I dati di Herschel nella luce visibile. Crediti: Sloan Digital Sky Survey/L. Cortese (Swinburne University)
È andato in pensione quasi un anno fa, eppure il suo lavoro è ancora più prezioso che mai. Stiamo parlando dell’osservatorio spaziale dell’ESA Herschel, che dopo 4 anni di fedele e instancabile servizio lo scorso aprile ha esaurito le riserve di elio, terminando così la sua missione. E portando a casa 22.000 ore complessive di osservazioni, con dettagliatissime analisi della banda della radiazione infrarossa e submillimetrica.
Oggi i dati di Herschel sono ancora una miniera d’oro per gli astronomi, dalle mappe delle nubi di materia al centro della Via Lattea, fino ad arrivare ai sistemi planetari e stellari lontani.
Questa volta è il turno delle polveri nelle galassie locali: l’osservatorio ESA ha fatto un vero e proprio censimento, lasciando un’importante eredità alla comunità scientifica.
L’ultima dimostrazione è uno studio appena pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, che traccia un identikit delle minuscole ma fondamentali polveri cosmiche al di fuori della nostra Via Lattea.
Le polveri sono infatti un ingrediente essenziale della ricetta per formare stelle e pianeti. Ma di loro si sapeva ancora molto poco: le proprietà delle polveri nelle galassie oltre la nostra Via Lattea erano per lo più sconosciute. Ad esempio, non avevamo idea di come le polveri cosmiche variassero con il tipo di galassia, e di come questo potesse influenzare l’evoluzione della galassia stessa.
Ed è qui che è entrato in gioco Herschel. Prima di concludere le sue osservazioni, il telescopio spaziale ha fornito la più ampia raccolta di dati sulle polveri cosmiche mai registrata, analizzando galassie fino a 80 milioni di anni luce dalla Terra. Un catalogo ricchissimo, formato da 323 galassie di diverse composizioni chimiche e attività stellari, divise dalle più ricche di polveri a quelle più povere.
Ora il gruppo di ricerca guidato dall’italiano Luca Cortese, che aveva già avuto un ruolo centrale nel Survey di Herschel, ha pubblicato un’analisi di queste informazioni, spiegando in che modo i dati dell’osservatorio sono stati utilizzati per studiare le polveri cosmiche.
“La polvere cosmica è scaldata dalla radiazione stellare a temperature molto basse, 50-20 gradi sopra lo zero assoluto” ha detto Cortese a Media INAF. “E quindi emette luce prevalentemente nel regime infrarosso-submillimetrico. Per questo Herschel è stato cruciale: senza di lui non sarebbe stato possibile studiare le proprietà della polvere nelle galassie”.
I dati di Herschel hanno infatti permesso agli astronomi di misurare l’emissione della polvere a diverse frequenze e avere informazioni sulla quantità di polvere nelle galassie e sulla sua temperatura.
“Grazie al fatto che siamo riusciti a osservare un campione rappresentativo della popolazione di galassie nell’Universo locale, abbiamo avuto la possibilità di determinare come le proprietà della polvere variano nei vari tipi di galassie” spiega Cortese.
Un’analisi che ha permesso di fare importanti progressi nella comprensione dell’evoluzione stellare. “Ad esempio, abbiamo misurato quanta polvere è contenuta in galassie di diverso tipo morfologico” continua il ricercatore. “Abbiamo anche verificato che le proprietà della polvere, come l’abbondanza e la temperatura, sono direttamente legate alla storia di formazione stellare e arricchimento chimico delle galassie”.
Ma non solo. I dati di Herschel hanno permesso anche di scoprire cosa succede quando una galassia entra in collisione con un ammasso di galassie: “L’interazione può rimuovere una grossa quantità di polvere dal disco stellare, modificando significativamente l’evoluzione di questi oggetti” racconta Cortese.
E le enormi potenzialità del lavoro di Herschel non finiscono qui. ALMA, l’interferometro ottico recentemente inaugurato in Cile, permetterà di studiare la polvere in galassie ad alto redshift (il fenomeno di spostamento della luce verso il rosso), e il confronto con i dati del Survey di Heschel sarà fondamentale.
“In futuro c’è ancora molto da fare” conclude Cortese. “Ecco perché abbiamo deciso di rendere le osservazioni di Herschel disponibili alla comunità scientifica: per permettere a tutti di sfruttare questo unico dataset”.
Per saperne di più:
Leggi l’articolo di L. Cortese et al. “PACS photometry of the Herschel Reference Survey – Far-infrared/sub-millimeter colours as tracers of dust properties in nearby galaxies” su arXiv.
Fonte: Media INAF | Scritto da Giulia Bonelli