Magazine Diario personale
Credo che mi sia venuta voglia di impararlo.
Rosa in questa settimana, in compagnia delle sue amiche Maria e Cèlina, se ne è andata in giro a vedere le meraviglie che la nostra terra di Toscana ci offre, almeno seppure le vendite del suo stand non sono andate eccelsamente, ha comunque avuto un buon motivo per pagarmi.
Nei momenti in cui veniva a darmi le pause mi raccontava tutto quello che aveva visto e cosa aveva mangiato e magari io le davo qualche indicazione utile o le spiegavo percorsi alternativi sulla sua mappa della città, magari di fronte ad una birra artigianale presa al piano attico.
Le vendite dei bijoux erano ormai passate in secondo piano.
Di solito Maria e Cèlina passavano a prendere Rosa verso l'ora di cena e mi salutavano calorosamente in quel modo tipico del popolo spagnolo.
Mi sono affezionata a Rosa, a Maria e a Cèlina.
Maria mi ha detto che la sua casa di Barcellona è sempre aperta, dato che oltretutto lei, essendo madrilena, passa lunghi periodi durante l'anno a Madrid. Mi ha detto di chiamare Rosa perchè lei tiene le chiavi.
Rosa, invece, mi ha regalato tanti, tantissimi orecchini, che mi ha quasi messa in imbarazzo. Ci siamo scambiate l'indirizzo mail con la promessa di tenerci in contatto, e, già che ci siamo, imparare i nostri rispettivi idiomi.
Quest'anno è andata così. Nonostante la stanchezza e il mal di piedi, le ore di sonno perdute, i pasti di fortuna, via via che l'orario di chiusura si avvicinava, mi veniva una certa malinconia.
Nel momento in cui tutti cominciavano a riporre la loro merce, vedere i ragazzi dello stand di fronte continuare a vendere il loro "portafogli magico di Barcellona", mi ha fatto pensare all'orchestra del Titanic che suonò fino alla fine.
Sotto la pioggia battente sono corsa a prendere la macchina per caricare tutti i mobili Ikea che Rosa ha deciso di regalarmi perchè tanto non sapeva come fare per riportarseli in Spagna.
Quattro tavolini lack, un tavolo da giardino con due sedie e tre lampade da terra, di quelle di carta di riso, in offerta.
I paralumi si sono tutti strappati, ma le ho prese lo stesso, che tanto mi invento qualcosa.
Ho salutato quelli degli stand vicini i cui destini nel corso di questa settimana si sono incrociati al mio, il giapponese di fronte mi ha detto che verrà la settimana prossima per Terra Futura e io gli ho detto che passerò a trovarlo, che alla fine il tè matcha non me lo sono comprato. Ogni tanto ci vuole una seconda possibilità.
Un attimo di esitazione per quello sgabello di metallo grezzo e calce viva visto dalla mia amica del Marocco, che in realtà è italiana e ha il negozio a Bologna..ma ho deciso che costava troppo per il mio vivere in casa ancora con i miei e che ho tutti gli sgabelli davanti ancora. E poi è un'ottima scusa per andare a Bologna, dove non sono mai stata.
Ho riaccompagnato Rosa e Maria al loro appartamento in via Verdi, e zuppa, sotto il mio poncho verde della Ferrino le ho salutate con la promessa di tornare a Barcellona, se avessi trovato un volo a poco.
Curioso, l'estate scorsa, tornando per la terza volta in quella città, mi sono detta che ormai occasioni per tornarci non ne avrei avute più, invece guarda un po' i casi della vita.
Ho detto loro che gli addii proprio non mi piacciono e gli ho chiesto che cosa si dice in spagnolo in queste situazioni.
Maria mi ha detto: "hasta luego, no addio!"
Hasta luego vuol dire "a dopo".
E' stato un modo carino di salutarci
Una volta in macchina, sfilato via il poncho della Ferrino ormai da strizzare, ho ripensato a Rosa e a tutte le volte che andavo a fare una pausa e le dicevo "hasta luego" e lei tutta allegra mi rispondeva canticchiando: "hasta luego, coccodrillo!" perchè, mi aveva spiegato che una vecchia canzone faceva così.
Poi mi sono avviata verso casa.
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