Capisci che un film ha un forte seguito quando il cinema della mia città si attrezza in merito. E non vorrei sembrare stronzo, ma un posto dove hanno proiettato Birdman un mese e mezzo dopo l'uscita 'naturale' ti fa capire molto sulla faccenda. Con questo secondo anno a Hogwarts invece era stato diverso. All'epoca non era ancora un multisala, era un'immensa sala cinematografica che contava sia i posti sotto che quelli sopra (i più gettonati, anche per lanciare cosacce a quelli che stavano sotto) e, per questo lieto evento, l'entrata era stata tappezzata con dei cartonati a grandezza naturale dei protagonisti del film. Un livello di lusso che non ho mai più sperimentato nella mia vita fino a che non sono andato a vedere Iron man 3 all'Imax di Milano. Questo per farvi capire come la potter-mania stava imperversando in quel periodo e io, come molti altri figli dei primi anni Novanta, c'era capitato proprio in mezzo. Per me questo film era il ritornare a un luogo che avevo amato, il viaggio sicuro dopo il primo rodaggio, sempre firmato da Chris Columbus. E c'erano sempre le grandi domande che mi attanagliavano quando andavo a vedere un sequel: sarà come il primo? Stavolta metteranno i titoli di testa? Inizierà così di botto oppure prima ci sarà il riassuntino di quello che è successo nel film prima? Insomma, cose così. Che cagacazzo dovevo esserlo anche a dodici anni, io. L'unica certezza era che l'espresso per Hogwarts sarebbe partito ed io, insieme a mille altri ragazzini, ero prontissimo a partire, anche se non dal binario Nove e tre quarti, ma dalla poltrona di una sala cinematografica - altro particolare, all'epoca streaming e download ancora non esistevano.
Harry è pronto a iniziare un nuovo anno scolastico a Hogwarts, ma ancora prima della sua partenza l'elfo domestico Dobby viene a rompergli le palle. Non contento, ci saranno mille altre cosette che intralceranno il cammino del nostro, mentre nella scuola qualcuno annuncia che la famigerata Camera dei Segreti sta per essere aperta e il mostro al suo interno è pronto a fare stragi...
Da piccolo ero fermamente convinto che i seguiti (quelli dei film, se non altro, perché i libri del maghetto li avevo letti e mi erano piaciuti tutti) fossero sempre inferiori ai capostipiti. A convincermi del contrario poi ci pensò la storia con Spider-man 2 e Il cavaliere oscuro, guarda caso dei cinefumetti, due sequel entrati nella leggenda, ma ad allora ero incappato in moltissime delusioni. Però questo bastò a convincermi del contrario. Infatti, se per me il primo film era stato una figata, per questo ero letteralmente impazzito. C'erano cose davvero cupe (sempre per il target a cui è rivolto, non pensate di andare a vedere un horror), bestiole strane, ragni giganti, un serpente chilometrico e persino una fenice. Inoltre era anche fedele al libro che avevo amato così tanto. quindi potevo definirmi pienamente soddisfatto. Però ieri sera, quando me lo sono visto coi miei occhi da ventenne, non ho potuto fare a meno di pesare una cosa: questo è un film davvero ben fatto. Sempre nel suo genere, si chiaro. La storia è invogliante, la struttura è compatta e gli effetti speciali sono notevolmente migliorati. Columbus ormai è padrone di un mondo che è stato pienamente presentato con La Pietra Filosofale e quindi non deve affidarsi a troppe scenette che servono solo a spiegare una data caratteristica di quel mondo magico. Si sa già tutto, quindi la storia è libera di circolare a tutta birra. E devo ammettere che a questo giro ci avviciniamo maggiormente alla dimensione thriller che in realtà permea leggermente quasi tutti i primi capitoli della saga. Una saga che, me ne accorgo solo ora da adulto, è morbosamente fissata col tema della morte (non a caso la parole morte ci sarà anche nel titolo dell'ultimo capitolo), caratteristica che ha a che fare con gran parte dei personaggi. Qui la cosa non si fa palpabile come nel proseguire dei libri, ma omicidi e attentati hanno la loro discreta presenza e proprio la causa della morte di uno dei personaggi di contorno - mentre altri sono sfuggiti alla Grande Mietitrice per delle pure botte di culo - offrirà uno degli indizi cruciali per il risolvimento del mistero. Certo, tutto trattato molto all'acqua di rose, però è una particolarità che in molti film moderni per l'infanzia possiamo solo sognarci. Happy Popper si apprestava a diventare sempre meno Happy e, pur continuando a rimanere abbastanza Popper, faceva intuire quel rapido darkettonismo che avrebbe segnato i capitoli successivi. Columbus è un regista dedito ai film per l'infanzia e anche a questo giro, pur cercando di alzare l'asticella del sopportabile per quanto gli è concesso, resta fedele alla sua missione di sempre, dimostrando però che riesce a fare un film che possa coinvolgere anche gli adulti. Anche se, col senno di ora, mi è venuto da ironizzare su quanto l'elfo Dobby somigli a Putin. Non mi vergogno a dire che a questo giro la promozione della pellicola è legato meno a motivi nostalgici e che in alcuni punti, pur sapendo come si sarebbe svolta la storia, mi sono lasciato davvero coinvolgere. Il che non è poco. A questo aggiungiamo il mestiere ben collaudato di cui ho parlato tempo fa, una colonna sonora che riesce a riproporre delle misurate innovazioni, non essendo così troppo ridondante come accade in parecchie saghe - seriamente, a me sentire le musiche della vecchia trilogia in Un viaggio inaspettato aveva abbastanza rotto - e la presenza di Kenneth Branagh, che prima di darsi ai cinefumetti con Thor ricordava al mondo di essere un bravo attore. Ma è solo questo, alla fine, a rendere questo film migliore del precedente? No. O almeno, non solo. La Camera dei Segreti, nella sua maniera favolistica, cerca di essere anche un film sulla ricerca dell'identità, culmine di quello che sarebbe un ideale viaggio dell'eroe. Mai come in questo capitolo Harry dubiterà di se stesso e saranno proprio le sue indagini per fermare il cattivo di turno (che alla fine è sempre lo stesso) a dargli le convinzioni necessarie. Perché è vero che il mondo vuole convincerci di quello che non siamo, mi basta pensare a molti miei coetanei che hanno intrapreso controvoglia un percorso di studi che non sentono proprio e lo fanno perché lo avvertono come una sorta di obbligo, ma alla fine sono le nostre scelte a determinare la nostra reale identità.
Era proprio un'epoca strana, quella. Internet non era così prepotentemente entrato nelle nostre vite, i film li vedevamo al cinema e i seguiti sapevano essere migliori. Tempi strani davvero.Voto: ★★★ ½