Her – recensione
Si è parlato molto dell’acclamatissimo Her, scritto e diretto dallo statunitense Spike Jonze, vincitore sia del premio Oscar che del Golden Globe come Miglior sceneggiatura originale. Presentato al Festival Internazionale del Cinema di Roma, era stata premiata Scarlett Johansson per la sua sensuale e bellissima voce che ci accompagna durante tutto il film, interpretata nella versione italiana da Micaela Ramazzotti (la protagonista di Anni felici, uscito qualche mese fa nei cinema).
Il protagonista di questo film non convenzionale, è Theodore, l’attore Joaquin Phoenix, bravissimo ed intenso, un uomo solitario, ferito, un po’ vittima ed un po’ carnefice nelle sue storie d’amore. Mai sicuro, sempre confuso sul da farsi, si innamora di Samantha, il suo sistema operativo capace di interagire con gli umani semplicemente
E’ un tema che è stato già affrontato negli anni, quello dell’intelligenza artificiale capace di adattarsi e crescere fino a provare sentimenti reali, come l’amore o il dolore. Un tema di per sé non particolarmente originale, se non per la delicatezza con il quale viene affrontato.
Ambientato in un prossimo futuro, il mondo non è concluso, non c’è stata una nuova corsa alla colonizzazione dello spazio, non ci troviamo in un oscuro Blade Runner ricolmo di replicanti anni ’80 troppo evoluti, una realtà distrutta, tra bidoni in fiamme e neon di locali squallidi.
La terra è sempre uguale, e anzi, è un ambiente evoluto con garbo. Folle di persone che camminano per strada, o in questi open space illuminati da un sole color panna, e da luci dolci. Non ci sono macchine volanti, ma palazzi molto alti, per nulla inquietanti, con grandi vetrate lucide.
Insomma è un futuro sorridente quello proposto da Spike Jonze in Her, a parte per quella deriva sociale verso la quale si stanno dirigendo, lentamente, tutti.
Gli umani hanno, infatti, sempre più difficoltà di comunicare, ognuno chiuso in se stesso, sulla metropolitana a chiacchierare con un auricolare, o con uno schermo, a giocare con un personal computer o ad ascoltare musica. Una socialità esiste ancora, ma è così diversa da quella dei rapporti interpersonali concreti: è quella dei social network, del parlarsi a distanza, nonostante si abbia a fianco qualcuno.
Eppure non c’è un giudizio, da parte del regista, in questo descrivere il mondo verso il quale ci stiamo dirigendo: è più una constatazione, un adeguamento ai tempi. Se è possibile parlare con un OS – il sistema operativo parlante -discutere e scherzare come fosse un amico reale, perché non ce ne si può innamorare?
Una storia d’amore visionaria, insomma, platonica e molto romantica. Una passione verso qualcosa che non esiste davvero, o forse sì. E’ davvero così importante, in fondo, il corpo, quando c’è un’intera anima da esplorare?
Alcuni direbbero di sì, ma rimarrebbero comunque affascinati da questa vicenda così paradossale.
Her è un film che racchiude in sé tante anime: ha un tocco della filosofia del Basta che Funzioni di Woody Allen, ha la malinconia del meraviglioso Se mi lasci ti cancello, e un contesto simile al poco citato ma poeticissimo Robot & Frank di Jake Schreier, senza però essere in nessun modo innovativo.
Insomma, se ci si fida del trailer, dei gloriosi premi vinti e delle recensioni sempre positive, si può rimanere delusi, ma se invece si tenta di liberare completamente la mente dai preconcetti ci si può godere un bel film.