La piana dove sorgeva il Santuario di Hera
Il Santuario di Hera Argiva, alla foce del Sele, si trova, in realtà, a circa un chilometro e mezzo dalla linea di costa a causa dei frequenti bradisismi. Il fiume, ovviamente, ha giocato e gioca un ruolo determinante per il luogo e per il culto che, agli albori della colonizzazione greca dell'Italia meridionale, i coloni instaurarono qui.Il luogo dove sorgeva il Santuario, infatti, appariva dotato di tutti i caratteri del locus sacer: un fiume navigabile, una laguna a proteggere l'area, vegetazione palustre alternata ad olmi, pioppi, salici, un approdo al riparo dalle correnti. Anche l'approdo confortevole fu, senza dubbio, determinante nella scelta di questo luogo. Il porto era sistemato nell'ansa del fiume un tempo chiamato Silari, oggi Sele, la cosiddetta Volta del Forno, dove, si pensa, era ubicato il Portus Alburnus. Ed è proprio il fiume Sele a fungere da confine naturale tra le genti di lingua etrusca, attestatesi sulla riva destra, e genti di lingua greca, che andarono ad occupare la riva sinistra.
Statuetta di Hera Argiva
Il Santuario era un luogo conosciutissimo, nell'antichità, la cui fondazione veniva fatta risalire, addirittura, agli Argonauti ed al loro capo, Giasone, tant'è che la dea qui venerata, Hera, veniva appelata come Argonia, a ricordo della sua origine argiva. L'impianto pressoché definitivo del santuario risale al VI secolo a.C. e fu individuato seguendo le anse ed i canali del Sele, che separavano naturalmente le zone asciutte da quelle acquitrinose. Il primo altare era costituito semplicemente da ceneri, sulle quali i primi Greci compirono i sacrifici prescritti per santificare il luogo. A delimitare l'altare, a nord e sud, furono in seguito costruiti due edifici con portici, forse i primi edifici destinati ad accogliere i fedeli in visita. Si trattava di due costruzioni identiche per struttura ma differenti per grandezza. L'edificio a nord era composto da due vani ed era il più piccolo; l'entrata posta sul lato est, la più piccola, conserva ancora lacerti di pavimento in scaglie di arenaria ed una soglia. L'edificio sud era il più grande dei due e presentava un portico sorretto da sette pilastri rettangolari. L'impianto di quest'ultimo edificio è della seconda metà del VI secolo a.C. e si stima che sia rimasto in funzione fino alla metà del III secolo a.C..Purtroppo non si possiedono notizie sulla struttura del santuario arcaico. Sicuramente doveva avere una ricchissima decorazione, della quale sono rimasti alcuni elementi: metope scolpite, triglifi, capitelli d'anta, risalenti ad un periodo compreso tra il 570 e il 550 a.C.. Sono proprio questi elementi, inoltre, a spingere gli archeologi a credere che gli edifici deputati al culto fossero più di uno. Già negli scavi degli anni '30 del secolo scorso era stato individuato un livello molto ricco di materiale arcaico al di sotto delle fondazioni del tempio. La documentazione dell'esistenza di questa struttura templare pre-arcaica è emersa nel corso delle indagini degli anni '90, quando lo scavo ha evidenziato larghe trincee di fondazione riempite di sabbia fine e sottile che disegnano, sul terreno, proprio l'impianto di un tempio con cella. Le misure di questo tempio pre-arcaico sono quelle di un hekatompedon (100 piedi di lunghezza) e le proporzioni rispettano quelle dell'architettura greca arcaica.
Statuette raffiguranti Hera ritrovate nell'area dell'Heraion
Gli archeologi ritengono che il primo progetto di edificio di culto sia stato abbandonato in corso d'opera per dar luogo, alla fine del VI secolo a.C., ad un tempio più grande e imponente, con otto colonne sulla fronte e con una decorazione estremamente ricca. Di questo tempio rimangono le fondazioni.L'architetto Fr. Krauss ha ipotizzato, appunto, l'esistenza di un tempio con otto colonne in facciata e 17 sui lati lunghi (octastilo periptero), con orientamento est-ovest. Dovevano esservi almeno tre gradini e l'interno della struttura era suddiviso in tre spazi: una cella stretta ed allungata (il naos), un vestibolo (pronaos) con colonne ioniche e, in fondo alla cella, un muro che chiudeva un ambiente rettangolare (adyton) dove si custodivano i doni presentati ad Hera. La decorazione del tempio era in arenaria, con fregi e metope scolpite.
Successiva alla costruzione del tempio è quella di due altari di circa 40 metri, posti di fronte al tempio, entrambi con un corpo principale, quattro gradini dei quali l'ultimo più largo, dove si svolgevano i sacrifici. I due altari, perfettamente affiancati e allineati tra loro, non sono in asse con il tempio e sono uno più grande dell'altro.
Una delle metope dell'Heraion
Verso la fine del V secolo a.C. il complesso sacro subisce dei danni notevoli a causa del prevalere dei Lucani sui coloni Greci nei continui scontri per la supremazia sul territorio. Questa vittoria, pur nella devastazione che apportò all'area sacra, determinò una nuova fioritura del Santuario nel suo complesso. Vennero elevati nuovi edifici che andarono a sostituire gli antichi oramai distrutti o in disuso; accanto al portico arcaico venne edificata una nuova struttura di accoglienza con tanto di portico chiuso sul davanti da una cancellata. Ad est del complesso fu costruito un altro edificio con una grande sala centrale aperta ad ovest, all'interno del quale fu rinvenuto un fornello a ferro di cavallo. Un altro edificio più piccolo sorse addossato sulla parete sud dell'edificio precedente, costruito con materiale di reimpiego proveniente da edifici più antichi. Qui, forse, si riunivano i pellegrini per i pasti rituali.Nell'area di questi edifici sono stati individuati dei pozzi scavati nel terreno (bothroi), nei quali erano sepolti i resti dei sacrifici consumati sugli altari vicini. In uno di questi pozzi, scoperto nel 1937, furono ritrovate ossa, coppe, oinochoai e aryballoi a vernice nera, qualche statuetta in argilla e oggetti in metallo.
Tra il V e il IV secolo a.C., alle spalle degli altari monumentali, venne costruito un edificio quadrato con gli spazi ben definiti. E' una costruzione dovuta ai Lucani ed effettuata con materiali di reimpiego. Questo edificio fu distrutto dai Romani quando fondarono la colonia latina di Paestum nel 273 a.C.. Qui sono stati ritrovati degli oggetti interessanti: innanzitutto una piccola statua in marmo che raffigura Hera in trono, poi numerosi oggetti votivi tra cui 300 pesi da telaio che, all'inizio, hanno fatto pensare che l'ambiente ospitasse una consorteria femminile dedita alla tessitura delle stoffe da offrire annualmente alla dea.
Lastra con processione di fanciulle,dall'Heraion sul Sele
Con l'arrivo dei Romani, il Santuario ebbe una serie di rifacimenti a cui seguirono momenti di abbandono. E' stato individuato il tracciato viario che collegava Paestum all'ansa del Sele, che era stato impiantato dai Lucani e riorganizzato dai Romani. Si è accertato che questi ultimi distrussero alcuni edifici cultuali, tra cui quello a pianta quadrata. Contemporaneamente, nel III secolo a.C., venne edificata una struttura che è stata scavata nel 1936 a nord del tempio, attorno alla quale erano stati sepolti elementi architettonici arcaici ed una lastra in cui compariva il gigante Tityos che rapisce Latona. Proprio questa lastra fece pensare che l'edificio fosse una ricostruzione della struttura arcaica con un ricco fregio di 36 metope lungo tutti e quattro i lati. Il thesaurus della dea fu datato al 570-560 a.C., donato dalla ricca città di Siris, odierna Policoro.Scavi del 1991 hanno permesso di individuare l'esistenza, attorno alla struttura di III secolo a.C., di un canale di drenaggio a forma di ferro di cavallo, la cui funzione era principalmente quella di asciugare il terreno durante la fase di costruzione. Il canale presentava riempimenti pertinenti a diversi momenti della vita del Santuario: materiali di età ellenistica e frammenti di ceramica e statuette che risalgono al III secolo a.C..
Heraion, ricostruzione di deposito votivo
Al tempio di Hera alla foce del Sele vengono attribuite, oltre alle 36 metope esposte nel Museo Archeologico di Paestum, anche cinque lastre che presentano una processione liturgica di fanciulle (choros). Lastre e frammenti ritrovati durante le tante campagne di scavo, sono state suddivise in tre nuclei. Le 36 metope appartenenti al fregio dell'edificio arcaico fanno parte del nucleo più complesso.Le lastre - così come ricostruite all'interno del Museo - rappresentano, sul lato est dell'edificio arcaico, una delle storie meno note delle fatiche di Eracle: l'incontro con i Centauri che si trasforma presto in scontro corpo a corpo. Sul lato ovest, invece, l'eroe semidivino greco affronta i lascivi Sileni che cercano di insidiare Hera.