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Heavy Psych Sounds Fest @Traffic, Roma, 11-12.12.2015

Creato il 13 dicembre 2015 da Cicciorusso

ufomammetaLa Heavy Psych Sounds di Gabriele Fiori (Black Rainbows, Killer Boogie) è passata in pochi anni dall’essere l’appoggio logistico di quel giro romano che orbita intorno al Sinister Noise a diventare un riferimento per l’intero circuito stoner/heavy psych tricolore, allargando nel frattempo la scuderia anche a formazioni straniere. Scuderia della quale abbiamo potuto avere un consistente assaggio con la seconda edizione del festival organizzato dall’etichetta, che schiera dieci gruppi con la partecipazione speciale di quella che resta da quindici anni la miglior band del genere mai uscita dall’Italia.

I consueti impicci logistici costringono la nutrita delegazione di Metal Skunk a perdersi Psychedelic Witchcraft e Killer Boogie (che già avevamo avuto modo di apprezzare). I lunghi viaggi strumentali de L’IRA DEL BACCANO sono un ottimo modo per entrare subito nell’ordine delle idee. Sono tra i tanti gruppi capitolini che, da assiduo frequentatore di via del Porto Fluviale 22, seguo sin dagli esordi e il loro nuovo Terra 42 mi è piaciuto abbastanza. Hanno mantenuto la vena progressive ma l’hanno rigirata in una maniera meno settantiana e più vicina agli Ozric Tentacles. Il Masticatore mi spiega che hanno appena cambiato bassista e in effetti alcune linee sono semplificate rispetto alle versioni in studio. Bisognerebbe rivederli una volta che la nuova line-up si sarà assestata.

Gli UFOMAMMUT ci devastano con un’esibizione dai suoni insolitamente pesanti e aggressivi, in linea con il parziale ritorno alle origini sancito dall’ultimo Ecate (non è ancora uscita una recensione perché doveva farla Enrico ho esaurito i superlativi assoluti per ribadire l’assoluta grandiosità dei piemontesi). A furia di allargare le maglie della loro anima più space rock e psichedelica con Eve e i due Oro, deve essere stato naturale riallacciarsi alle asprezze sludge dei primi dischi, con una capacità espressiva, però, espansasi nel frattempo ai confini dell’iperspazio. Il nuovo lavoro viene eseguito per intero e c’è tempo per pochissimi recuperi dal passato (Stigma, God). Quando staccano strepitiamo per averne ancora. Il problema degli Ufomammut è che dovrebbero suonare concerti di sei ore con tutto il pubblico in acido.

throneless
Il giorno dopo riesco ad arrivare in tempo per gli ultimi brani dei DEADSMOKE (sludge acido e pestone con tracce di HC storto, non male). Sono abbastanza curioso di ascoltare i THRONELESS. L’omonimo ep di debutto non mi avrà cambiato la vita ma è passato spesso per le mie casse nelle ultime settimane. Sono svedesi lontano un miglio: non si sente bene la droga ma si sente vagamente Satana. Insomma, il batterista ha la maglia dei Watain e il bassista quella di Dio. Giusto il chitarrista sfoggia un look emocore per esprimere anche le influenze meno caprine del trio di Malmo, che tira su un discreto show, intenso e divertente, con sbrocco tiratissimo finale. Enrico dice che gli ricordano un po’ i Conan. O avrà detto i Lo-Pan? Non ho capito bene, i volumi erano wagneriani.

La palma di miglior concerto della seconda serata va però agli ISAAK. Sermonize, uscito pochi mesi fa, è tra i migliori album di stoner e affini usciti dalla penisola nel 2015. Infatti corro subito a comprarmi il vinile. Anche qua le magliette sono dichiarazioni d’intenti: il cantante sfoggia quella dei Maserati, il chitarrista una degli Obituary. E anche qua c’è un bassista esordiente, che se la cava bene e ha il physique du role di un roadie dei Red Fang. Il cantante Giacomo salta come un tarantolato e non si ferma mai. Tiro e cazzimma da veterani, gli ex Gandhi’s Gunn ci danno una brusca sveglia dalle atmosfere oniriche che ci avevano avvolto finora con brani ruvidi e scapoccioni che portano nel Traffic una sottile ma sensibile ventata di sudismo salmastro. Down e Corrosion Of Conformity sono ispirazioni all’orizzonte: i genovesi ci mettono di loro un accessibilità e un impatto che non ti fanno distrarre nemmeno un secondo e, alla fine, non creano manco un salto emotivo troppo brusco con i WEDGE, che prendono possesso del palco poco dopo.

È la seconda volta che vedo i berlinesi, amabili nostalgici dei cari vecchi ’60 e ’70. Lo scorso marzo mi avevano divertito parecchio. Da una parte non hanno nulla di particolare che li distingua dalla recente ondata revivalista, dall’altra dal vivo non puoi dir loro niente, professionali e impeccabili. Pregi e limiti dei gruppi tedeschi, per tirar fuori uno stereotipo che a volte ci piglia. It’s only rock’n’roll but I like it, ad ogni modo, il pubblico non è folto come ieri ma reagisce bene e anche loro sembrano contenti. Si va a casa con lo sludge torpido e classico dei torinesi TONS. Mi raccomando, amici, non dimenticate mai la sacra missione di far diventare Roma la capitale europea della musica per gente che vede i rosaelefanti. (Ciccio Russo)



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