Magazine Cinema
La trama (con parole mie): la situazione per la task force dei Five-O è complicata. Molto complicata. Steve McGarrett, comandante della squadra, è in carcere accusato dell'omicidio del Governatore delle Hawaii; Wo Fat, autore materiale del delitto, è in fuga; i misteri che circondano la morte del padre dello stesso McGarrett sono ancora aperti; Kono Kalakaua è stata privata del distintivo e si ritrova con la disciplinare alle costole.I nostri, però, riusciranno a risolvere la situazione e riguadagnare il campo, affiancando alle missioni di routine la risoluzione del mistero di Shelbourne - che coinvolge Wo Fat ed il mentore di Steve, il comandante Joe White -, le delicate relazioni con la Yakuza, il ruolo di Jenna Kaye ed il confronto con un nucleo di poliziotti corrotti locali guidato da Frank Delano.
E' un bene quando una serie, nel corso del suo naturale svolgimento, finisce per evolversi - sempre entro i suoi limiti, chiaramente - sorprendendo invece che deludere: Hawaii Five-O, dopo una discreta stagione d'avvio, ingrana dunque la marcia con una seconda annata solida ed avvincente, confezionata come un prodotto d'intrattenimento ed in quanto tale in grado di dimostarsi viva e pulsante nei suoi risvolti più drammatici, in quelli prettamente tamarri, ed in tutto ciò che, per l'appunto, il suo ruolo di fracassonata made in USA impone.Nel corso dei tiratissimi ventitre episodi, infatti, è possibile incontrare le tipiche storie autoconclusive buone per coltivare i propri protagonisti - ed occorre considerare che sia la squadra che i suoi alleati e rivali funzionano alla grande, da McGarrett con il suo essere tutto d'un pezzo all'inseparabile amico Danny "Danno" Williams, mio preferito in assoluto, da Kono Kalakaua, approfondita alla grande sia in avvio che sul finire della stagione, a Chin Ho Kelly, che se non fosse un gregario per vocazione potrebbe essere un piccolo McGarrett, da Joe White alla nemesi Wo Fat - così come snodi fondamentali per la comprensione dell'intera saga, legata a doppio filo alla famiglia di Steve e all'evoluzione dell'intero progetto, in un equilibrio invidiabile per quello che, di fatto, resta un titolo prettamente ricreativo.L'ambientazione da sogno delle Hawaii - che ad ogni episodio fanno venire una gran voglia di trasferirsi in una di quelle villette perse nel pieno di paesaggi meravigliosi - ed un cast legato alla storia recente del piccolo schermo - Lost, Heroes e 24, giusto per citare i titoli più noti - così come a quella del Cinema - James Caan, padre di Scott/Danny Williams, ma anche Tom Sizemore e William Baldwin - fanno il resto, rendendo questa proposta figlia delle penne del team creativo responsabile di Alias un appuntamento imperdibile per casa Ford e tutti gli amanti di un pò di solido movimento e di adrenalina non gettata al vento con scelte illogiche e situazioni al limite dell'assurdo.Certo non stiamo parlando di un Capolavoro, ed in alcuni passaggi si notano i miracoli che l'action impone ai suoi autori ed i "sacrifici" che richiede al suo pubblico - l'episodio ambientato in Corea del Nord, ad esempio -, eppure se goduto con l'approccio rilassato di chi ha intenzione di concedersi una visione di quaranta minuti che possano garantire evasione e sfogo, un pò come una bella sessione di palestra o una serata di sbronze con gli amici, Hawaii Five-O non manca neppure per un secondo all'appello, garantendo il suo spettacolo onesto e solido, neanche fosse qualcuno sempre pronto a coprirci le spalle, non importa per cosa.E lasciate che ve lo dica: una serie in grado di far apparire credibile perfino Mark Dacascos, interprete dei poveri dei seguiti de Il corvo, nel ruolo di cattivo per eccellenza, ha tutto il mio rispetto.In fondo, si potrebbe considerare una proposta di questo genere come l'emblema dell'approccio di grana grossa tipico dell'american way nella sua accezione migliore, quella scanzonata eppure a suo modo profonda in grado di riuscire a garantire spettacolo senza per questo doversi svendere o considerare l'audience dall'altra parte dello schermo come una mandria di decerebrati pronti ad accettare qualsiasi cosa venga loro propinata.Certo, i non amanti del genere ed il pubblico femminile - fatta eccezione per il fisico scolpito di McGarrett - potrebbero non amare particolarmente, o limitarsi alla visione di episodi sporadici senza curarsi della serialità, eppure credo che, nel panorama attuale, esistano pochi serial così semplici eppure in grado di parlare ad un range quasi totale di pubblico come questo, senza contare che il finale di stagione almeno al pari del suo svolgimento lascia più che ben sperare per il terzo giro di giostra, attualmente in programmazione negli States e destinato a giungere al Saloon il prossimo anno: del resto, il sottoscritto ha sempre sognato di vivere in riva al mare - o all'oceano, non fa differenza - una sorta di perenne primavera - o estate - con cocktail in mano e sguardo nel sole.Se per farlo devo godermi i battibecchi bromantici di McGarrett e Danno o sparatorie da migliore tradizione del poliziesco, ben venga: sarà un sacrificio assolutamente piacevole.
MrFord
"Still my favorite person in this whole wide world
is the woman who can understand every word
and when she speaks to me she makes me see the whole world
as my favorite place:
Hawaii."The Strokes - "Hawaii" -
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