Magazine Motori

Henry Morrogh: i piloti che ho conosciuto – prima parte

Da Carlo69 @F1Raceit
Interviste Morrogh_Irvine

Published on dicembre 13th, 2012 | by Giulio Scaccia

0

Henry Morrogh, l’istruttore irlandese che forma in Italia le giovani leve dal 1968, ci racconta dei piloti che ha conosciuto ed incontrato. Un tuffo nel passato, in una Formula 1 e un mondo del Motorsport che non c’è più. Juan Manuel Fangio, Jochen Rindt, Ronnie Peterson e tanti altri campioni nel ricordo di chi li ha incontrati da vicino.

Henry Morrogh ha corso, ha visto correre. Puoi raccontarci un aneddoto per cominciare questa intervista?

Juan Manuel Fangio era fantastico. Lo incontrai dopo aver vinto nel 1964 con la Renault la nostra categoria alla 24 ore di Le Mans. A Le Mans durante la gara puoi avere e comprare quello che vuoi. Due settimane dopo siamo andati a Reims, capitale dello Champagne e non c’era niente. Né da mangiare né da bere. Al traguardo c’era solo lo champagne. Io avevo fatto le ultime ore di guida con un gran caldo e avevo sete. Io adoro lo champagne ma volevo acqua. A un certo punto incontro Fangio. Ci siamo messi a parlare un po’ in inglese e gli ho chiesto dove poter trovare da mangiare e dell’acqua da bere. Lui mi disse di seguirlo e mi portò al camion che portava la benzina della Shell e abbiamo mangiato insime seduti sull’erba le rimanenze del pranzo dei 2 autisti della Shell. Ti immagini un campione del mondo oggi fare una cosa del genere? Sono pochi i campioni del mondo signori come Fangio.

Sai come iniziò Fangio? Il Presidente Peròn, voleva spingere un pilota in Formula 1. Ne vennero selezionati tre. Tra cui Juan Manuel. Al termine delle prove, Fangio disse: “Quanto devo pagare per correre?”. Gli altri due chiesero quanto sarebbero stati pagati. Fu scelto Juan Manuel Fangio.

Fangio non era ricco, a differenza di tanti suoi colleghi. Ci sono stati piloti fortissimi come Emerson Fittipaldi e ricchissimi. Altri come Ronnie Peterson che giravano con una roulotte con la macchina a traino. Girava con la roulotte, dormiva lì e vinceva le gare.

Henry Morrogh: i piloti che ho conosciuto – prima parte
Ronnie era una persona eccezionale. Se avevamo bisogno di lui, veniva dalla Svezia, bastava che gli pagassi il viaggio, magari per partecipare alle nostre premiazioni. Era un signore, brava persona. Un caro amico. Mi è dispiaciuto che è morto.

 E’ stato sfortunato

All’epoca erano tanti ad essere sfortunati.

Chiacchierando con Emanuele Pirro, si parlava della sicurezza e che oggi, affinché avvenga un incidente mortale, ci debbono essere numerose concause.

E’ vero. I regolamenti, i circuiti, le macchine, garantiscono sicurezza. E questo è un gran bene. Si è perso però lo spettacolo. Ad esempio vediamo pochi sorpassi. In frenata, negli anni 60, le macchine raggiungevano velocità analoghe a quelle di oggi, frenavano a 120/130 metri. Oggi freni a 70/60 metri… Come fai a tentare un sorpasso? Oggi i rischi sono diminuiti ma anche lo spettacolo.

Leggevo una intervista a John Watson, in cui diceva che la morte di Senna è stato uno spartiacque per la Formula 1

Sì. Quando muore un campionissimo, succede un finimondo. Se muore un altro importa poco, si dice che è normale…

 Tornando a Ronnie Peterson si dice fosse velocissimo ma un pessimo collaudatore.

Si è vero ed era una cosa che succedeva spessissimo. E’ una cosa strana che non sono mai riuscito a capire. Pochi piloti sono capaci a fare i collaudatori. Non ho mai capito il perché. Io per necessità ho fatto il collaudatore a due e a quattro ruote: Norton, Lotus, Renault. E’ stata la mia fortuna. Alcuni piloti erano magari un pelo più veloci di me, ma i meccanici ascoltavano me. E’ qualcosa che ho imparato fin dall’inizio. Per me è stato importante. Alla Lotus aspettavamo quello che dicevo io. Questo è uno dei misteri della mia vita. Tra i piloti che ho avuto, Nicola Larini era un grande collaudatore. Non a caso lo è stato per anni per la Ferrari.

Henry raccontaci di qualche altro pilota che hai conosciuto

Henry Morrogh: i piloti che ho conosciuto – prima parte
Pedro Rodriguez era un grande pilota, oltre che un caro amico. Mi è dispiaciuto quando è morto. Ho conosciuto Graham Hill, Fangio. Due grandi. Ho visto e conosciuto tanti piloti. Tra loro diversi. Ad esempio molti grandi campioni non amavano il corpo a corpo, come ad esempio Clark e Prost. Invece altri come Moss o Fangio lo cercavano e si esaltavano. Modi di essere diversi. Comunque normalmente ho evitato il contatto con i grandi campioni. Ci sono tanti che vogliono stringere la mano di chi vince. Io non ho mai avuto questo desiderio. Cosa ottieni dallo stringere la mano ad un campione? Rispetto per chi vince, ma non mi è venuto mai in mente di cercare il vincitore. Quando mi è capitato, ho fatto qualche domanda.

Graham Hill era sempre un tipo allegro e scherzoso, cosa che non è suo figlio Damon. Un eccellente pilota ma non ha preso né dal padre né dalla madre, Betty Hill. Lei ed Elise Chapman ne combinavano di tutti i colori, erano due donne favolose. Crearono il Dog House Club – se tu vieni beccato da tua moglie con una bella signoria, tu ti trovi nella Dog House – le due crearono questo club. Erano due persone simpatiche. E’ quello che manca alla

Henry Morrogh: i piloti che ho conosciuto – prima parte
Formula 1 oggi è l’allegria. C’è troppa serietà. Adesso è tutta professionalità. All’epoca c’era meno professionismo ma c’era la grinta, c’era il divertimento. E’ cambiato tutto.

 C’era anche la condivisione del rischio?

Erano altri tempi. Erano tempi di divertimento. Oggi sia a 2 che 4 ruote c’è tanta serietà, è noioso. Morivano in tanti, però c’era più allegria. Negli anni 50, c’era divertimento. Circuiti con alberi, ponti, pali della luce. Erano appena nati Brands Hatch e Silverstone, i più sicuri del mondo. Allora gli inglesi adattarono molti aeroporti della guerra da dove decollavano gli Spitfire e gli Hurricane. Oggi c’è troppa serietà, in tutti i campi. E’ troppo importante vincere. Hai tempi miei l’importante era partecipare.

 Il pilota più simpatico?

John Cooper era un tipo che tirava fuori barzellette dalla mattina alla sera. Faceva impazzire tutti, più di Hill. Era un tipo meraviglioso. Lui ha iniziato con la piccola Cooper 500 con il motore della Norton. John Cooper era allegro. Barzellette, storie. Ho avuto il privilegio di vivere questi tempi.

Altro pilota simpatico era Nelson Piquet, senza dubbio. Passavo parecchio tempo con lui quando faceva la Formula 3. Era da solo, aveva voglia di chiacchierare, cercava qualcuno che gli facesse compagnia. Nel suo paese se lo erano quasi scordato. Ma vinceva. Incontrai Nelson in Ungheria dopo il primo Gran Premio svoltosi lì. Gli dissi: “Ti ho conosciuto che non eri ancora sposato!” Lui rispose: “Io sono sempre stato sposato”. Non esistono piloti con l’allegria di Nelson. Un personaggio fantastico.

 Hai conosciuto Michael Schumacher ?

Recentemente a Imola. E’ stato corretto, non dico simpatico ma neanche antipatico. Tutti quelli con cui ho parlato mi hanno detto che ero stato miracolato, ma io non l’ho trovato antipatico.

E come pilota ?

Schumy è stato uno dei migliori di tutti i tempi. Come Rossi con la moto. Mi dispiace vedere un vero campione finire dietro. Un campione deve conoscere il momento per dire basta, per mantenere l’immagine e rinunciare ai soldi. Loro non hanno voluto rinunciare. Moss è stato uno che ha capito quando smettere e non è mai ritornato sui suoi passi.

I piloti più veloci che hai visto correre?

Henry Morrogh: i piloti che ho conosciuto – prima parte
Pedro Rodriguez, Jackie Stewart, Jochen Rindt. Rindt era velocissimo. Stirling Moss, Juan manuel Fangio. Non so quanti piloti veloci ho visto. E allora si rischiava la vita di brutto. Circa il 50% dei piloti professionisti morivano, fino al 1977. Grazie a Dio, da allora, con la tecnologia, i regolamenti, i circuiti, non muore quasi più nessuno. Questo è molto bello. Noi correvamo su circuiti con alberi e ponti. Era però l’unica maniera di correre. Accettavi il rischio. Molte cose sono cambiate in peggio. Questa in meglio. E’ cambiato il modo di pensare. Allora accettavi il rischio e la possibilità di morire.

Henry Morrogh con Jackye Stewart a Monza

 

 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :