
Evasi dalla prigione-incubo di Lazareth, il gruppo di fuggitivi cerca prima un rifugio per nascondersi dalle ricerche, quindi, dopo scontri rocamboleschi, si mette a sua volta sulle tracce di Jed, l’ex complice di Helena “Hammer” Svensson. Loro mezzo di trasporto una nave gioiello della tecnica, rubata in una delle loro tappe, che hanno battezzato con il soprannome di Helena.
Nel secondo numero di Hammer è lo scenario ad attrarre l’attenzione, ed è alla sua caratterizzazione che si dedicano gli autori (Stefano Vietti ai testi e Giancarlo Olivares ai disegni), mentre le personalità dei protagonisti restano ancora allo stato di abbozzo senza particolari sfumature. Seppure abbiamo ancora incursioni nel cyberspazio, la storia ci trasporta attraverso il sistema solare, dalla fascia degli asteroidi alla Luna, quindi a Titano. Abbiamo ancora mecha, cyborg e panorami pesantemente urbanizzati, ma anche terraforming e nuove religioni. Dalla claustrofobia degli universi informatici, la visione si amplia e lo sguardo si alza alla ricerca di quel senso del meraviglioso che aveva segnato il passato della fantascienza.


Se quindi gli autori versano nella storia consistenti elementi di space opera, ad amalgamare il composto è una visione che, se non parodica, è certo giocosa e consapevole delle collocazioni storiche dei vari generi e temi fantascientifici impiegati. L’Enclave dell’Avvento Solare è un luogo comune, e gli autori lo trattano come tale, confidando in un lettore che veda e apprezzi il gioco.


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