Jonathan Harris è il regista di un corto-animato sugli hikikomori in cui descrive la drammatica vicenda di Yasuo Yamamoto, un ragazzo che trascorre il suo tempo svogliatamente su un letto o davanti a una serie di computer sparsi per la stanza.
Qui il link al corto: https://www.youtube.com/watch?v=50Y7R5zP0wc&feature=kp
Per hikikomori si intende una sindrome tipica negli adolescenti e nei giovani adulti, caratterizzata essenzialmente da letargia, incomunicabilità, depressione, disturbi ossessivo-compulsivi e soprattutto ritiro sociale. La parola hikikomori descrive sia il fenomeno sia la persona che soffre di tale disturbo.
Tamaki Saitō è uno psicologo e scrittore giapponese, considerato il massimo esperto mondiale nello studio del fenomeno hikikomori, termine da egli stesso coniato. Egli sostiene che chi soffre di hikikomori manifesta una specifica serie di sintomi che non si adatta perfettamente a nessun’altra singola condizione mentale, come ad esempio la depressione e attribuirebbe alle caratteristiche culturali, tra cui la struttura familiare, il sistema di istruzione e le relazioni di genere, il fattore causale del ritiro sociale. In alcuni casi, questi soggetti non interagiscono nemmeno con gli altri membri della famiglia e vivono in una condizione di ciclo sonno-veglia invertito.
Kondo (2001) ha riferito che il disturbo schizoide è comune tra i casi hikikomori, mentre gli studi di Kinugasa (1998) e Kojama (2010) riferiscono una comorbilità importante con i disturbi di personalità, disturbi narcisistici e in soggetti con disturbo pervasivo dello sviluppo. A tal proposito, due ricercatori (Suwa, Suzuki, 2013) hanno distinto il concetto di Hikikomori primario, ovvero una condizione a se stante, da Hikikomori secondario, ovvero una sindrome correlata e probabilmente causata da altri disturbi quali depressione, ansia e disturbo della personalità.
L’antropologa Carla Ricci (2008), afferma che : «Il fenomeno è tipicamente giapponese. Ma da lì si sta allargando in Corea, Usa, Nord Europa, Italia». Un’analogia trans-culturale riguarda il rapporto con la madre: «Proprio il suo essere iperprotettiva, spesso entrambi i genitori lo sono, può rendere il figlio narcisista e fragile».
Nonostante il numero degli studi sia in evidente aumento (vedi fig. 1), allo stesso tempo, non c’è stata alcuna discussione dettagliata sulla psicopatologia degli hikikomori. Attualmente non è presente in nessuna categoria diagnostica del DSM V (2014), benché alcuni studiosi (Aguglia et al., 2010) abbiano manifestato necessità per una sua inclusione in tal senso”.
Figura 1.
Numero delle ricerche su “hikikomori”.
Giuseppe Marraffino
Bibliografia
Aguglia E., Signorelli M.S. Pollicino C., Arcidiacono E., Petralia A. (2010) “Hikikomori phenomenon: Cultural bound or emergent psychopathology?” ; Giornale Italiano di Psicopatologia/ Italian Journal of Psychopathology, Vol 16(2) pp. 157-164.
Tamaki S., [Angles Jeffrey, Trad eng. 2013] “Hikikomori: Adolescence without end”. Minneapolis, MN, University of Minnesota Press
M. Suwa, K. Suzuki (2013) “The phenomenon of “hikikomori” (social withdrawal) and the socio-cultural situation in Japan today” Journal of Psychopathology, Vol 19(3), pp. 191-198
Kondo N. (2001) “Social withdrawal in the adolescent and young adult”. Psychiatria et neurologia Japonica;103:556-65 (in Japanese).
Kinugasa T. (1998) “Young adults and withdrawing”. Japanese Journal of Clinical Psychiatry (Special issue): 147-52 (in Japanese).
Koyama A, Miyake Y, Kawakami N, et al. (2010) “Lifetime prevalence, psychiatric comorbidity and demographic correlates of “hikikomori” in a community population in Japan”. Psychiatry Res 2010;176:69-74.
Ricci C. (2008) “Hikikomori: adolescenti in volontaria reclusione“. Franco Angeli ed.