Sembra strano, ma il primo ricordo che ho di questo capitolo della saga cinematografica del maghetto è abbastanza triste. E no, non è perché Yates da questo punto in poi ha preso il timone definitivo degli ultimi capitoli, ma per il semplice fatto che doveva andarlo a vedere con quella che era stata la mia prima ragazza. Relazione abbastanza burrascosa e che mi ha portato un sacco di rogne negli anni a seguire e che era collimata proprio con l'uscita al cinema di questo film, tanto da non spingermi più a vederlo. Senza contare che quello è stato uno degli ultimi anni di assalto delle sale cinematografiche perché lo streaming ancora non si sapeva cosa fosse - anche se le mie ultime disavventure per il disastroso La battaglia delle Cinque Armate mi ha fatto un poco ricredere. Ironicamente, questo film l'ho recuperato con l'uscita home video, quando ero già bellamente fidanzato ma i diverbi causati da quella rottura ancora non si erano risolti. E ammetto che col tempo mi ero anche andato a dimenticare di questo film, mi ero estraniato da ogni discorso in merito. Non sapevo nulla di questo Yates e ricordavo ancora con una certa stizza Il Calice di Fuoco, quindi la saga del maghetto per me era entrata in una sorta di schizofrenia e non vedevo come si poteva sperare che un film di durata media potesse contenere degnamente quello che era il libro più lungo della saga. Ma come sempre, prima di elargire qualsivoglia giudizio aspetto di vedere il prodotto finito.
Harry continua a fare incubi riguardanti la morte di Cedric Diggory, poiché quello dell'incontro con Lord Voldemort è un ricordo molto vivido. Un giorno però suo cugino Dudley viene attaccato da un Dissennatore e il maghetto è costretto a ricorrere a un patronus per cacciarlo, cosa che fa iniziare un'indagine da parte del ministero della magia sul suo conto, interrotto però da Silente. Ma il vecchio mago è semrpe più refrattario nei confronti di Harry, e intanto...
Ammetto che la prima volta questo film mi era piaciuto moltissimo. Che stronzo che ero, eh? Però capitemi. Ero nel periodo in cui ero affascinato fa qualunque cosa fosse minimamente dark e questa saga aveva raggiunto dei livelli di oscurità molto particolari, complici anche dei direttori della fotografia davvero azzeccati che hanno saputo conferire al tutto un look davvero ben azzeccato. E qui sta il punto della situazione riguardo al regista David Yates: i suoi meriti visivi sono da attribuirsi unicamente alla fotografia. Punto. Il resto è normale ordinanza, cosa che con le sceneggiatura davvero mediocri che hanno dovuto sorbirsi questi capitoli è come mettere una pietra tombale su uno zoppo. Qui lo sceneggiatore cambia e da Steve Kloves si passa a Michael Goldenberg, ma non è che la cosa migliori molto, anzi. Non si rasenta il fondo del barile ma si nota che già dall'inizio ci sono delle inesattezze circa la presa di posizione che ha voluto prendere la saga (come mai Harry è indagato per aver usato il patronus quando ne Il prigioniero di Azkaban usava il lumos maxima all'inizio?) e delle trovate paraculissime alla tanto-quelli-che-vedono.il-film-hanno-letto-il-libro (ok, sfido chiunque spettatore vergine di lettura a capirci qualcosa riguardo la signora Figg e il suo essere maganò). Se non altro si dà una spiegazione, per quanto maldestra, circa quello che è il patronus e il suo assumere fattezze animali, ma si tratta proprio di una vittoria di Pirro, specie se poi la morte di uno dei personaggi principali viene trattata in una maniera così blanda e molto uattafacca. Comunque, tutte cose che lasciano ugualmente il film accettabile e a livello duna sufficienza che, grossomodo, riesce ad accontentare che non ha troppe pretese. Ma come ho detto più di una volta, tutti i film del maghetto hanno uno script abbastanza blando ed era proprio l'abilitò dei vari registi a saperne innalzare le qualità che altrimenti resterebbero offuscate dalla versione su carta di queste storie. Il che ci porta a Yates, oh splendido Yates, imprevedibile Yates. Un regista che dopo molti film e prodotti per la televisione ha finalmente l'occasione di approdare sul grande schermo e, perlopiù, in un franchise molto importante come questo, quindi una vera manna. La prima cosa che gli si può dire quindi e di non avere del tutto le idee chiare su quello che voleva fare e in molti casi si nota una certa gestione che lascia abbastanza basiti - anche se a me ha scosso maggiormente vedermi Dudley truzzo, vi dirò. Il controllo fotografico è davvero ben eseguito, ma i pregi di fermano lì. La storia non decolla e tutte le belle cose che sarebbero potute venire fuori vengono solo accennate, cosa che mi ha fatto incazzare maggiormente. E' chiaro come la storia voglia essere una sorta di accusa verso il potere e le imposizioni sociali, che talvolta collimano nella dittatura (non a caso per la professoressa Umbridge è stata presa come modella Margaret Tatcher) e nel controllo dei media, rendendo così le parti in cui vengono mostrati gli articoli della Gazzetta del Profeta una vera chicca per il genere cinematografico che si va a trattare, così come la sequenza delle regole appese da Argus Gazza nella sala di Hogwarts. Eppure tutto finisce lì, si ha sempre la sensazione di un qualcosa che viene accennato senza però che gli si dia un vero e proprio respiro. Ed è questo il vero problema del film, il non saper portare sulle proprie spalle il peso delle responsabilità che ci si è voluti assumere. Si recupera molto però durante il finale, con la battaglia fra Voldemort e Silente e il possedimento di Harry, quest'ultimo segnato da quella che forse è l'unica sequenza degna di nota nell'intero film - l'idea dello specchio mi è garbata parecchio, pur non essendo nuova. Alla fine forse tutti dovranno ammettere che Voldemort è tornato, ma gli spettatori hanno dovuto ammettere che la saga di Harry Potter si stava preparando a entrare nel punto zero del suo proseguimento.
Si sa, le cose belle non possono mai durare troppo. Ma fa strano che un simile proseguimento non abbia intaccato minimamente la fedina artistica di Yates...
Voto: ★★ ½