Speciale: Omaggio a Zagor: analisi e tributi
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Nel 1997, con la conclusione della “seconda Odissea americana”, Zagor è ormai entrato da qualche anno in un fortunato periodo editoriale e, come già gli era accaduto dopo il suo primo lungo viaggio in giro per l’America, scritto da Nolitta, una volta a casa trova ad attenderlo una nuova minaccia portata da Hellingen.
A rimettere in pista lo scienziato pazzo è Mauro Boselli, impresa non facile dopo che Sclavi aveva scritto un finale pressoché perfetto per il personaggio. Come recuperarlo dunque? L’idea gliela suggerisce Sergio Bonelli prendendo spunto da un episodio proprio di quel Virus, il mago della foresta morta, che negli anni ’60 lo aveva ispirato.
In Ombre su Darkwood, storia disegnata dal maestro Gallieno Ferri, assistiamo dunque alla ricomposizione atomica del corpo di Hellingen, disintegratosi in Magia senza tempo.
Perchè ciò avvenga, Boselli chiama in causa il Wendigo, pura essenza malefica, in contrapposizione dualistica con Kiki Manito. Il malvagio demone però non fa in tempo ad aiutare il professore a tornare tra i vivi che subito viene tradito. Hellingen infatti non è tipo da accettare autorità superiori alla sua ma il voltafaccia gli costerà la prigionia all’Inferno quando, alla fine, verrà riacciuffato.Questa in estrema sintesi la storia che Boselli racconta partendo da lontano e cioè facendo ricorso a una moltitudine di personaggi le cui azioni fanno da ampia introduzione alla salita in cattedra del nemico principale.
Le avventure hellingeniane sono sempre state caratterizzate dalla presenza accanto a Zagor e Cico di uno o più comprimari importanti. Basta pensare al debutto del capitano Fishleg che avviene ne Lo spettro del passato.
In Ora Zero è Tonka a dare una mano allo spirito con la Scure; il colonnello Perry invece soccorre Zagor nell’ultima avventura di Nolitta e in quella ideata da Sclavi, dove compare persino il simpatico barone Icaro la Plume
Boselli però non si limita ad inserire nella vicenda qualche comprimario storico, (più precisamente Tonka e i trappers Doc e Rochas), ma prende anche personaggi da lui inventati come Heyoka e Leya ,oltre ai già citati Wendigo e Kiki Manito. Ne introduce poi di nuovi come l’agente segreto Edgar Allan Poe e, prima di arrivare al dunque, dedica metà della storia alle malefatte di antagonisti minori che i buoni affrontano nella marcia di avvicinamento verso il covo di Hellingen.
Tutto narrato con lo stile moderno e l’attenzione con cui l’ex curatore della serie di Zagor ha saputo abituare i lettori. Eppure rimane forte l’impressione che abbia finito con lo strafare perché i tanti personaggi, dovendo dividersi lo spazio, non riescono ad incidere come meriterebbero.
Apprezzabile eccezione è l’agente Poe: una new entry che si giova delle citazioni tratte da opere del poeta (quello vero). Non va inoltre dimenticato che insieme a Poe viene introdotta nel mondo di Zagor la base di Altrove che, insieme all’antica civiltà di Atlantide, costituisce larga parte di quella “contaminazione mysteriana”, oggetto di diverse discussioni nel fandom soprattutto a proposito della recente trasferta sudamericana del protagonista.Tornando, però, alla storia in questione, indipendentemente da cosa è stato preso in prestito dal Detective dell’Impossibile, bisogna purtroppo parlare di sovrabbondanza di elementi fantastici. Boselli all’inizio manda contro Zagor delle chimere mostruose che ricordano le creature de L’Isola del dottor Moreau. In seguito introduce la magia nera e creature demoniache e arriva ad ambientare il finale su un’astronave in orbita nello spazio. Un po’ troppo anche per l’allenato sense of wonder del lettore zagoriano medio.
Ciò che delude di più è tuttavia il fatto che mai come in questa occasione, il confronto tra Zagor e Hellingen è stato così poco memorabile. Forse una maggiore centralità di entrambi nella vicenda avrebbe aiutato ed è un peccato che non si riescano a percepire la tensione, la passione e l’epicità presenti in avventure hellingeniane precedenti.
Non solo, a mio avviso il mancato successo è da imputare anche a un riappiattimento caratteriale del mad doctor avvenuto attraverso una forzata rilettura di quanto accaduto in Incubi.
Di sicuro il pentimento e la raggiunta pace interiore al termine di quella storia costituivano un enorme ostacolo al ritorno di un Hellingen malvagio, ma far passare l’idea che il professore usato da Sclavi fosse un altro di un’altra dimensione, oltre ad essere una scappatoia troppo facile, restituisce al cattivo una monodimensionalità come non si vedeva da anni.
Aggiungo che abbandonare Hellingen in balia del Wendigo, togliendogli di fatto lo scettro di malvagio più potente, è qualcosa che un po’
intristisce pensando ai suoi trascorsi nolittiani da pericolo numero uno del mondo. Sebbene, da un punto di vista logico, la soluzione finale non fa una piega perchè chi tenta di fregare il diavolo finisce dannato.Come si suol dire, quel che è fatto è fatto e ora l’onere e l’onore di riportare in pista Hellingen spetta agli autori che firmeranno in futuro la sua settima storia. A loro va un augurio di buon lavoro e la raccomandazione di saper prendere il meglio dal passato, riuscendo ad ammodernare il personaggio senza snaturarlo e ricordando di renderlo vero protagonista insieme a Zagor, per coinvolgere ed appassionare i lettori.
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