di tre anni fa, lui stasera era fuori città per lavoro, anche lui con il suo nome del cazzo. Uscì di scatto dalla cucina e corse in bagno dove aveva dimenticato il cellulare che suonava a volume massimo. L’uomo nel bagno gli era preso un mezzo colpo allo scatenarsi della suoneria balcanica, sperava di non essere scoperto, altrimenti sarebbe saltato tutto. Il vapore rendeva viscide le pareti e il pavimento di ceramica. Entrando in bagno, Emoticann si accorse che il box-doccia era chiuso e un’ombra scura si muoveva al suo interno, Emoticann sussultò scivolò sgraziatamente e finì lunga per terra, senza procurarsi la minima contusione.L’uomo nella doccia sentì lo schianto della caduta e si agitò. Vuoi vedere che questa qui si fa male da sola? pensò, e si precipitò fuori per accertarsene. Poggiò il piede sulla saponetta alla salvia e rosmarino, planando dritto verso il bidet e contro lo spigolo di questo fine pezzo di design, l’uomo si spaccò la testa e ci rimase secco.
Emoticann, ancora stordita per la caduta, si voltò lentamente e si accorse che le sue dita sguazzavano in una pozzanghera di sangue caldo che si spandeva a vista d’occhio, se lo sentì salire alle tempie anche se non era il suo, tutto il bagno era devastato da schizzi di sangue, e anche lei, dopo la doccia appena fatta. Poi vide gli ultimi sussulti dell’uomo di mezza età in giacca e cravatta, con la testa aperta, che la guardava con gli occhi verdi e assenti, nella mano destra tre rose rosse.- Cazzo, Marcolto, pensò stizzita, sei il solito stronzo.
Raimondo Quagliana